COPENAGHEN – Rendere invisibile l’infrastruttura IT è il mantra che ispira l’evoluzione tecnologica di Nutanix. In apertura della .NEXT Conf di Copenaghen, l’evento che ha riunito partner e clienti europei dell’azienda, Dheeraj Pandey, co-fondatore e CEO di Nutanix, ha spiegato cosa significa rendere invisibile l’infrastruttura IT che comprende on premise, cloud e multi cloud: “Tre sono i concetti fondamentali alla base: trusted, autonomous e continuous. Per potersi fidare bisogna che l’infrastruttura sia sicura, sempre disponibile e, per rispondere a un contesto che cambia in modo sempre più rapido, resiliente”, ha detto Pandey, ricordando come “autonomous” sia un concetto che, sfruttando tecnologie di machine learning, riguarda le capacità di self driving, self learning e self healing dell’infrastruttura. Infine “continuous” vuol dire rendere questa infrastruttura sempre disponibile, con ogni device, in ogni momento: il contesto cambia, le applicazioni cambiano e l’infrastruttura deve essere sempre pronta a rispondere alle nuove esigenze delle aziende”.
Con 4.500 partecipanti, di cui oltre 1.250 partner e oltre 2.500 clienti/prospect registrati, la due giorni ha consentito ai clienti europei di approfondire i diversi aspetti dell’offerta Nutanix, a partire dalla transizione che l’azienda sta compiendo dalla vendita di licenze, strettamente connesse alle appliance, a quella di “subscription” per andare poi sugli approfondimenti più tecnici di prodotto e le più recenti novità: l’integrazione della propria piattaforma di infrastruttura iperconvergente (HCI) con la soluzione IT Operations Management di ServiceNow; la disponibilità di HPE GreenLake for Nutanix, la soluzione integrata di cloud ibrido as a service di HPE, e dell’appliance HPE ProLiant DX, altro passo della collaborazione tra le due società; Nutanix Insights, servizio di supporto automatizzato che sfrutta i dati di telemetria che Nutanix riceve dai cluster nei quali è stato attivato Nutanix Pulse (servizio di diagnostica dei cluster) e che, utilizzando algoritmi di machine learning, consente di avere un supporto proattivo.
La transizione verso il modello di abbonamento: la resilienza di Nutanix
Nutanix nell’ultimo anno ha abbracciato in modo deciso il modello di vendita in abbonamento; un cambiamento che, come ha spiegato Pandey, esprime la capacità di resilienza dell’azienda che risponde così a un trend di mercato che vede i clienti preferire una modalità di acquisto più flessibile rispetto a quella delle licenze: “È una transizione molto importante, fondamentale: non significa solo disaccoppiare realmente l’hardware dal software, cosa che abbiamo già fatto, ma, in definitiva, abbandonare lo stesso software”, in pratica, sostiene il CEO, significa interpretare quella trasformazione digitale che i clienti stanno vivendo: “Da una parte c’è tutto il tema del capex contro l’opex, ma l’opzione subscription non è semplicemente una questione economica, bensì di agilità”.
Precisiamo che non stiamo parlando di un acquisto a consumo bensì di poter trasferire il software Nutanix (“licenze portatili” le ha definite il CEO) su nuovi server e poterlo fare tante volte quanto si vuole, in base alla durata dell’abbonamento (il canone può essere di 1 anno oppure 3, fino a un massimo di 5) e al dimensionamento definito inizialmente (numero di core e TB di memoria della macchina sulla quale viene effettuata la prima installazione). Nelle infrastrutture iperconvergenti, infatti, il software è sempre stato strettamente legato all’hardware: dovendo, per esigenze di crescita, di ammodernamento, di capacità, cambiare l’appliance, il software non era trasferibile su altra appliance.
Astraendo completamente il software dall’hardware è stato possibile per Nutanix passare a questa modalità di vendita che non è comunque esclusiva. Continueranno infatti anche ad essere vendute licenze: “Lasciamo al cliente la scelta dell’opzione. Pensiamo che la maggior parte dei nostri clienti preferirà l’abbonamento, ma sicuramente ci sarà ancora chi, specialmente nelle realtà più grandi, sceglierà l’acquisto della licenza”, ha detto il CEO.
E in effetti, la realtà sembra dare ragione a Pandey, dato che, come si vede in figura 1, la modalità ad abbonamento è cresciuta notevolmente, arrivando a raggiungere il 65% del fatturato nel 4° trimestre 2019, anzi forse la transizione è stata anche più veloce del previsto (con conseguente impatto sul conto economico). Oltre a rispondere a un’esigenza del mercato, il cambiamento di go to market infatti fornisce anche all’azienda un flusso costante di entrate nel lungo periodo che Nutanix ha dovuto però scontare con un fatturato globale pressoché stabile nell’anno fiscale 2019 (chiusosi il 31 luglio) rispetto al 2018 (1,24 miliardi di dollari nel FY2019 contro 1,16 nel 2018).
.Next Conf: focus sulle più recenti innovazioni
Con il supporto di diversi specialisti dei singoli ambiti, Rajiv Mirani, CTO Cloud Platform di Nutanix, ha quindi collocato l’evoluzione tecnologica di Nutanix nell’alveo di quelli che ha definito 5 pillar fondamentali: core platform innovation, storage consolidation, business continuity, security, automation (figura 2).
Prima di vederli nel dettaglio, ricordiamo però in estrema sintesi la storia della società che festeggia quest’anno i 10 anni. Nutanix nasce infatti nel 2009 e due anni dopo rilascia il prodotto con messaggio: rendere invisibile lo storage sotto l’hypervisor ESXi di VMware, capacità estesa subito a KVM, l’infrastruttura di virtualizzazione del kernel Linux, e successivamente a Microsoft Hyper V. Nel 2014 viene introdotto il concetto di gestione multicluster, quindi sistemi distribuiti attraverso Prism Central, e l’anno successivo, avendo aggiunto tutta una serie di funzionalità che non erano native in KVM, l’hypervisor nativo Nutanix Acropolis diventa AHV. Nel 2017, insieme ad altri annunci, è stato rilasciato Nutanix AFX che estende i servizi dell’iperconvergenza non solo all’ambiente virtualizzato, ma a tutta una serie di servizi storage avanzati (quindi anche object storage) e lo scorso anno è stato lanciato Nutanix Xi Cloud, una serie di servizi che consentono un livello di astrazione ancora superiore, on top rispetto all’ambiente utilizzato (on premise, cloud o multicloud).
Core platform innovation
“Quello che abbiamo realizzato – ha detto Mirani – è una piattaforma nella quale è per noi relativamente facile aggiungere nuovi prodotti e renderli disponibili”.
Con investimenti raddoppiati negli ultimi mesi, Nutanix ha apportato tutta una serie di innovazioni nella piattaforma core: “I sistemi e le applicazioni stanno cambiando e non solo perché ci sono applicazioni cloud native con architetture completamente diverse dal passato basate su microservizi, container ecc., ma anche perché ci sono nuove tipologie di applicazioni, a partire da quelle di intelligenza artificiale, di analytics come SAP Hana, nuovi sviluppi ambito database. E c’è tutta una nuova generazione di tecnologie, quindi abbiamo introdotto capability per SSD Optane, NVMe controllers ecc.) e tutte le evoluzioni delle tecnologie Flash. Tutte queste innovazioni richiedevano una piattaforma di nuova generazione” (nelle figure 3 – 4 – 5 – 6 sono schematizzate le principali innovazioni introdotte). Rientrano in questo ambito le partnership con i principali vendor e sul palco di Copenaghen è salito Craig Routledge, VP HPE, che, relativamente alla nuova soluzione HPE GreenLake che sfrutta il software Enterprise Cloud OS di Nutanix e la sua tecnologia hypervisor AHV integrata, ha affermato: “Abbiamo sviluppato questa soluzione proprio per lasciare ai clienti la più ampia possibilità di scelta possibile, in modo che siano loro a scegliere, in base alle loro esigenze “.
Storage consolidation, business continuity, security, automation
Nell’ambito della storage consolidation, un passo importante è stato l’implementazione e la gestione di object storage (figura 7); per quanto riguarda la business continuity, Mirani ha illustrato come l’azienda stia lavorando per evolvere le capacità di disaster recovery per portare la replica sincrona fino a 20 secondi di RPO , oltre alla possibilità di orchestrare il disaster recovery su siti multipli e topologie complesse.
“La security per me inizia sempre dalla visibilità”, ha detto Mirani introducendo il quarto pillar e ricordando prima di tutto il servizio di ottimizzazione multi cloud Beam integrato nel sistema operativo Nutanix Enterprise Cloud, che oltre ai cloud pubblici AWS e Azure è stato esteso esteso ai data center on premise; ma il focus del pillar security è su Nutanix Flow che abilita una gestione via software della rete e delle policy di accesso alle applicazioni indipendentemente dall’infrastruttura fisica sottostante (figura 8). “Ma per garantire la sicurezza bisogna che la piattaforma sia intrinsecamente sicura, per cui abbiamo aggiunto importanti capability di sicurezza (figura 9)”.
Per quanto riguarda l’ultimo pillar, automation, Mirani ha detto che per questo ambito i giganti hyperscaler sono stati di grande ispirazione con la transizione dal concetto di automazione del data center a quella di autonomous data center: “Tre sono gli attributi di un data center autonomous: deve essere sicuro, semplice e intelligente. La nostra declinazione di semplicità in questo ambito si chiama Calm (figura 10)”. Ed è in quest’area che si colloca uno degli annunci di Copenaghen: l’integrazione di Calm con la soluzione IT Operations Management di ServiceNow con l’obiettivo di automatizzare i flussi di lavoro critici del cloud privato. Grazie a questa integrazione, i clienti di ServiceNow non solo sono in grado di rilevare automaticamente gli ambienti Nutanix HCI, ma anche di accedere ai servizi IT Nutanix nonché ricevere notifiche dirette di eventi critici correlativi a Nutanix HCI all’interno dei loro cloud privati. Infine l’attributo “intelligente” del pillar automation si declina per Nutanix con Prism Pro che, grazie ad algoritmi di machine learning, è in grado di estrarre grandi volumi di dati di sistema per automatizzare attività comuni e generare approfondimenti per ottimizzare la virtualizzazione, la gestione dell’infrastruttura e le operazioni quotidiane.
Nell’incontro riservato alla stampa Mirani ha indicato i temi sui quali l’azienda si sta ora principalmente focalizzando: “La mobility rappresenta sicuramente un’area di focalizzazione importante; vogliamo indagare maggiormente gli ambiti dell’intelligenza artificiale e machine learning. E poi vogliamo sicuramente concentrarci sull’integrazione tra tutti i prodotti che abbiamo sviluppato e acquisito negli ultimi due anni”.
Nutanix in Italia alla .NEXT Conf: un riconoscimento importante
Con 250 partecipanti dall’Italia, il nostro paese è stato decisamente ben rappresentato e ha potuto godere di una sessione interamente nella nostra lingua, riconoscimento concreto alla country italiana, capitanata da Alberto Felisetti che ha anche avuto la sorpresa di vedere salire sul palco della sessione Andrea Mauro, Direttore IT di Assyrus, cliente storico di Nutanix in Italia.
In un incontro riservato alla stampa con Matteo Uva, Sales Manager Commercial Accounts, e Christian Turcati, Senior Systems Engineer Manager, ci siamo poi soffermati sull’evoluzione dell’approccio multi cloud nostro paese.
Tra pochi giorni potremo conoscere i risultati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano che ci darà un quadro dei trend in atto sull’adozione di una strategia multi cloud nelle aziende italiane, ma abbiamo approfittato dell’incontro con la stampa del management italiano per chiedere a qual è la loro impressione: “Al momento, molte aziende italiane che utilizzano più cloud, lo fanno semplicemente rivolgendosi ai diversi provider per singole applicazioni senza una reale integrazione tra queste e, quindi, senza poter spostare servizi da un cloud all’altro”, dice Uva che prosegue: “L’obiettivo di Nutanix è invece realizzare una versa piattaforma hybrid cloud dove l’utente sia in grado di amalgamare tra di loro i vari servizi di infrastruttura che i diversi cloud provider riescono a dare, tenendone centralmente il controllo ed essendo in grado, di volta in volta e in base ai costi del singolo servizio, di decidere quale servizio utilizzare”.
“Il problema – interviene Turcati – concerne sicuramente un tema di maturità: sebbene ci sia una sorta di zoccolo comune tra i vari cloud provider ci sono delle specializzazioni e gli utenti selezionano i provider in base ai servizi specifici forniti; nel momento in cui i servizi saranno più allineati, sarà più semplice adottare un reale approccio multi cloud”. Ma siamo anche ancora in una fase di transizione dei portafogli applicativi delle aziende: “Molto di quello che è stato spostato in cloud, al momento è ancora di tipo tradizionale. Le applicazioni cloud native sono completamente svincolate dall’infrastruttura, ma per ora molte delle applicazioni che le aziende utilizzano sono ancora di tipo tradizionale: in questo caso, anche quando si tratta di applicazioni più moderne, o modernizzate, ma non realmente cloud native, lo spostamento da un cloud all’altro non è così semplice e richiede competenze tecniche specifiche”.