“A differenza di molti trend tecnologici, il cui mercato sostanzialmente è guidato dall’offerta dei vendor, il cloud computing trova la sua spinta maggiore direttamente dalla domanda delle aziende”. Con questa premessa Giovanni Lanfranchi, Vice President Tivoli Service Process Automation di Ibm Italia, nonché coordinatore e responsabile della ricerca di 9 laboratori mondiali, parla del cloud computing.
“Il mercato della domanda è sostanzialmente maturo – precisa Lanfranchi – e le case history positive riguardano aziende che sono già andate oltre il proof of concept. Come Ibm è da circa due anni che abbiamo espanso la ricerca del laboratorio di Roma in ambito cloud (con un laboratorio di sviluppo specializzato in software appliance)”.
Il Tivoli Lab di Roma è uno dei fiori all’occhiello di Ibm per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni; dagli Stati Uniti dicono sia il laboratorio più competitivo a livello mondiale. Nato nel ’79, oggi il laboratorio di ricerca, diretto dal maggio 2008 da Kendall Lock, conta oltre 500 professionisti (il 35% dei quali donne) tra sviluppatori software, tecnici di collaudo, project manager, software e It architects, progettisti e system engineers (con un’età media di 35 anni).
“A livello globale, da circa due anni abbiamo in essere programmi di pre-production in ambito cloud – osserva Lanfranchi – e nell’ultimo anno abbiamo sviluppato progetti aziendali oggi in produzione effettiva e già a pieno regime. L’interesse maggiore si è registrato nell’ambito delle telecomunicazioni, ma oggi vediamo l’interesse spostarsi anche in altri segmenti di industria”.
“Da un punto di vista geografico, pionieri dei progetti cloud sono stati i mercati asiatici, il Giappone e la Corea in particolare, dove abbiamo sviluppato i primi approcci, già qualche anno fa, non solo sul cloud privato ma anche nell’ambito del public cloud con il coinvolgimento di business partner e delle compagnie telco locali”, racconta Lanfranchi. “In Europa l’interesse maggiore proviene da aziende medie e piccole. Motivo per cui in Ibm abbiamo sviluppato un’offerta specifica per questo tipo di mercato: appliance che combinano software e hardware per la creazione e la fruizione di ambienti cloud”.
Dal punto di vista hardware le appliance si presentano come soluzioni preconfigurate la cui installazione, molto semplice, consente di creare un ambiente di tipo cloud con tutte le caratteristiche e funzionalità già predisposte nella macchina. “Grazie alla ricerca dei nostri laboratori di Roma, dallo scorso anno, siamo in grado di offrire software appliance che contengono tutte le impostazioni [nel formato file di immagine -ndr] per abilitare la realizzazione di cloud private, da implementare dove le aziende meglio credono (sui server fisici, sulle macchine virtuali, ecc.), in maniera automatica e già preconfigurata, sviluppando così ambienti cloud senza dover acquisire alcun tipo di hardware”, precisa Lanfranchi.
Sui trend futuri Lanfranchi dice: “In Italia, stiamo già assistendo a richieste di estensione del cloud a livello storage e di network; negli Stati Uniti stanno iniziando a prendere piede soluzioni di middelware as a service”. Sulle attività di pura ricerca scientifica, invece, il manager Ibm preferisce non dire troppo e conclude con: “Esistono nuove frontiere di ricerca dove Ibm sta investendo; per restare in ambito cloud posso dire che stiamo cercando di capire come renderlo meno agnostico attraverso la verticalizzazione (per sviluppare soluzioni cloud specifiche per segmenti di mercato)”.
Ibm: cloud a portata di Pmi
In Italia, in particolare a Roma, Ibm sta creando e sviluppando tecnologie in ambito cloud attraverso un laboratorio specializzato che, già da un anno, progetta software appliance. Per un mercato, il cloud, fortemente guidato dalla domanda. Nella foto Giovanni Lanfranchi, Vice President Tivoli Service Process Automation di Ibm Italia
Pubblicato il 03 Gen 2011
Argomenti
Canali
Speciale Digital360Awards e CIOsumm.it
Articolo 1 di 4