Steve Jobs, l’uomo che ha inventato il futuro

Nella biografia del fondatore di Apple (nella foto) scritta da Jay Elliot, ex VP esecutivo di Apple e suo stretto collaboratore, viene delineata la figura di “un artista più che un imprenditore” che ha “dietro la pura creatività un metodo di lavoro fondato sulla passione, il confronto aperto e la capacità di esecuzione”. “Steve Jobs, l’uomo che ha inventato il futuro” (Hoepli, 256 pagine) è stato presentato dallo stesso autore, assistito dal giornalista Luca De Biase che ha condotto e riassunto il coro delle domande, e dallo stesso Editore, Ulrico Hoepli in persona.

Pubblicato il 22 Giu 2011

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Siamo stati alla presentazione di una biografia di Steve Jobs, il mitico fondatore di Apple, scritta da Jay Elliot, ex VP esecutivo di Apple e suo stretto collaboratore, che ha seguito con lui la genesi e l’evoluzione dell’azienda.
“Steve Jobs, l’uomo che ha inventato il futuro” (Hoepli, 256 pagine) è stato presentato dallo stesso autore, assistito dal giornalista Luca De Biase che ha condotto e riassunto il coro delle domande, e dallo stesso Editore, Ulrico Hoepli in persona.
Nelle parole dell’autore emerge la storia straordinaria di chi “pensava diversamente” e utilizzava la tecnologia in modo ispirato. Nel libro di Elliot è raccontato il leader carismatico e l’inventore di idee che hanno forgiato la cultura Apple. Anche con una biografia drammatica: Steve Jobs ha creato la Apple, ne è stato cacciato nell’85, ci è tornato nel ’97 a salvarla e a

farla diventare l’azienda tecnologica a maggior capitalizzazione, l’azienda cult per eccellenza, che ha cambiato i settori di musica, telefonia, editoria. È aperta la domanda sul rapporto tra iPad e giornali e libri. Jay Elliot (nella foto), per anni assistente di Jobs, ci offre l’opportunità di farci contagiare dall’energia culturale che Jobs ha messo in campo, con una full immersion nei momenti nei quali Jobs, “un artista più che un imprenditore”, pensa, inventa e motiva i suoi, portandoli sempre a tirar fuori il meglio di sé.

Jay Elliot – Ho incontrato Steve Jobs al ristorante: un ragazzo in T-shirt e Levy’s e con barba; mi chiede se ho sentito parlare di personal computer. Io dico no, pur avendo lavorato per Ibm e per Intel, e lui ha cominciato a parlare. L’unica cosa che avevamo in comune in quel momento era la barba. Ero un bel po’ più vecchio di lui, scettico su quel ragazzo, atipico nella Silicon Valley anni 80. Ciò che colpiva in Steve era la rudezza e la chiarezza insieme. C’era intensità e passione nella sua visione del futuro; era lì per salvare il mondo da Big Blue. Ma quando ha buttato là la domanda “lavoreresti per me”, l’ho lasciata cadere. C’è voluta una telefonata di un mio amico qualche settimana dopo per ricordarmi che “il ragazzo insisteva”. Ho accettato, siamo diventati amici, ed entrando in Apple ho scoperto che tutti odiavano l’Ibm e io ero l’unico ex Ibm, e per giunta il più vecchio: 2 a 0 per loro. Steve mi ha precisato: “non avrò mai fiducia in nessuno sopra i 40 anni, ad eccezione di Jay”.
Il momento che ha “definito” la storia di Apple e del mondo per la User Interface del Pc è stato allo Xerox Park, dove c’era la punta dell’iceberg della tecnologia, ma che all’epoca era già famoso per non aver mai prodotto nulla. Steve mi ci ha portato guidando a 80 miglia all’ora e con musica a palla. Al Park abbiamo visto un computer con un mouse, con le icone sullo schermo e con una workstation attaccata ad un’unità di stampa. Lì è nato il Mac nella testa di Jobs, e da lì io mi son messo a reclutare persone chiave per realizzarlo. La misura di quanto Xerox non avesse capito il potenziale di quel prototipo è che possedeva un 20% di Apple, pagato un milione di dollari, e due anni dopo lo ha rivenduto per circa 20 milioni – ma adesso quel 20% varrebbe 370 miliardi di dollari. Ci sono voluti quattro anni per sviluppare il Macintosh, e mi sorprende ancora oggi che in quei quattro anni nessun altro sia arrivato.

Le domande dal pubblico si soffermano poi su come Steve Jobs sia riuscito a sviluppare sempre nuovi progetti e a motivare il proprio team con slogan come “Voi non siete la marina, siete i pirati”. Vorremmo capire se c’è un segreto da imparare leggendo il suo libro.
Elliot – Sì. Ed è la ragione per cui l’ho scritto. La magia pervasiva che circonda Steve non si riduce alla semplice creatività ma poggia sulla capacità di eseguire. Si può scrivere una bella canzone, ma farla arrivare in cima alla hit parade è diverso. Così, oltre all’idea e la visione, serve un metodo per mettere a punto un prodotto. Nel Jobs pensiero, primo, il disegno è attraente per il singolo individuo, “fa status symbol”, qualcosa che rende un po’ invidioso chi te lo vede, come gli auricolari che segnalano un iPod. Secondo, il prodotto è così facile da usare da “appartenere e piacere” a tutti, dai bambini ai nonni. Con l’obiettivo che “più usi il prodotto più lo ami”, reso possibile solo da una ferrea disciplina nello sviluppo: un product test assolutamente intuitivo. Ma il concetto decisivo è il prodotto Totale Apple, senza software o hardware altrui. Jobs ha così il 100% del controllo che i prodotti arrivino al cliente così come concepiti, qualità compresa. Ma a tutta questa creatività in Jobs si accompagnano la straordinaria, naturale leadership e una passione che diventa identificazione nei suoi prodotti: è il primo ad amarli. Se presenta iPod2, l’iPod2 è lui. Forse per questo il pubblico ama le sue conferenze.
Un bell’esempio di creatività e di leadership combinate è stato quando abbiamo cercato una stampante per il nostro Mac. Steve ci ha messo su un aereo per il Giappone. Si è portato dietro un pugno di ingegneri, e in aereo ha buttato giù il board di come pensava sarebbe stata la nostra stampante. Siamo andati alla Canon, abbiamo messo un Mac su una copiatrice laser e semplicemente facendo arrivare un’immagine alla copiatrice, e facendo una copia abbiamo fatto funzionare il primo prototipo di stampante compatibile col nostro Mac. Trasformare una copiatrice in una stampante, l’uovo di Colombo.

Le curiosità sono molte e ci soffermiamo su come sia stato possibile per Steve Jobs essere così aggiornato sui progetti quando l’uso di Internet non era così diffuso.
Elliot – “Se devi cambiare il mondo” mi diceva Steve “la prima cosa di cui hai bisogno sono le teste”. Steve aveva lo straordinario talento di incrociare le persone, andandole a trovare, di punto in bianco: Edwin Land, inventore della Polaroid; Akio Marito, presidente e fondatore di Sony (che lo sfruttava a sua volta come “consulente gratuito” e lo portava in giro per il suo laboratorio e da Steve si faceva dire dei prodotti Sony: bello, brutto, orribile, può funzionare). Un altro “eroe” per lui era Steve Wosniak, un tecnologo “pazzesco”, che lavorava 24 ore al giorno nel suo garage tirando fili e saldando, un fondatore della moderna informatica. Steve scopriva qual era la loro esperienza, che cosa avevano fatto per aver successo o per fallire. Era aperto a gente che incontrava in ascensore o in aereo, sempre cercando e scavando: con un suo prodotto in mano era come se avesse la febbre, era interessato al benché minimo riscontro, a partire dalle critiche più inusuali. E ha sempre cercato il feedback dai “patiti” del nostro settore, quelli che chiamiamo “geek o nerd”.

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