Italia/Silicon Valley: andata e ritorno

Le iniziative di collegamento fra le due sponde dell’Oceano, favorite dalla presenza di una importante comunità di italiani, potrebbero aiutare i nostri giovani nel creare imprese innovative e lavoro

Pubblicato il 01 Feb 2012

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Silicon Valley, una delle poche realtà che sembra non conoscere la crisi, non è un luogo, ma “a state of mind”, uno stato mentale, un modo di pensare che va diffondendosi a livello mondiale. Lo sostengono diversi protagonisti della Valle, fra questi un guru come Steve Blank, “imprenditore seriale” (dato che si concentra sullo scouting e l’avvio di start up rifocalizzandosi sul lancio di nuove realtà una volta che le imprese diventano autonome) che dopo avere creato 8 startup tecnologiche oggi insegna ai giovani come fare impresa. A suo parere ci sono parecchi segnali della possibilità di replicare lo spirito di Silicon Valley. New York, ad esempio, dove si stanno creando comunità di imprenditori tecnologici, in Europa dove, nonostante la crisi, crescono gli investimenti in imprese hi-tech, in India dove una grande qualità di ingegneri di talento con modesti investimenti creano startup di successo.

Un momento di lavoro presso la Startup
School di Mind the Bridge a One Market,
San Francisco

Da San Francisco, si vede un’Italia diversa, forse semplificata, ma certo se ne percepiscono le grandi difficoltà, mentre l’economia a Silicon Valley sta andando a gonfie vele. L’unico modo per ridurre il gap è puntare sulla crescita, qua in Italia, una crescita che può venire soprattutto da nuove imprese che puntano sull’innovazione”, ha sottolineato Marco Marinucci in occasione della giornata conclusiva della startup competition 2011 di Mind The Bridge, iniziativa non-profit di cui è fondatore ed executive director, nata per creare un ponte fra i giovani imprenditori italiani e Silicon Valley.
Ormai dimenticati i tempi della bolla del 2000 oggi sono tre i settori trainanti nella Valle: le imprese web 2.0, i social network, con i vari Facebook, Twitter, Foursquare, e quelle la cui fortuna si basa sui contenuti generati dagli utenti, come Youtube e Flickr. Attorno ai colossi, una moltitudine di imprese più piccole che se la passano parecchio bene. C’è però chi teme una nuova bolla. “A Silicon Valley c’è una grandissima e diffusa cultura tecnologica, grandi reti di imprenditori, facilità di trovare il capitale iniziale per far partire le nuove imprese (il cosiddetto seed capital), la possibilità di fallire e ripartire con una nuova idea”, rassicura Blank. C’è soprattutto un sistema consolidato basato almeno su quattro elementi, come ha sottolineato, in occasione di un ciclo di lezioni italiane, Tom Byers, fondatore e co-direttore dello Stanford Technology Ventures Program (Stvp), che funge da centro imprenditoriale per la scuola d’ingegneria dell’Università di Stanford. L’ecosistema di Silicon Valley può contare su 1) una concentrazione multiculturale di talenti “highly skilled and motivated”, 2) su una infrastruttura che ha l’obiettivo di sostenere le imprese di qualunque dimensione, 3) su una grande spinta alla sperimentazione e grande tolleranza per il fallimento, 4) su un sistema finanziario (capital venture, angels, seed capital) molto attento all’innovazione.
Per fare qualche esempio concreto, bastano meno di 200 dollari per creare un’impresa e sono a portata di mano, a costi ragionevoli e con elevata professionalità, tutti i servizi che possono servire a una startup, come spazi fisici e supporto legale e fiscale.
Sta prendendo sempre più piede anche in Italia l’idea di creare e sfruttare un “ponte” tra il nostro paese e la Silicon Valley che consenta ai giovani di fare esperienze concrete all’estero e tornare ricchi di conoscenze e, magari, di finanziamenti. Marinucci, che tra l’altro è Business development manager di Google, in California da ormai 10 anni, ha avuto l’idea di creare la Fondazione Mind the Bridge nel 2007. La Fondazione ha lo scopo di promuovere un ecosistema imprenditoriale italiano sostenibile e di dare impulso alle idee innovative mettendole in contatto diretto con l’ecosistema imprenditoriale della Silicon Valley. “Indicare un percorso attraverso casi di successo è più facile da comprendere e riprodurre se vengono da radici comuni”, spiega Marinucci. Questo obiettivo è favorito dalla presenza a Silicon Valley di una comunità italiana attiva e intenzionata a mantenere forti legami con il paese d’origine. I nostri connazionali del mondo hi-tech arrivano qui secondo diversi percorsi: partendo da aziende italiane acquisite, come nel caso di Vittorio Viarengo (VMware), portando nella Valle la testa di aziende italiane, come Giacomo Marini (Logitech), lavorando in aziende italiane in Silicon Valley, è il caso di Marinucci, arrivato con Giunti Labs e passato poi a Google, come professori, come Sangiovanni Vincentelli (UC Berkeley) o come figli di emigranti nel caso di Rich Ferrari (Denovo Venture). Ce lo ricorda Paolo Marenco,

Un momento del percorso di selezione
delle startup: al centro con il microfono,
Marco Marinucci, executive director di
MtB e business developer di Google

presidente di Italia Futura che proprio basandosi sul network degli italiani di successo organizza viaggi di studio, Silicon Valley Study Tour, in collaborazione con Aizoon, azienda di consulenza tecnologica specializzata in It, e Sviec, associazione che raggruppa 400 manager e imprenditori italiani (vedi riquadro nella pagina precedente).
Fin qui niente di nuovo. La novità principale sembra arrivare dalla nostra parte dell’Oceano. “Oggi anche da noi fare startup è percepito come cool, a differenza di quanto accadeva qualche tempo fa; mettersi dalla parte di chi rischia e di chi crea lavoro e non di chi lo cerca è un cambio di paradigma importante”, sottolinea Marinucci. Se questa è la prospettiva, le iniziative di collegamento fra Italia e Silicon Valley puntano ad aiutare le Google di domani, che nel nostro paese rischiano di non trovare gli strumenti per nascere e avere successo, offrendo loro un periodo di “incubazione” nell’ambiente ideale della Valle. All’inizio del 2012 sette startup italiane (selezionate fra un centinaio attraverso un percorso di accompagnamento) potranno trarre vantaggio dalla permanenza di un mese presso il Gym, una vera e propria palestra di impresa presso la startup school di MtB con sede a One Market, San Francisco. Qui le startup potranno affinare il proprio progetto imprenditoriale anche grazie all’affiancamento di un mentor dedicato. Inoltre, in attesa di affrontare le finali della Competition previste questo mese di febbraio a Stanford, grazie ad insegnamenti teorici e pratici potranno mettere a punto le loro idee di business sia per il mercato sia per la ricerca di possibili investitori. Per due startup ci sarà poi l’opportunità aggiuntiva di fermarsi presso il Gym, grazie al premio Rcs Digital Publishing e al premio Gaetano Marzotto per l’innovazione, partner dell’iniziativa.

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