MILANO – Nella diffusa banalità con cui oggi vengono spesso trattati i temi legati alla digital transformation, nei luoghi comuni usati non tanto per provare a spiegare il fenomeno quanto per sostenere delle strategie di vendita, c’è stato un intervento al recente evento Cerved Next, che ha toccato dei tasti originali. Lo speech l’ha tenuto Geoff Mulgan, CEO di Nesta, fondazione ventennale britannica, presente anche in Italia dal 2017, specializzata nell’utilizzo di tecnologie digitali applicate all’innovazione sociale.
Mulgan è qualcosa di più di un CEO di impresa: ha ricoperto diverse funzioni all’interno del governo britannico (tra queste, quella di direttore della Government’s Strategy Unit e di Head of Policy nell’ufficio del Primo Ministro), nonché visiting professor alla London School of Economics, allo University College London e all’Università di Melbourne. Attualmente è Senior Visiting Scholar a Harvard e ha di recente presieduto il Consiglio sull’Innovazione e l’Imprenditorialità del World Economic Forum. Insomma, uno studioso con una vista oltre il business che ha consentito un inquadramento originale di cosa considerare primario, per imprese e persone, all’interno della trasformazione digitale in atto.
La domanda che Mulgan invita le persone a porsi è fondamentalmente questa: “Quanto tempo viene dedicato al pensiero dell’innovazione guardandosi realmente attorno e cercando di connettere tutte le fonti di intelligence già esistenti, utili a creare valore?”.
Connettere i punti, usando intelligenza collettiva e guardando ai reali bisogni
Il quesito si basa su un substrato filosofico non da poco: quanto correttamente approcciamo la complessità avendo la consapevolezza che poiché molta dell’innovazione già esiste dobbiamo solo trovare il modello giusto di connessione (di pensiero) per costruire valore (innovare). “Einstein – dice Mulgan – era solito dire che se aveva 60 minuti per risolvere un problema ne impiegava 55 pensando al problema e 5 a risolverlo. Il tema della connessione, non solo sistemistica ma di intelligente assemblaggio finalizzato al reale utilizzo, è una delle strade primarie dell’innovazione” ha detto il CEO.
Alcuni esempi del passato: a partire da iTiunes
Mulgan ha portato numerosi esempi, a cominciare dal passato: l’iTunes di Apple, ad esempio, lanciato nel 2001 da Steve Jobs, nasceva fondamentalmente come programma per l’ascolto della musica, consolidando una frammentazione in numerosi strumenti di fruizione musicale usati (Sony e i vari lettori MP3); supportando poi la prima generazione iPod Apple Mp3, iTunes introdusse la creazione individuale di playlist intelligenti avviando quel modello di consumo musicale basato su singoli brani e album che ha di fatto aperto la strada ai servizi in streaming. Apertura al mondo Windows, stretta integrazione con l’iPhone, fruizione di servizi e film, sincronizzazione dei contenuti sui vari device Apple e non solo, servizi di pagamento, ed ecco che da quel pensiero di integrazione si è sviluppato un mondo che ha profondamente cambiato il nostro vivere quotidiano.
Ma gli esempi di connessione di idee e tecnologie sono numerosi. Il passo in più che propone Mulgan è di concepire una combinazione forte tra intelligenza artificiale (in senso esteso di automazione e digitalizzazione) e umana, “con l’obiettivo di aiutare un’azienda, una città, una società – ha detto il CEO – a pensare come fosse un cervello umano, con memoria, creatività, fino a elementi di saggezza e interesse al bene comune. AI e HI, human intelligence, linking together in modo creativo”.
Esempi di combinazione tra intelligenza artificiale e umana
Ecco allora piattaforme di servizi comuni utilizzabili da app su smartphone che ingaggiano diverse comunità per prestare servizi gratuiti utili alla società, come ad esempio un soccorso medico attivabile all’occorrenza nelle diverse zone della città; connettere i soggetti regolatori con gli innovatori, come definito dal programma Nesta OpenUp Challenge, per attivare un miglior livello competitivo e di apertura nel sistema bancario inglese stimolando i team del segmento bancario allo sviluppo di servizi e prodotti innovativi da proporre al mercato per accelerare la capacità delle aziende di media dimensione di poter sfruttare al meglio le informazioni nascoste nel loro patrimonio dati.
E ancora: piattaforme on line che raggruppano reti composte dalle migliori menti innovative sparse nel mondo ingaggiate su specifici problemi da risolvere (challenge.org). Iniziative come ad esempio quella di una mappatura, unendo dati e tecnologie già disponibili, dei batteri presenti nella rete della metropolitana londinese, da cui ricavare azioni di prevenzione, bonifica, gestione del traffico passeggeri, (a cui vari soggetti, persone, enti di trasporto, assicurazioni, centri sanitari e altri possono attingere).
“L’accelerazione dell’innovazione la si raggiunge non solo con l’idea formidabile del singolo ma con la capacità di un assemblaggio di intelligence collettiva, distribuita, che connette dati, analisi, modelli, interpretazioni, creatività, non trascurando la memoria-esperienza di cosa è effettivamente utile alla comunità. E al centro di questo circolo virtuoso deve esserci sempre un’azione e un apprendimento continui” ha concluso Mulgan. Insomma, una prospettiva intrigante per “connettere i punti” di un puzzle, quello dell’attuale digital transformation, che se correttamente assemblato potrà essere la risposta a un’innovazione di valore e di vera utilità per imprese e persone.