Tra campo e piatto, tanti spazi si aprono per le nuove imprese digitali che in giro per il mondo scommettono sulle proprie soluzioni e proposte per rendere le filiere agroalimentari più sostenibili e a maggior valore aggiunto. A redigere un primo censimento delle startup nate dal 2011 in poi, si sono dedicati i ricercatori del primo Osservatorio Smart AgriFood, attivato dalla School of Management del Politecnico di Milano e dal Laboratorio Rise-Research and Innovation for Smart Enterprises dell’Università di Brescia.
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A livello globale, l’Osservatorio ha rilevato 481 imprese, che ha poi ulteriormente selezionato e suddiviso in tre gruppi: 44 startup italiane finanziate e non (corrispondenti a un finanziamento complessivo di 14 milioni di dollari); 182 startup internazionali finanziate attive nella filiera (per un investimento totale di 637 milioni di dollari) e 218 startup incentrate sull’e-commerce (finanziamento di 2,7 miliardi di dollari).
“Con l’11% delle startup complessive – sottolinea Filippo Renga, Condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood –, per una volta l’Italia non sfigura in questa panoramica internazionale. Rispetto ad altri settori, come lo stesso turismo e il finance, è più facile constatare anche nel nostro Paese una maggior ‘frizzantezza’ di idee e progetti. Peccato però che il finanziamento medio ottenuto dalle giovani imprese italiane, pari a 0,7 milioni di dollari, risulti circa sei volte inferiore rispetto alla media mondiale”.
Come già per Industria 4.0, il finance o il turismo, anche nell’agroalimentare l’area più fertile è il Nord America, con il 52% di neo-aziende a livello globale tra Stati Uniti e Canada. Il predominio statunitense si fa ancora più evidente se si considera l’ammontare dei finanziamenti destinati alle startup: l’82% dei 637 milioni di dollari totali.
Soluzioni cross category, ma l’ortofrutta avanza
E-commerce a parte, quali sono i principali mercati di riferimento delle startup per le filiere agroalimentari analizzate dall’Osservatorio Smarti AgriFood? In diversi casi emerge la spinta a proporre soluzioni tecnologiche cross category, applicabili in più ambiti, sia a monte della filiera, nella produzione sul campo (42% delle startup internazionali), sia a valle, nella trasformazione dei prodotti alimentari (16%).
In parallelo si muovono gli investitori, che concentrano gran parte dei propri finanziamenti proprio in soluzioni scalabili a più settori. Sotto questo aspetto, tra le più finanziate figurano le americane Granular, Mavrx e AgrySinc, che offrono soluzioni software per le aziende agricole (rispettivamente: farm management software, piattaforme di elaborazione immagini satellitari e piattaforme per consulenza real time in campo).
Se invece si suddivide il mercato mondiale delle startup per filiere verticali, in pole position si colloca quella ortofrutticola, che conta il 17% delle nuove aziende internazionali e il 28% degli investimenti complessivi. Anche in tal caso a raccogliere i fondi più cospicui sono tre startup americane: Juicero, Blue River Technology e AgerPoint.
“Non molto dissimile è la situazione italiana – nota Renga –, dove la filiera dell’ortofrutta catalizza il 14% delle start up nazionali, mentre altri settori più specifici riscuotono minore interesse malgrado l’importanza che rivestono per il sistema agroalimentare nazionale, come il vitivinicolo, con il 9%, e il cerealicolo, con il 7%”.
Nei campi sempre più Big Data e IoT
Pure l’agrifood, quindi, offre ampie conferme del valore che ormai hanno assunto i dati e gli strumenti in grado di generarli ed elaborarli: accanto alle tecnologie legate ai Big Data Analytics, adottate dal 59% delle soluzioni offerte, un ruolo di rilievo spetta anche ai sistemi IoT, che abilitano il 38% delle soluzioni offerte.
Nell’agricoltura di precisione (interventi agronomici mirati ed efficienti, che tengano conto, cioè, delle esigenze effettive delle coltivazioni e delle caratteristiche biochimiche e fisiche del suolo), le soluzioni tecnologiche basate sui Big Data abilitano funzioni come il monitoraggio da remoto di colture, infrastrutture, macchinari e interventi mirati rispetto alle esigenze delle coltivazioni, tramite elaborazione di dati puntuali dagli appezzamenti e mappe. I dati risultano preziosi anche per le soluzioni rivolte più a valle della filiera, soprattutto in ambito di qualità alimentare.
Tra le dieci startup internazionali più finanziate in questi ambiti vi sono la statunitense Blue River Technology (30 milioni di dollari), che ha sviluppato un sistema di machine learning per macchine agricole, l’inglese Provenance (26,6 milioni di dollari), che ha realizzato una piattaforma di knowledge sharing sulla tracciabilità e qualità dei prodotti, e l’americana Granular (24,9 milioni di dollari), che ha dato vita a un sistema gestionale per la pianificazione delle attività agricole basato su tutti i dati raccolti in azienda, attirando anche investitori come Google Venture.
Agricoltura di precisione e qualità alimentare le aree core
Agricoltura di precisione (con il 45% delle startup internazionali) e la qualità alimentare (con il 25%), che assorbono rispettivamente il 37% e il 34% degli investimenti, sono gli ambiti applicativi predominanti.
All’estremo opposto emerge la scarsa attrattività della zootecnia di precisione, sia in termini di startup (solo il 6% del campione) sia d’investimenti realizzati (1% dei 637 milioni di dollari totali). Altri ambiti sono qualità e sostenibilità ambientale, tracciabilità e riconoscibilità, semplificazione amministrativa
Anche in Italia l’agricoltura di precisione e la qualità alimentare figurano tra gli ambiti più esplorati dalle startup (rispettivamente con il 35% e il 29% del finanziamento complessivo). Nel nostro paese, però, il ruolo di primo piano è assunto dall’ambito della qualità e sostenibilità ambientale, su cui s’è indirizzato il 50% del finanziamento complessivo, peraltro (come s’è accennato) di entità quanto mai modesta rispetto agli standard internazionali.
Tra gli esempi di startup italiane si possono citare Elaisian, che in Lazio ha sviluppato un sistema di coltivazione di precisione degli olivi per ottimizzare le risorse e ridurre i costi, aumentando la produttività e garantendo la qualità dei raccolti; MyFoody, portale online di vendita a prezzo scontato di cibo in prossimità di scadenza o con difetti estetici, recuperato da negozi e supermercati; Foodscovery, mercato online che permette di ordinare prodotti tipici della gastronomia regionale direttamente dai piccoli produttori locali; EZ Lab, che grazie alla tecnologia blockchain traccia l’intera filiera di produzione e trasformazione dei prodotti agricoli (soprattutto bio e vini Docg), consentendo di certificarne la qualità e la provenienza; GreenRouter, un tool che misura l’impatto ambientale dei trasporti e ottimizza il parco mezzi per una logistica sempre più ecocompatibile.
E-commerce e food delivery, i più finanziati
Infine, ben 218 startup, ossia il 45,30% delle aziende censite dall’Osservatorio Smart AgriFood, si occupano di e-commerce e/o di food delivery (33% delle aziende considerate in tali settori, con il 54% dei finanziamenti): a esse viene destinato un finanziamento complessivo di circa 2,7 miliardi di dollari. Rientrano in questi settori le 10 startup più finanziate tra quelle monitorate.
I market place digitali riguardano per lo più prodotti agroalimentari destinati ai consumatori finali: solo in minima parte sono costituiti anche da soluzioni B2B per la vendita di input (elementi necessari per produzione di un prodotto agricolo: acqua, concime, prodotti fitosanitari ecc) e materie prime alle aziende agricole (1% delle startup) e da piattaforme, che favoriscono l’incontro e lo scambio informativo, di prodotti, di attrezzature agricole ecc. tra attori della filiera (2% delle startup). E se anche qui il Nord America predomina (45% delle aziende), merita attenzione anche il ruolo dell’Asia con il 18% delle startup e il 18% degli investimenti complessivi. Pure in Italia, del resto, l’e-commerce di prodotti alimentari e di vini è cresciuto del 37% nel giro dell’ultimo anno.