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Smart Agrifood & Dati, dal raccolto alla spremitura

L’era dell’Agricoltura 4.0 e dell’Internet of Farming avanza anche nel Bel Paese: segna +270% il giro d’affari 2018 delle nuove soluzioni digitali per l’Italian food & wine. Ecco il quadro d’assieme offerto dalla seconda edizione dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia

Pubblicato il 22 Feb 2019

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Il “seme” digitale cresce a vista d’occhio nel campo italiano dell’Agricoltura 4.0, che nel 2018 – secondo le prime stime dell’Osservatorio Smart AgriFood – ha raggiunto un giro d’affari fra i 370 e i 430 milioni di euro: ben il +270% rispetto al 2017. Un fatturato valutabile intorno al 18% del mercato europeo e al 5% di quello globale, che lo scorso anno ha toccato i 7 miliardi di dollari circa (il doppio rispetto al 2017), di cui il 30% generato nel Vecchio Continente.

Più di 110 sono le aziende fornitrici (di cui il 74% sono player già affermati e il 26% startup), che propongono attualmente oltre 300 soluzioni 4.0, incentrate per lo più sull’agricoltura di precisione e, in misura minore, su quella interconnessa (altrimenti detta “Internet of Farming”, ovvero un modello che prevede l’impresa agricola nel ruolo di hub di diverse fonti di dati, legati alle attività di campo ma anche a tutti gli altri processi, logistica in primis, che afferiscono all’azienda agricola nel suo complesso).

Figura 1 – Le tecnologie abilitanti le soluzioni di agricoltura 4.0 (base: 309 soluzioni)Fonte: Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano

A utilizzare sistemi e applicazioni digitali è il 55% delle 766 imprese agricole rispondenti (su 1.467 intervistate) alla seconda edizione della survey annuale dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise-Research & Innovation for Smart Enterprises dell’Università degli Studi di Brescia, presentata di recente al convegno “Il digitale scende in campo, ma la partita è di filiera!” presso l’Università degli Studi di Brescia.

Il 49% delle soluzioni sono dispositivi IoT, robot e droni

Circa l’80% dell’offerta digitale è costituito da proposte evolute di player già affermati nel settore (come, per esempio, fornitori di macchine e attrezzature agricole), il restante 20% è sviluppato da soluzioni di aziende emergenti (soprattutto startup), che propongono sistemi innovativi e servizi di consulenza tecnologica. Più precisamente, delle 110 imprese censite dall’Osservatorio, il 49% sono fornitrici di soluzioni avanzate come IoT-Internet of Things, robotica e droni, il 22% di soluzioni di data analysis, il 16% di macchine e attrezzature per il campo, il 7% produce componentistica e strumenti elettronici, mentre nel 3% dei casi sono realtà produttive in ambito agricolo.

Le filiere più tecno: cereali, ortofrutta e vino

Le soluzioni proposte con maggior frequenza sono costituite da sistemi utilizzabili trasversalmente in più settori agricoli (53%), seguite da quelle più specificatamente destinate al comparto cerealicolo (24%), ortofrutticolo (24%) e vitivinicolo (16%). Cresce anche, sia pur più lentamente, l’attenzione per l’internet of farming, abilitato dal 14% delle soluzioni offerte: quasi l’80% delle soluzioni è applicabile in fase di coltivazione, il 13% supporta la fase di pianificazione, il 4% il monitoraggio degli stock e il 3% la logistica aziendale.

Figura 2 – Le fasi maggiormente supportate dall’offerta di agricoltura 4.0 (base: 309 soluzioni)Fonte: Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano

Nella lista priorità, controllo dei costi e aumento produttivo

E sul fronte della domanda? Le imprese italiane vanno senz’altro affermando una crescente consapevolezza delle opportunità offerte dalla new wave digitale (85% delle 766 rispondenti), che porta quindi a un utilizzo sempre più frequente di soluzioni orientate all’Agricoltura 4.0 (55%). Più in dettaglio, il 55% delle imprese dichiara di servirsi di macchinari o tecnologie avanzate per la pianificazione delle colture, la semina, la coltivazione, il raccolto: fra queste, il 45% ne fa uso da oltre cinque anni. Tra le esigenze prioritarie dichiarate dalle aziende agricole spiccano il controllo dei costi di produzione e l’aumento dei volumi produttivi, mentre restano ancora sullo sfondo i fabbisogni legati all’acquisizione, all’elaborazione e all’interpretazione dei dati.

Figura 3 – L’adozione di tecnologie orientate al paradigma 4.0 delle aziende agricole (base: 766 imprese agricole)Fonte: Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano

Dall’analisi dei dati alle decisioni operative

“I dati sono cultura e conoscenza – ha rimarcato Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood, Politecnico di Milano –: trasferire e diffondere dati e informazioni è più che altro, però, il primo passo. Se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla, diceva lord William Kelvin (fisico e ingegnere britannico, conosciuto soprattutto per aver sviluppato la scala Kelvin, che misura la temperatura assoluta): chi non ha i dati per prendere decisioni, non può evolvere. Ma si tratta ora di fare un ulteriore passo in avanti: l’evoluzione e il successo delle imprese agricole italiane passano inevitabilmente dalla capacità di raccogliere e valorizzare la grande mole di dati che si andrà sempre più generando. E visto che tra gli attori del settore emerge ancora poca chiarezza su come sfruttare queste opportunità, è necessario investire costantemente nella creazione di sane competenze, al di là delle mode” ha detto l’analista.

Figura 4 – La lista dei fabbisogni ordinati per livello d’importanza delle aziende agricole (base: 850 imprese agricole)Fonte: Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano

L’età e il curriculum scolastico, peraltro, rivelano un’incidenza relativa sull’orientamento all’innovazione dimostrato sul campo dagli imprenditori agricoli più dinamici nell’adozione di soluzioni 4.0: solo il 30% di loro, in effetti, ha meno di 40 anni e un terzo è laureato. Il bisogno di aggiornare e innovare le tecniche di coltivazione e di allevamento, semmai, è più direttamente collegabile alle dimensioni dei terreni in gestione. Anche se non mancano casi di eccellenza tra le microimprese (per lo più nel settore vitivinicolo e in quello oleicolo), al di sotto dei 10 ettari soltanto il 25% delle aziende sceglie di adottare soluzioni 4.0, contro il 65% di quelle al di sopra i 100 ettari.

Tracciabilità, cresce l’impatto digitale nella food chain

“Una corretta gestione dei dati in digitale – ha ricordato Andrea Bacchetti, Direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood, Università di Brescia –, inoltre, è cruciale anche per la tracciabilità: nelle imprese agricole siamo ancora agli inizi, ma è già un chiaro fattore di sviluppo per le startup, che li sfruttano nell’85% dei casi analizzati”.

Secondo la survey dell’Osservatorio, alle tecnologie digitali viene riconosciuto dalle aziende un merito indiscutibile a proposito dell’efficienza e dell’efficacia dei processi di tracciabilità alimentare. Il 30% delle imprese che adottano soluzioni digitali di tracking rileva una riduzione degli errori d’inserimento dei dati e del rischio di manomissione, il 27% nota una diminuzione dei costi richiesti all’attivazione delle procedure di rintracciabilità e il 21% un risparmio di tempo per la raccolta dei dati.

Figura 5 – I benefici riscontrati dalle aziende che hanno adottato soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare (base: 76 case study)Fonte: Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano

Più estesamente, anche i processi e le relazioni nella supply chain traggono vantaggio da queste soluzioni: soprattutto nei costi di gestione delle scorte (15%), nella riduzione degli sprechi alimentari (14%) e nel consolidamento dei rapporti di filiera (13%).
Il 13% delle aziende ha per giunta riscontrato un aumento delle vendite, mentre il 14% evidenzia la necessità di puntare su soluzioni per migliorare i processi di certificazione.

Le 133 soluzioni tecnologiche per la tracciabilità alimentare attualmente disponibili sul mercato italiano intervengono nei processi di identificazione univoca, acquisizione del dato, registrazione, analisi, integrazione e trasmissione.
Il 59% di tali applicazioni risultano ancora “tradizionali”: la trasformazione cioè dei dati in digitale richiede un considerevole intervento dell’imprenditore o dei suoi collaboratori.

Le soluzioni più diffuse sono piattaforme software per registrazione, integrazione ed elaborazione del dato (62%), seguite da soluzioni che combinano strumenti hardware e software (30%) e da strumenti hardware come sensori IoT e lettori codici a barre (8%). Fra le più avanzate (42%), invece, le più utilizzate sono Rfid-Radio-Frequency Identification (20%), Cloud (19%), Big Data Analytics (14%) e sensori IoT (10%).

Sale infine l’interesse per l’applicazione delle tecnologie Blockchain e Distributed Ledger nella filiera alimentare: sono 42 i progetti internazionali e italiani mappati dal 2016 al 2018, più che raddoppiati nell’ultimo anno.

Startup agrifood: Italia in pole position in Europa

Un po’ in tutto il mondo – così come nel Bel Paese –, una spinta importante alla trasformazione digitale delle filiere agroalimentari arriva dalle startup. Secondo il censimento effettuato dall’Osservatorio Smart Agrifood sono 500 le nuove aziende digitali di questo settore a livello globale, per un totale di 2,9 miliardi di dollari di investimenti raccolti, attive soprattutto in ambito eCommerce (65%) e Agricoltura 4.0 (24%). Gli Stati Uniti vantano – com’è prevedibile – la maggior densità di startup (37%) e di finanziamenti alle nuove imprese (41%), seguiti dall’Europa (30% delle startup e 35% dei finanziamenti) e dall’Asia (20% delle startup e 20% degli investimenti). L’Italia si colloca davanti a tutti gli altri Paesi europei per numerosità di baby-imprese, ma raccoglie appena 25,3 milioni di euro di finanziamenti, pari all’1% del finanziamento complessivo: una quota percentuale che la pone nelle retrovie, ben distante da Regno Unito (19%), Germania (12%), Cina (8%) e Israele (2%).

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