Disaster recovery: con il cloud è più complesso

È la sicurezza la maggiore causa di preoccupazione per gli IT manager quando si collocano le applicazioni “in the cloud”; e una delle sfide più grandi che si presenta con il cloud computing e lo storage, è la capacità di controllare i failover e di rendere le risorse altamente disponibili. Ci spiega perché Vincenzo Costantino, Senior Manager, Technical Sales Organization di Symantec.

Pubblicato il 21 Mag 2011

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Stando ai risultati di uno studio Symantec sul tema del disaster recovery, gestire risorse disparate virtuali, fisiche e cloud è una delle principali sfide It. “Sfida crescete dovuta alle maggiori complessità legate alla protezione e al recupero dei dati e delle applicazioni mission critical”, esordisce Vincenzo Costantino (nella foto), Senior Manager, Technical Sales Organization di Symantec, commentando i risultati dell’indagine.
Lo studio evidenzia che quasi la metà – il 44% (lo studio ha coinvolto oltre 1.700 IT Manager di grandi aziende, in 18 Paesi) – dei dati presenti sui sistemi virtuali non viene sottoposto a regolare backup e solo un intervistato su cinque usa tecnologie di replication e failover per proteggere gli ambienti virtuali. “Ma l’aspetto forse più preoccupante lo rivela il 60% dei server virtuali che, ancora oggi, non risulta incluso nei piani di disaster recovery”, osserva Costantino.
E il backup non gode di trattamenti migliori: “Oltre l’80% degli intervistati dichiara che il backup viene eseguito solo una volta alla settimana”, sottolinea Costantino, che vede nelle risorse limitate, carenza di capacità storage e utilizzo insufficiente di soluzioni di protezione avanzate ed efficienti gli elementi di maggior ostacolo anche per gli ambienti virtuali e il passaggio al cloud computing.
“Eppure – sottolinea Costantino – dal mercato riceviamo segnali di interesse verso i progetti di disaster recovery, soprattutto perché sta crescendo la consapevolezza legata ai rischi e al valore monetario dei downtime operativi che provocano inefficienze e cali di produttività non più accettabili in contesti dinamici e altamente competitivi come quelli odierni”.
Riguardo al cloud computing, gli intervistati hanno dichiarato che circa il 50% delle applicazioni mission-critical della propria azienda gira in ambienti di questo tipo e per due terzi dei rispondenti (il 66%), la sicurezza è la maggiore causa di preoccupazione. “In questi casi la sfida più grande che si presenta con il cloud computing e lo storage è la capacità di controllare i failover e di rendere le risorse altamente disponibili”, osserva Costantino.
“Il consiglio che oggi Symantec si sente di dare – precisa il manager – è di assicurarsi che i dati e le applicazioni mission critical vengano trattati allo stesso modo nei vari ambienti (virtuale, cloud, fisico) all’interno delle valutazioni e dei piani di disaster recovery. A livello tecnologico, il consiglio è di ridurre la complessità di gestione optando per strumenti sempre più integrati e con una forte automazione – conclude Costantino – soprattutto per semplificare e pianificare i processi e per sfruttare la tecnologia in modo preventivo: pianificando le operazioni e gestendo in modo automatizzato processi e attività (migliorando così anche le performance). Infine, sfruttare tecnologie e soluzioni che individuino le problematiche in anticipo, per ridurre i downtime e fare un recovery più rapido”.

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