120 miliardi di dollari nel 2018, con una crescita del 26% rispetto al 2017: il mercato globale del cloud fotografato da Gartner è sempre più solido, un andamento che, seppur in modo più contenuto, riguarda ormai in modo significativo anche il nostro paese. Secondo infatti le stime dell’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano presentate oggi nel 2018 il mercato cloud italiano vale 2,34 miliardi di euro, in crescita del 19% rispetto al valore di consuntivo del 2017, pari a 1,97 miliardi di euro.
Anche in Italia il cloud ha raggiunto l’età della ragione
Per approfondire le linee strategiche di questo andamento, ZeroUno ha potuto intervistare in anteprima Mariano Corso e Stefano Mainetti, Responsabili scientifici dell’Osservatorio, e Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio.
“Anche in Italia – ha commentato quest’ultimo – il cloud ha raggiunto l’età della ragione. I progetti di trasformazione per le infrastrutture critiche e la specializzazione dell’offerta di servizi verticali e core sono diventati la norma in molti ambiti e settori di impresa. L’82% delle imprese medio-grandi [campione: 142 grandi imprese ndr] utilizza almeno un servizio in public cloud, nel 23% dei casi in maniera estesa su processi core. Le imprese italiane hanno ormai iniziato il percorso verso il cloud e, anzi, lo hanno reso parte integrante della propria strategia IT, ritenendolo una soluzione preferenziale per la realizzazione di nuovi progetti (nel 25% dei casi), se non addirittura una scelta obbligata (6%)”. Ed è questa una tendenza che non riguarda solo le grandi realtà: sebbene i dati indichino un’adozione sostanzialmente stabile di servizi cloud da parte delle PMI, l’indagine dell’Osservatorio su questo specifico segmento (campione: 285 PMI) segnala che il 74% delle PMI riconosce il cloud come tecnologia abilitante per introdurre innovazione in azienda; inoltre, il 60% delle PMI che hanno già adottato servizi cloud dichiara che questo approccio ha avuto un impatto migliorativo sulle performance del business aziendale.
Nella figura 1 possiamo vedere la scomposizione del mercato cloud tra Public & Hybrid Cloud e Virtual & Hosted Private Cloud, accanto all’evoluzione del mercato della Datacenter Automation che indica il processo trasformativo dei sistemi informativi interni abilitante l’introduzione del cloud. “Se il dato che emerge subito – prosegue Piva – è il tasso di crescita più elevato di Public & Hybrid Cloud, dall’analisi dettagliata si possono evidenziare ulteriori elementi: il primo aspetto riguarda l’andamento della spesa in Platform as a Service (PaaS), che registra un’accelerazione con una crescita del 49% sul 2017, e aumenta la propria quota relativa nel mix (confrontata con la quota di infrastrutture e software), arrivando a pesare il 14% del volume di spesa complessivo. Inoltre, cresce del 45% la quota di spesa cloud dedicata all’analisi dei dati, pari a poco più del 17% del totale mercato Public & Hybrid Cloud”.
La “cartina di tornasole” sul ruolo del cloud nell’abilitare l’innovazione in azienda è data dall’analisi della spesa per servizio dove quelli caratterizzati da una crescita sopra la media sono le funzionalità PaaS di abilitazione dell’artificial intelligence (sviluppo di algoritmi di machine learning utilizzando piattaforme as a service di sviluppo), gli ambienti di integrazione, le architetture di serverless computing e i tool di gestione della sicurezza. In ambito Infrastructure as a Service (IaaS), volano i servizi di gestione dei container e di edge computing e infine, tra i servizi Software as a Service (SaaS), Analytics e Security hanno un ruolo di primo piano (figura 2): “Emerge in maniera significativa il ruolo del cloud – ribadisce Piva – nei confronti dei principali trend di innovazione digitale che caratterizzeranno il mercato nei prossimi anni: basti pensare che la spesa per servizi di artificial intelligence in cloud, si è triplicata nel modello SaaS [utilizzando la potenza di calcolo del cloud per l’elaborazione dell’enorme quantità di dati necessaria per le applicazioni di intelligenza artificiale ndr] e addirittura quintuplicata nel PaaS”.
I 6 trend evolutivi del cloud
Come di consueto l’indagine dell’Osservatorio ha visto l’affiancamento della survey tra le imprese con l’analisi dei principali studi di settore e confronti approfonditi con 50 C-level delle principali imprese operanti in Italia. Questi approfondimenti hanno consentito agli esperti dell’Osservatorio di identificare i principali trend della cloud transformation:
- Hybrid & Multi Cloud: oggi non si parla più solo di ambienti ibridi o hybrid cloud (ossia ambienti che utilizzano un cloud privato, data center on-premises ed eventualmente un cloud pubblico integrati tra loro), ma di ambienti multi cloud dove vengono utilizzati in modo integrato due o più servizi di public cloud. “Non si tratta solo di ottenere una maggiore efficacia rispetto alle proprie esigenze funzionali – spiega Piva – ma anche, attraverso l’uso di servizi sulla nuvola di diversi provider, di ricercare maggiore elasticità, flessibilità e continuità del servizio, ottimizzazione dei costi, nonché una riduzione del rischio di lock in da parte del fornitore”. L’impatto di questo trend sull’offerta riguarda principalmente il tema della portabilità e degli standard e, infatti, segnala il direttore dell’Osservatorio, “già quest’anno i grandi player cloud hanno intrapreso diverse partnership tra loro, volte proprio a un’apertura dell’offerta nell’ottica di arricchire, integrare e semplificare i servizi a disposizione dei clienti. Inoltre crescerà la rilevanza del ruolo del System Integrator lungo la filiera ICT, inteso come partner che abilita la creazione di questi ecosistemi presso le aziende utenti”.
- Intelligent Cloud: il cloud emerge come piattaforma privilegiata per lo sviluppo e l’erogazione di algoritmi di Machine Learning e artificial intelligence in quanto consente alle aziende di accedere a queste tecnologie avanzate con tempi e costi accettabili, senza dover sviluppare competenze interne
- PaaS & architetture cloud native: grazie alla loro modularità, scalabilità e standardizzazione, le architetture applicative cloud native, come microservizi, serverless e container, emergono come quelle meglio in grado a rispondere alle esigenze di flessibilità e agilità del mercato. Vi è quindi una crescita importante dello sviluppo di questo tipo di applicazioni che si affianca alla diffusione della fruizione di ambienti di sviluppo in PaaS che consentono di realizzare applicazioni custom in cloud utilizzando questi paradigmi architetturali.
- Security & Cyberintelligence: è un trend legato ai due precedenti, poiché nel governo di ambienti ibridi e multi cloud la sicurezza è un tassello chiave, ma nell’anno del GDPR l’adozione del cloud può anche essere stata ulteriormente spinta dall’opportunità di poter delegare al fornitore parte dell’onere necessario per adeguare le procedure di sicurezza IT. Il tema della cyberintelligence (servizi di security che si basano su tecnologie di machine learning e intelligenza artificiale) può contribuire ulteriormente a una spinta verso il cloud.
- Internet of Things & Edge Computing: è un trend che trova nel cloud un elemento tecnologico abilitante, in particolare nel PaaS, dove è possibile creare una piattaforma IoT tramite strumenti pre-configurati, che permettono di connettere gli asset fisici e di gestire il flusso di dati in real-time.
- Agile & Automation: volte ad aumentare la produttività dello sviluppo e del rilascio delle applicazioni, le metodologie Agile trovano nel cloud, e specificatamente nel PaaS, un ambiente abilitante.
Dal cloud journey al multi cloud journey
Se Piva ci ha accompagnato nella comprensione della fotografia del mercato e dei suoi trend evolutivi, Stefano Mainetti ci aiuta a capire qual è il percorso di migrazione verso un ambiente ibrido e multi cloud: “La Cloud Migration è un percorso di cambiamento fluido e pone continuamente nuove sfide alle Direzioni IT, che oggi si trovano di fronte a sistemi ibridi, distribuiti e complessi dove diversi mondi, l’on-premises, il public e il private cloud, devono comunicare efficacemente, supportare rapidamente i cambiamenti e garantire sostenibilità economica nel lungo periodo. Per questo la vera sfida da affrontare – sottolinea Mainetti – è l’orchestrazione dell’Hybrid & Multi Cloud, che significa andare oltre la connessione statica di servizi infrastrutturali e applicativi eterogenei e lavorare con una logica nuova e dinamica orientata alla flessibilità”.
La figura 3 mostra la strategia adottata dalle aziende per nuovi progetti IT dove vediamo che ben il 56% utilizza una strategia selettiva con un modello di sourcing basato sul caso d’uso. “Questo dato, insieme ad altri indicatori emersi dall’indagine, dimostra come i Sistemi Informativi compositi siano un punto di approdo inevitabile per le aziende. In tale contesto l’integrabilità degli applicativi fruiti in modalità SaaS, o sviluppati su piattaforme PaaS, con i Sistemi Informativi interni costituisce un elemento di fondamentale importanza. Dall’analisi dei dati emerge come le aziende stiano maturando di anno in anno sotto questo punto di vista.
Infatti – prosegue Mainetti – nel 72% dei casi (contro il 66% della ricerca 2017) sono presenti forme di integrazione fra i servizi esterni e gli applicativi interni; inoltre per il 39% del campione (contro il 36% dell’anno precedente) si può parlare di integrazioni evolute, realizzate con servizi offerti dalla propria architettura di Enterprise Application Integration (23%) o con servizi di integrazione erogati in public cloud (per esempio Integration Platform as a Service) (16%), mentre il rimanente 33% del campione utilizza integrazioni di tipo tattico realizzate ad hoc per specifici sistemi”.
Se da un lato quello dell’hybrid cloud è un treno ancora in corsa con il 40% delle aziende che trova nelle problematiche di integrazione tra ambienti on premises e cloud il principale freno alla migrazione, dall’altro, sta arrivando a gran velocità il treno del multi cloud che sta rappresentando la nuova sfida della trasformazione: “Ma su questa opportunità – spiega Mainetti – le imprese italiane si mostrano meno sensibili rispetto alle imprese internazionali: da un lato solo il 16% delle aziende dichiara di avere in campo un’iniziativa di integrazione in logica multi cloud; dall’altro, mentre chi all’estero fruisce di servizi da fornitori diversi dichiara in media di rivolgersi a 5 provider, in Italia la media scende a meno di 3”.
Ma quali sono i benefici concreti che un’azienda può conseguire con l’adozione di un approccio multi cloud? Il responsabile scientifico dell’Osservatorio enuclea i principali: “Accedere a un più ampio portafoglio di funzionalità applicative, componendole dalle offerte di diversi provider e dunque costruendo una soluzione con componenti best-of-breed a supporto delle specifiche esigenze di processo; ridurre il rischio di lock-in grazie a una maggiore portabilità e interoperabilità dell’offerta dei diversi provider; ottenere una maggiore continuità del servizio, sfruttando la disponibilità di diversi sistemi in cloud; ottimizzare i costi grazie alla flessibilità di spostamento dei carichi su diversi provider, a seconda del prezzo dei servizi e del costo complessivo del sistema; garantire flessibilità nella scelta di collocazione dei carichi di lavoro in base alla loro criticità per il business, a logiche di bilanciamento o alla sensibilità dei dati trattati”.
Dalle rilevazioni dell’Osservatorio emerge che il 52% delle aziende oggi gestisce manualmente gli ambienti cloud in uso attraverso gli strumenti nativi dei propri provider di riferimento perché non trova sul mercato strumenti idonei: “In questo contesto, l’Osservatorio si è posto l’obiettivo di individuare le componenti fondamentali di un’ideale suite di orchestrazione centralizzata per questo tipo di ambienti”, spiega Mainetti illustrando il framework realizzato nell’ambito della Ricerca (figura 4) sul quale promettiamo ai nostri lettori un approfondimento specifico in un prossimo articolo.
Come governare ambienti ibridi e multi cloud
Dalle interviste a Piva e Mainetti emerge chiaramente che il modello ibrido, nelle sue diverse fasi evolutive, è il modello tecnologico di riferimento per abilitare l’innovazione in azienda. Ma è un modello che ha nella tecnologia una delle sue componenti, come ci ricorda Mariano Corso: “La tecnologia rappresenta solo una parte di un cambiamento molto più profondo che tocca persone e organizzazione. Per questo l’Osservatorio ha dunque analizzato il percorso di creazione di una governance strutturata dei sistemi Hybrid e Multi Cloud, identificando i principali ambiti d’azione a partire dalla tecnologia che rappresenta la punta dell’iceberg, per poi spingersi più in profondità verso un cambiamento che interessa le persone e l’organizzazione nel suo complesso”.
Le direttrici lungo le quali l’azienda deve agire sono state identificate dagli esperi dell’Osservatorio in quattro principali ambiti d’azione:
- adozione di strumenti di orchestrazione di ambienti ibridi e multi cloud;
- evoluzione delle pratiche di gestione dell’Information Technology e del portafoglio applicativo;
- cambiamento delle competenze della Direzione IT sia da un punto di vista tecnico, a causa dell’aumento di complessità dei Sistemi Informativi, sia in termini di soft skill nel relazionarsi con il resto dell’azienda;
- creazione di centri di competenza specifici per la gestione del cloud.
Ambiti che Corso ci aiuta a indagare più dettagliatamente.
Sul primo, rileva come “da un lato l’esigenza di soluzioni di orchestrazione Hybrid & Multi Cloud stia progressivamente crescendo mentre dall’altro manca ancora sul mercato un’offerta completa e sufficientemente matura a cui potersi riferire”, da qui le grandi opportunità che si aprono per il mondo dell’offerta con la necessità di identificare bene le caratteristiche che una tale soluzione deve avere.
Come abbiamo visto, vi è un’espansione di nuove architetture applicative che convivono con applicazioni di tipo tradizionale ed “è necessario – afferma Corso soffermandosi sul secondo ambito – che i processi di gestione del ciclo di vita dell’applicazione evolvano nella loro interezza: dalle fasi di progettazione, in cui andrà scelta la corretta modalità di erogazione a seconda dei carichi di lavoro in esame, a quelle di sviluppo, rilascio, integrazione, sicurezza e governo. Nel contesto di un Sistema Informativo distribuito, tutti questi momenti del ciclo di vita di un’applicazione dovrebbero poter sfruttare flessibilmente le logiche ibride”. Dai dati dell’Osservatorio emerge una situazione bipolare: se da un lato nel 39% dei casi l’introduzione del Public Cloud in azienda ha semplificato la gestione IT, in un altro 32% ha invece generato delle complicazioni. “Questo – precisa Corso – indica come il cloud non significhi delegare tutta l’operatività all’esterno, ma piuttosto cambiare il modo in governare la complessità, con un ruolo forte e centrale della Direzione IT”.
E introducendo il terzo ambito, Corso ribadisce: “Nell’era dell’Hybrid & Multi Cloud, la Direzione IT non perde il proprio ruolo, si evidenzia anzi la necessità di un potenziamento sempre più urgente in termini non solo di strumenti, ma anche di competenze. Infatti, secondo quanto emerso dalla rilevazione svolta dall’Osservatorio, il personale IT dovrà avere anche una profonda conoscenza del mercato cloud, imparando a identificare e selezionare i diversi provider (per il 66% delle aziende), migliorare la propria relazione con le linee di business, allineandosi continuamente con le loro esigenze (58%) e supportare la gestione della contrattualistica (43%)”.
Infine arriviamo al quarto ambito: “L’evoluzione delle competenze richiede di pari passo nuove figure professionali specificatamente dedicate alla gestione del cloud nei suoi aspetti più operativi di sviluppo e gestione delle operations. Queste figure sono ancora poco presenti nelle aziende, ma sono di forte interesse per il futuro. Nelle organizzazioni più mature nell’adozione del cloud, l’introduzione di queste nuove figure professionali può perseguire una strategia di creazione di un centro di competenza dedicato alla gestione, tecnica e strategica, dei sistemi sulla nuvola. Ma oggi solo l’8% delle aziende risulta avere creato una struttura del genere. Il cloud rappresenta un acceleratore straordinario per la trasformazione digitale ma da solo non basta, il cambiamento riguarda soprattutto le persone e la cultura aziendale”.