Caso Utente

Outsourcing in Banca Marche

Un piano industriale di sviluppo ed espansione che chiede all’IT un supporto concreto anche da un punto di vista di razionalizzazione dei costi. Questa la sfida che ha portato il dipartimento IT di Banca Marche a guardare all’outsourcing dell’intero ambiente hardware, sia mainframe che distribuito

Pubblicato il 13 Set 2010

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Gruppo Banca Marche è una realtà autonoma e indipendente dai grandi gruppi bancari che con il piano industriale approvato nel 2008 ha riconfermato le sua vocazione di banca autonoma leader nella regione e punto di riferimento per il Centro Italia. Sulla base di questa sfida di business è stato deciso, dopo una serie di valutazioni legate alla qualità di erogazione di servizi It e al saving previsto dal piano industriale, di optare per una scelta di parziale outsourcing, ritenendola l’ideale punto di equilibrio tra le strategie aziendali (espansio¬ne e ampliamento mantenendo salda la propria indipendenza) e l’inevitabile necessità di ottimizzare i costi. Per comprendere le ragioni di tale scelta, è bene ripercorrere alcune tappe della storia dell’Azienda.
“Banca Marche nasce nel 1994 ed è il risultato della fusione delle Casse di Risparmio di Pesaro, di Macerata e di Jesi, tre aziende radicate nel territorio e attive da oltre 150 anni. Obiettivo primario della fusione era quello di divenire, da un lato, la ‘Banca della Regione’, e, dall’altro, di poter rappresentare un polo di attrazione anche per realtà che operano fuori dei confini delle Marche”, esordisce Alessandro Bommarito, Responsabile Direzione Centrale Tecnologia e Processi. “Successivamente si è avuto un ulteriore ampliamento in seguito all’acquisizione del controllo della Carilo – Cassa di Risparmio di Loreto (che ha mantenuto il suo brand) e del Mediocredito Fondiario Centroitalia, incorporato definitivamente nel gruppo nel 2003. Oggi Banca Marche è capogruppo dell’omonimo gruppo bancario, che comprende, oltre a Carilo-Cassa di Risparmio di Loreto, anche Medioleasing, costituita nel 2005, che si occupa del leasing finanziario e operativo, Focus Gestioni Sgr e BMLUX, entrambe società di gestione del risparmio,”.
“In un periodo di profondi cambiamenti economici e sociali, Banca Marche è cresciuta – osserva Bommarito – e ha rinnovato il proprio ruolo di importante soggetto economico a sostegno dello sviluppo, di fronte a nuove e impegnative sfide, raggiungendo via via gli obiettivi che si era prefissata. Oggi conta oltre 300 sportelli con presenze significative in Umbria, Lazio, Abruzzo, Emilia Romagna e recentemente anche in Molise. Impiega oltre 3.000 dipendenti e ha circa 350.000 clienti tra privati e imprese”.
La solidità del gruppo bancario, da un punto di vista finanziario, è confermata dal bilancio 2009 con un utile netto pari a 93,2 milioni di euro, maturato in presenza di un contesto macroeconomico di profonda crisi e caratterizzato da forti elementi di incertezza; anche il primo semestre 2010 ha dato risultati positivi, in linea con i piani dell’azienda.
“Il piano di sviluppo industriale della banca varato nel 2008 ed aggiornato ogni anno, oltre a confermare la volontà di autonomia dell’Azienda dai grandi gruppi bancari e di mantenere il ‘cervello pensante’ del Gruppo nelle Marche, pone un’attenzione particolare al governo e all’ottimizzazione dei costi, e in questo disegno l’It ha un ruolo determinante”, sottolinea Bommarito.

L’IT di Banca Marche: ruolo strategico da sempre
“La componente It ha sempre avuto una funzione strategica all’interno del Gruppo, fin dalla sua costituzione – interviene Paolo Branchesi, responsabile Area Governo Ict -. Infatti la fusione tra le Casse di Risparmio di Pesaro e di Macerata ebbe inizio proprio per la necessità di razionalizzare e ottimizzare i sistemi in un’ottica di centralizzazione. Ed è stato poi anche con il contributo diretto dell’It che è stato possibile proseguire con l’espansione dell’azienda e con la costituzione dell’attuale Gruppo”.
Per accompagnare lo sviluppo e il riassetto organizzativo della banca, anche il dipartimento It si è evoluto, delineando nel tempo una struttura, la Direzione Centrale Tecnologia e Processi, con il Servizio Processi in staff e, con al suo interno due aree, l’Area Sviluppo e Gestione Applicativi (per lo sviluppo ed il governo dell’intero portafoglio applicativo) e l’Area Governo Ict (dedicata al governo dell’infrastruttura tecnologica). La struttura di demand management, ritenuta fondamentale per assicurare la coerenza delle richieste alle strategie aziendali e la loro compatibilità con le risorse It allocate, è al di fuori della direzione It, anello di congiunzione tra l’It stesso e il business. In sostanza, afferma Bommarito, nei 15 anni di vita di Banca Marche la struttura It ha subìto una graduale trasformazione caratterizzata dal continuo spostamento di risorse professionali da attività operative non “core” per le strategie aziendali (esternalizzando quando possibile e conveniente) ad attività di contenuto più elevato.
“I pilastri strategici su cui si fonda l’intera organizzazione It sono quindi: il mantenimento all’interno dell’Azienda del governo e del controllo dell’intero portafoglio applicativo (comprese rilevanti attività di sviluppo ed integrazione), perché considerato un caposaldo dell’indipendenza della Banca, indispensabile per progettare e sviluppare autonomamente i propri prodotti e servizi.; la seconda componente strategica riguarda, invece, la gestione dei costi dell’architettura It per i quali le linee guida sono indirizzate all’ottimizzazione e al contenimento”, spiega Branchesi. “Ed è sulla logica di questa linea strategica che si sono delineate via via scelte di esternalizzazione di componenti infrastrutturali e di attività ritenute non core”.

Mantenere la capacità di servizio, ottimizzando i costi
“Il piano industriale della banca non prevede soltanto un’attenta politica di governo dei costi ma, piuttosto, ne contempla un’ottimizzazione che deve tenere conto, prima di tutto, degli imprescindibili livelli di servizio forniti dall’It a sostegno del piano stesso”, precisa Bommarito.
Per mantenere dunque la capacità di servizio necessaria a sostenere le esigenze strategiche del business e, al tempo stesso, raggiungere i livelli attesi di riduzione dei costi, la scelta fondamentale è stata quella dell’outsourcing delle infrastrutture che ha determinato la componente più consistente di riduzione dei costi del piano industriale del 2008. “Primo passo importante è stata la stipula di un nuovo contratto di facility management – dice Bommarito -. Un accordo di questo tipo era già in essere dal 2006 ma era limitato alla gestione ‘in house’ mainframe e comprendeva anche la gestione della consolle operativa. Nel nuovo contratto si è invece deciso di delocalizzare il parco hardware, mainframe e una consistente server farm, portando tutto presso un data center dell’outsourcer. Il trasferimento è avvenuto in maniera del tutto trasparente sia per la direzione aziendale che per la rete delle filiali che non hanno subìto alcun disservizio”.
“Oltre alla scelta della delocalizzazione, abbiamo ampliato il contratto di facility management con attività di change back, di scheduling, di gestione delle postazioni di lavoro, sottolinea Branchesi. “Altro intervento importante da evidenziare, è quello fatto per il Disaster Recovery. Da due piani distinti per la parte mainframe (seguita da un partner esterno) e per la server farm (che aveva il sito secondario nella sede direzionale di Jesi) si è passati a un disaster recovery integrato e totalmente a carico dell’outsorcer e il primo test effettuato nel dicembre del 2009, un mese dopo la delocalizzazione dell’infrastruttura, ha dato esiti più che positivi”.
Ulteriori interventi di contenimento dei costi si sono concretizzati da un lato nella revisione dei contratti di manutenzione della componente applicativa, dall’altro nel definire una politica di investimenti più selettiva rispetto al passato, ma comunque adeguata per dare supporto alla progettualità aziendale.

I punti di forza e le criticità
“A 18 mesi dall’avvio – dice Branchesi – possiamo fare un primo bilancio registrando la conferma dei principali punti di forza alla base della scelta di outsourcing:
– ottimizzazione e, soprattutto, stabilizzazione e maggiore controllo dei costi (il canone mensile comprende tutti i servizi e la crescita fisiologica della banca -nuove filiali, nuove applicazioni- non ha provocato scostamenti dalla base contrattuale inizialmente prevista);
– consistente miglioramento dei livelli di sicurezza dei sistemi (la sicurezza logica presidiata con policy standardizzate e vincolanti dell’outsourcer; ma anche dal punto di vista tecnologico e fisico, in quanto gli ambienti del data center sono rigidamente controllati);
– standardizzazione di alcuni processi operativi che consentono un miglior governo Ict (change management dei sistemi e delle configurazioni, Help desk tecnologico, …);
– avvio di un processo di razionalizzazione dell’infrastruttura, principalmente per la parte distribuita (server farm)”.
Branchesi, non manca di elencare anche le criticità riscontrate. “Una delle sfide maggiori è legata all’evoluzione delle risorse interne che, dopo una significativa riduzione a seguito delle minori attività di gestione svolte, devono trasformare le loro capacità da operative a funzioni di governance, fermo restando l’assoluta necessità di mantenere e implementare quelle competenze tecniche finalizzate a orientare e controllare l’outsourcer nell’evoluzione dell’infrastruttura”.
Uno dei punti più importanti nella scelta legata all’outsourcing, infatti, riguarda il presidio dei livelli di servizio e la gestione del contratto, seppur con qualche appesantimento di alcune fasi del processo di gestione.
“Elemento cardine della scelta aziendale è la capacità di organizzare un’efficace governance del contratto e dell’outsourcer, mantenendo le capacità di scelta, di controllo e monitoraggio, per evitare di perdere la conoscenza della propria infrastruttura, con il conseguente rischio di lievitazione dei costi. In sintesi: un rapporto dialettico con l’outsourcer, e il mantenimento di elevate professionalità tecniche, teso a valorizzare il consistente impegno economico, senza escludere pregiudizialmente rapporti con altri vendor su specifici ambiti.” conclude Branchesi.

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