Il settore finance e le società di telecomunicazioni vantano il maggior livello di digitalizzazione: è quanto emerge dal Digital Acceleration Index (DAI), l’indicatore elaborato da Boston Consulting Group che misura la maturità digitale delle aziende. L’indagine di BCG ha coinvolto manager e dirigenti di 1.800 imprese tra Asia, UE e Stati Uniti, ai quali è stato chiesto di valutare la situazione delle loro società su una scala da 1 a 4 in 35 categorie differenti. Le aziende con un DAI da 67 a 100 sono “campioni digitali”, quelle con un punteggio di 43 o inferiore sono classificate come “ritardatarie”. E a questo proposito è stato rilevato che è la pubblica amministrazione ad apparire maggiormente in ritardo rispetto alla trasformazione digitale (con ampie differenze tra le diverse regioni).
I digital champions, fanno notare dalla società di consulenza strategica, si distinguono soprattutto per priorità di investimento: le aziende più mature nel digitale sono anche quelle che si stanno dedicando di più allo sviluppo delle competenze digitali della forza lavoro e che investono maggiormente in nuove tecnologie.
“Lo studio ha identificato – ha dichiarato Roberto Ventura, partner di BCG ed esperto digital e Artificial Intelligence – tre booster a cui i più performanti si affidano per diventare più maturi digitalmente: spendono oltre il 5% dell’Opex (spesa operativa) in progetti digitali, assegnano a ruoli e progetti digitali più del 10% dei propri dipendenti, sono più capaci di affinare e scalare progetti pilota in soluzioni operative”.
Il settore finanziario asiatico raggiunge il punteggio più alto, con un DAI di circa 60. In Europa e Stati Uniti, invece, sono le TLC il settore leader. Fattore fondamentale per un buon punteggio è l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale: in Asia viene usata dall’87% delle imprese, contro il 78% dell’UE e il 74% degli Stati Uniti.
L’Asia entra nell’analisi per la prima volta. I digital champions asiatici sono leggermente in vantaggio rispetto agli statunitensi (54% vs 51%) per quanto riguarda il numero di dipendenti impegnati in ruoli digitali e in netto vantaggio rispetto agli europei (44%). Gli Usa invece primeggiano per quota di Opex investita in progetti digitali dai loro digital champions (90%), maggiore rispetto all’Asia (75%) e UE (65%).
“Dallo studio – ha concluso Ventura – emerge come ben tre campioni su quattro (77%) e solo il 43% dei ritardatari abbiano in previsione di aumentare la forza lavoro digitale di oltre il 20%”.
In Europa, lo farà il 70% dei digital champions, meno di quelli dell’Asia (dove sono il 90%), ma più degli Stati Uniti (65%). Ma c’è anche un investimento interno: metà dei digital champions (51%) e solo il 29% dei ritardatari prevede di potenziare le capacità digitali di oltre il 20% del personale.