Il ruolo dei sistemi informativi che evolve verso l’erogazione di servizi It alle Linee di Business che devono essere oltre che di valore per il business, economicamente efficienti: è il tema della tavola rotonda di redazione, coordinata dal direttore di ZeroUno, Stefano Uberti Foppa, che ha riunito manager di aziende utenti leader nei loro settori: Paolo Ballabene, Ics Director di Tnt Global Express; Michele Brancadoro, Market Intelligence, Vendor Qualification & Feedback Management Vp di Eni; Gianluca Gottardini, Ict Sourcing & Contract Manager di Autogrill; Alessandro Volpato, Direttore It di Bennet. Obiettivo dell’incontro era far emergere dimensione e complessità di “cosa serve” a partire “da cosa si riesce già a fare”, attraverso due foto di gruppo: assessment di costi ed elementi di investimento It e modalità per riallocare i costi alle Lob (chargeback). La partecipazione di Angelo Ullo, Solution Architect di Hp, e Fabio Perego, PreSales Consultant di Hp, ha consentito di confrontarsi anche con il punto di vista di un fornitore.
As
sessment di costi ed elementi di investimento It
“La spinta ai fini del governo finanziario dell’It – dice Ullo – viene proprio dal trend di tagliare i budget anche del 15%, che genera l’esigenza al top management di capire cosa succede e a chi, onde evitare tagli indiscriminati e proteggere le operazioni (con una logica opposta alla protezione di nuovi progetti, strategica per l’It). Per cui banche e assicurazioni [il settore nel quale Ullo ha sviluppato maggiore competenza ndr] hanno intrapreso un processo di ‘relazione It – Lob’ che, in fase di richiesta, coinvolge: le Lob, per verificare la congruità dei servizi It rispondenti; il Cfo, per valutare business case e Roi; il Cio, per definire il servizio da erogare e con quale valore di business. Il risvolto finanziario? Dal business case man mano si dettagliano i costi delle risorse hardware/software e delle attività; se ne deriva il costo del servizio
previsto, dallo sviluppo all’operatività”. E nel mercato in genere? Risponde Perego per le aziende di minori dimensioni: “Rarefacendo le preziose occasioni di business, la crisi dà tempo a una maggiore pianificazione rispetto alla tipica reattività a inseguire tout court le occasioni. Ne deriva un’attenzione alla trasparenza dei risultati ottenuti presso i propri clienti; a dove si spende per l’apporto applicativo; a una gestione più oculata delle richieste provenienti dal business, per focalizzare denaro e risorse su iniziative di valore”.
Re
attività, certo. Ma visione chiara dei costi
Volpato fa il punto in casa Bennet. “Un bilancio It è l’incontro tra regole (abbastanza definite) e governance, che deve districarsi tra reattività alle opportunità e visione chiara di costi e margini di miglioramento. Per l’analisi finanziaria di investimenti e spese servono più modelli e strumenti. Per gli strumenti, cruciale è il Demand Management; specialmente dove si svolge molta attività di sviluppo occorre tracciare bene la domanda, per la pianificazione economica, la trasparenza di promettere e mantenere e flessibilità di negoziare aggiustamenti al budget disponibile su un dato progetto se, come capita, cambiano le specifiche funzionali in corso d’anno. Ma quando si affrontano modelli e criteri di analisi dei costi di investimenti e spese, quasi mai è disponibile al momento giusto ogni elemento che serve. E siccome è indispensabile avere un tracciamento ‘fine’ di tutti gli elementi, così capita di dover stimare requisiti ancora non ben definiti, confidando sull’esperienza e accollandosi un rischio-stima nello stendere un budget di investimenti articolato in progetti”.
“Il tema del demand management e di come articolare un’organizzazione che sappia bene interloquire con gli utenti dalla prospettiva che consideri anche la complessità nel dover dare risposte efficaci in tempi rapidi, è lo snodo cruciale attraverso il quale sviluppare la relazione It-business”, interviene Uberti Foppa. “Uno dei punti più delicati è però riuscire a organizzare la gestione della domanda secondo uno scenario di prospettiva business che molto spesso non è né chiaro né condiviso con l’It. Su questo problema si innesta anche la gestione finanziaria delle risorse It usate dalle Lob per i loro progetti. È un quadro non semplice da governare”, continua Uberti Foppa.
Fin dal suo ingresso in Autogrill nel 2006, Gottardini ha riscontrato l’esigenza di conoscere i costi dei servizi (erogati a società estere) e dei progetti relativi. Per impellenti ragioni di business, la Shared Service Unit di Ict Autogrill si è trovata a dover definire nell’ordine: regole di utilizzo comune, a partire da cosa si intende per costo di servizio o di progetto; un Catalogo dei servizi It; la loro convalida da fiscalista, legale, finanza e contabilità, con “regole” e strumenti di rilevazione e/o accounting per calcolare i costi (pieno, diretto, allocazione dei costi generali); un Profit & Loss condiviso, passo cruciale per parlare il linguaggio dei vari interlocutori. “Ma al di là di regole e strumenti – afferma Gottardini – il messaggio è che il coinvolgimento stesso è importante; una risposta strutturata richiede un processo condiviso condotto con spirito positivo e leadership, dimostrando l’impegno a fare sempre di più su costi e investimenti”.
Gli interlocutori della Service Unit? Il Cfo di Gruppo, che guarda più a costi e investimenti complessivi, e gli Ad delle diverse consociate, interessatissimi invece a sapere se un progetto viene approvato, ritardato o cancellato.
Cl
oud computing: ripartire meglio i costi?
Ballabene descrive lo stato dell’arte di Tnt Global Express: “Si è avviato il percorso verso l’Itfm condiviso con l’attuale Ad [cui il direttore Ics riporta ndr]. Un primo passo è stata la definizione di Key Performance Indicator; per esempio l’incidenza sul costo per spedizione dei costi It (personale e costi diretti e indiretti). Per il passo decisivo, Tnt guarda alla promessa del cloud computing di aiutare le aziende, con le sue varie nicchie ‘as a Service’, non solo per ridurre i costi della gestione operativa, ma anche per ripartirtirli, dato che gli attuali sistemi utilizzati da Tnt mancano del software per un riaddebito del servizio It alle attività di business. L’attuale approccio al problema è organizzativo: un Project Office valuta in funzione delle esigenze tutti i progetti aziendali decidendo quali lanciare, accelerare, rallentare, sopprimere e con quale priorità. L’Ics di Tnt dà supporto consulenziale, come aumentare il Roi o spendere meno, e gestisce il Demand Management con le varie Lob”.
A rappresentare un’azienda “very large” c’è il Procurement di Eni; Brancadoro porta il punto di vista di cliente interno del servizio Ict: “Per ogni nuovo sviluppo, nell’area progetti vengono create, in accordo a rigide procedure aziendali, strutture di progetto miste Ict e Area Funzionale. Quest’ultima definisce esigenze, specifiche, blueprint e nomina il capo progetto, supportato da un program manager Ict. Il tutto è regolato da uno Sla interno in cui i costi, diretti e indiretti, predisposti secondo un Catalogo Servizi interni sono standard e Capex, cioè misurati sul risparmio; maintenance o servizio continuativo sono invece Opex, cioè hanno Kpi che sono sottoposti all’attenzione diretta dell’Ad prima di eventuali tagli”.
Riallocazione dei costi a Lob e funzioni
Capire da chi e per quanto i servizi It vengano utilizzati, come di conseguenza riattribuirne il costo alle funzioni fruitrici e con quale criterio, è il tema del secondo giro di tavolo proposto. Scontato un “meccanismo di relazione e di processi” fra Cio, Cfo e Funzioni fruitrici, tanto più se si va verso una gestione diretta delle Lob di progetti a componente It sempre più spinta, con il budget che passa in carico alle Lob stesse e l’It che assume sempre più un ruolo consulenziale.
Convinta disponibilità alla trasparenza dei costi, ma preoccupazione sui pericoli della loro riallocazione: è la linea del direttore It di Bennet. “Sì alla trasparenza, perché è giusto che una Lob conosca il costo di un progetto, e all’allocazione dei costi per sviluppare servizi It per le Lob. Ma l’It – dice Volpato – non deve spogliarsi della propria responsabilità di gestire i costi e sostenere la miglior soluzione; è sua la competenza tecnica per valutare la fattibilità di un intervento che riduca i costi operativi. Dopodiché se non si è d’accordo si può fare qualunque audit. Dunque, no al costo It in conto economico addebitato a una divisione fruitrice: prevarrebbero logiche “inflazionistiche” dei numeri per il Roi di un progetto candidato (per spingere l’approvazione del progetto); emergerebbero razionali per il controllo della spesa guidati da interessi alieni alla gestione operativa. È difficile chiedere a una Lob titolare di budget di tagliare del 10% i servizi It che utilizza. In definitiva: non delegare responsabilità che sono professionalmente di competenza dell’It”.
In Eni regnano invece regole prestabilite “a monte” tra le varie Funzioni con la regia del controller interno Eni Corporate. Così, la riallocazione dei costi sulle tre Lob principali Eni o su altre aree funzionali non è ad hoc per l’Ict ma è uguale per i riaddebiti di qualsiasi funzione e obbedisce a regole ferree. I costi diretti dell’informatica sono in carico alle funzioni servite, ma in capo al (a debito del) Progetto di area funzionale, oltre ai costi diretti, si aggiungono riaddebiti automatici provenienti dall’Ict per tutto ciò che è costo diretto Ict e che il Program Manager di Ict che assiste il Progetto decide di spendervi. Chiaro che alla fine dei costi diretti di Area funzionale risponde l’Area funzionale, e di quelli Ict risponde l’Ict.
Criteri di riaddebito: non è sempre facile
Anche Tnt va, come Eni, verso un modello, condiviso con il Cfo, per cui ogni Lob deve incorporare i propri progetti e assorbire i costi per quanto l’It vi concorre. Così è già in atto un trasferimento di costi Ict in carico alle funzioni fruitrici. Il modello, condiviso con il Cfo, è che ogni Lob incorpori i propri progetti, e assorba i costi per quanto l’It vi concorre. Ma il problema della riallocazione dei costi resta, sia per i sistemi condivisi privi di software di ‘recharge’, sia per la batteria di 180 server che è in via di virtualizzazione. Si possono riaddebitare Capex e relativi Opex per un server con un’applicazione dedicata alla Lob che ne fruisce; ma quali criteri di riaddebito bisogna adottare se in un server convivono, dinamicamente, 4 o 5 macchine virtuali?”.
Il ruolo dei fornitori Ict
Quale ruolo, infine, può svolgere il fornitore oggi, al di là dell’offerta specifica di prodotto? Qual è il livello di visibilità, consulenza, supporto e il percorso suggerito?
“L’Itfm non è un’area in cui ci siano già dei player consolidati – precisa Perego – è piuttosto un’area di confine tra più discipline (vedi figura). La maggior parte delle informazioni necessarie per un Itfm è sparsa nelle aree prodotto adiacenti (It asset management, Bi, gli Erp stessi, Ppm). Ognuna ha un pezzo di verità, manca una visione integrata. Il valore che un fornitore può offrire? Partire dalla consulenza per capire i bisogni dell’azienda cliente e tramutarli nella soluzione da offrire. Hp ha esperienza in più aree ‘adiacenti’, ha la capacità di integrarne le informazioni Itfm, riconciliandole con il ciclo passivo (di cui è solitamente depositario l’Erp) e ragiona in ottica strategica di Bi”.
Due i sostanziali vantaggi dell’approccio Hp secondo Ullo: “Partire dal cosiddetto ‘as is’ con un ‘Discovery workshop’ che identifichi in breve le aree scoperte e ciò che conviene definire subito per avviare la soluzione. E proporre una roadmap che si articoli in fasi progettuali, ciascuna delle quali si autofinanzia con il Roi a breve. Decisivo ovviamente il progetto iniziale di immediata visibilità in 2 o 3 mesi, per il quale l’It può concordare con Hp anche uno sharing del rischio oltre che del Roi e contare sulla rivedibilità interna del risultato”.