Cloud migration o, in italiano, migrazione sul cloud come preziosa opportunità di modernizzare l’infrastruttura IT e ottenere efficienza operativa attraverso pratiche di progettazione native del cloud, approcci DevOps, containerizzazione e via dicendo.
Secondo gli ultimi dati degli Osservatori del Polimi, il cloud computing in Italia è cresciuto del 24%. E per la prima volta il gli investimenti in Iaas hanno superato quelli in SaaS, guidati da un forte incremento nella spesa per le virtual machine
A fronte degli innumerevoli vantaggi, il passaggio alla dimensione As a Service non è banale e non è scontato. Gli esperti spiegano come evitare di compiere scelte sbagliate ed errori nella cloud migration.
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Cloud migration significa prima di tutto consapevolezza
Le migrazioni sul cloud possono portare a risultati inattesi ma anche conseguenze impreviste. Ad esempio, capita che gli stessi team IT non siano capaci di capire che qualcosa non sta funzionando nel modo giusto. Per evitare questi problemi, gli amministratori dei servizi sulla nuvola dovrebbero acquisire familiarità con i problemi e gli errori più comuni relativi alla cloud migration.
L’importanza di avere una strategia precisa
Troppo spesso le imprese si avventurano nelle migrazioni cloud senza un piano concreto.
“Il successo del cloud inizia con una strategia cloud definita – spiega Samir Datt, amministratore delegato della società di consulenza Protiviti – che comunica una visione chiara e un piano di gestione del cambiamento. Senza questo sforzo iniziale, le organizzazioni rischiano di essere alla deriva senza un obiettivo o una direzione chiari”.
Una strategia ben costruita non si limita a stabilire dove si vuole andare, ma definisce anche le modalità, le tempistiche e le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi. Include la valutazione del portafoglio applicativo, l’analisi costi-benefici, la stima dei rischi e la scelta dei modelli di deployment (cloud pubblico, privato o ibrido). È fondamentale anche la previsione di un piano di rollback per eventuali problemi post-migrazione.
Un’impresa dovrebbe anche sapere perché vuole migrare sulla nuvola. Per non incorrere in errori, la cloud migration, infatti, non deve essere dettata dalle mode o dalla voglia di imitazione. I team IT devono capire se il passaggio sarà davvero un vantaggio per il business. La migrazione deve essere guidata da obiettivi concreti: ottimizzazione dei costi, miglioramento delle performance, maggiore resilienza, agilità o supporto alla trasformazione digitale.
“Dietro alla cloud migration dovrebbe esserci sempre un motivo preciso – ribadisce Mike Lombardo, direttore della società di consulenza Maven Wave -. Ad esempio, la necessità di avere una maggiore disponibilità di risorse, il desiderio di trasformare i costi da CapEx in OpEx o la necessità di ottenere la scalabilità necessaria all’organizzazione”.
Un errore comune è sottovalutare l’impatto organizzativo e culturale di una migrazione. Senza un adeguato allineamento tra IT e business, e senza una governance strutturata, anche le migliori tecnologie possono fallire. Serve un forte commitment da parte del management e una comunicazione trasparente verso tutti gli stakeholder, affinché gli obiettivi della migrazione siano condivisi e sostenuti a tutti i livelli.
Come sottolineano gli esperti, il presupposto è che per alcune applicazioni la gestione in loco rimane ancora la scelta migliore. Ad esempio, la gestione in un ambiente in cloud potrebbe risultare problematica se si tratta di applicazioni mission-critical, ad alto rendimento o a bassa latenza oppure di applicazioni che includono dati che hanno dei vincoli rispetto a una gestione geografica rigorosa, (come, ad esempio, quelli che rientrano nella sfera del GDPR). In questi casi, l’adozione di una strategia ibrida o multicloud può rappresentare una soluzione più adatta, bilanciando le esigenze di conformità, prestazioni e sicurezza.
Come prepararsi alla migrazione in cloud
Dopo aver valutato se e come le applicazioni in uso siano o meno pronte per passare a una logica in cloud le aziende devono essere preparate a cogliere tutte le opportunità legate alle tecnologie disponibili sul cloud. Questo è l’unico modo per utilizzare appieno le piattaforme disponibili. Il caso è diverso se l’impresa ha già di suo una mentalità di modernizzazione, come ad esempio fare downsizing, introdurre la containerizzazione o utilizzare l’infrastruttura come codice.
Un altro punto importante di attenzione è la scelta dei servizi di contorno e che servono a gestire, monitorare e ottimizzare processi e carichi di lavoro.
Infine, ultimo ma non meno importante, non dimenticare il personale IT. “L’evoluzione dalla tradizionale infrastruttura basata su server – ha aggiunto Lombardo – alla virtualizzazione e quindi al passaggio finale della cloud migration comporta diversi cambiamenti culturali. L’IT con il cloud deve aprire i suoi orizzonti ed essere preparato a cambiare mentalità per aprirsi a modi di fare le cose in modo diverso”.
Come eseguire una migrazione in cloud
L’errore di molti professionisti IT è ritenere che la cloud migration sia semplice quanto l’hosting di carichi di lavoro su un nuovo server che si trova nel cloud. Gli esperti sottolineano invece come ci siano molti passaggi e molte attività in itinere da coordinare.
“Le organizzazioni spesso partono da applicazioni che non sono di tipo mission-critical – ha commentato Sriram Subramanian, Research Director di IDC – anche perché queste, generalmente, sono le più facili da migrare. Questo dovrebbe costituire solo il primo punto di partenza. Le aziende potrebbero aver bisogno di refactoring di alcune applicazioni affinché queste funzionino come applicazioni native o distribuite nel cloud. Sempre e in ogni caso, bisogna essere consapevoli che la transizione potrà richiedere più tempo del previsto”.
Migrare in più fasi: le cose da sapere
In questi casi, gli esperti suggeriscono di migrare i dati e le applicazioni in più fasi. Questo approccio, infatti, non solo mitiga il rischio, ma aiuta anche a rintracciare i problemi. Se nella cloud migration tutto viene spostato in blocco in una volta sola, infatti, il rischio e che l’azienda otterrà il debug dell’intera applicazione solo quando si presenterà un problema. Una migrazione graduale consente invece di testare e validare ciascuna fase, garantendo continuità operativa e riducendo l’impatto su utenti e sistemi.
Ecco alcune linee guida utili al successo di un progetto cloud.
- Coinvolgere un team interfunzionale – Per ridurre al minimo i problemi di migrazione del cloud è necessario anche evitare sforzi insidiosi all’interno dell’organizzazione. Come nella maggior parte delle iniziative trasformative, una chiave per il successo è coinvolgere un team interfunzionale per considerare la strategia, gli obiettivi organizzativi e i modelli finanziari. Il team, secondo AWS, dovrebbe includere esperti IT, responsabili di business, sicurezza, compliance e finanza, per garantire una visione a 360 gradi.
- Ampliare le vision e considerarlo un progetto – La cloud migration non va guardata solo dal punto di vista delle applicazioni o dei carichi di lavoro. Ciò potrebbe comportare che i costi potenziali come la gestione dei dati e le tariffe di uscita dal cloud non vengano esaminati o considerati in modo insufficiente. È invece fondamentale trattare la migrazione come un progetto strategico che include governance, change management, formazione del personale e ridefinizione dei processi aziendali.
- Valutare bene i costi – Scegliere il cloud significa anche avere consapevolezza di tutti i fattori che rientreranno in fattura. Il che dovrebbe presupporre un’attenta analisi prima di effettuare lo spostamento, dal momento che le modifiche alle varie voci di costo potranno comportare problemi di migrazione post-cloud. Le piattaforme cloud appaiono spesso più economiche delle opzioni locali, che richiedono ingenti investimenti iniziali. Ma non sempre è così. Occorre considerare anche i costi associati a refactoring delle applicazioni, formazione, sicurezza, strumenti di monitoring, e gestione post-migrazione.
- Anticipare i costi nascosti e la complessità contrattuale – I servizi cloud vengono generalmente fatturati su base mensile o seguono un modello di prezzi pay-as-you-go. Le aziende, quando costruiscono il proprio budget, devono tenere conto dei costi nascosti (es. egress fee, licenze, scalabilità automatica non controllata) e delle attività ulteriori legate alla necessità di un opportuno supporto e la dovuta formazione. È inoltre utile comprendere in anticipo le clausole contrattuali sui vendor lock-in, ovvero i vincoli che rendono difficile cambiare fornitore cloud in un secondo momento.
- Automatizzare dove possibile – “È anche importante anticipare quanto tempo potrebbe impiegare una migrazione – ha ribadito Subramanian –. Di conseguenza, considera di automatizzare il più possibile la migrazione per tenere traccia delle cose e ridurre al minimo l’impatto sul personale e sulle operazioni.” L’automazione, attraverso strumenti di cloud orchestration, infrastructure as code e piattaforme CI/CD, permette di velocizzare il deployment, ridurre gli errori umani e aumentare la ripetibilità dei processi.
- Prevedere una fase di test e ottimizzazione post-migrazione – Una volta completata la migrazione, il lavoro non è finito. È essenziale monitorare le prestazioni delle applicazioni, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e affinare la configurazione in base al comportamento reale. Le metriche raccolte in questa fase sono preziose per migliorare le future iterazioni o migrazioni successive.
Come cambia la sicurezza nel cloud
Le pratiche di sicurezza sul cloud devono cambiare una volta trasferiti i dati nel cloud. Di fatto, secondo le ricerche è proprio il tema della sicurezza a costituire il principale freno alla cloud migration.
Sebbene le risorse siano normalmente ben protette, è facile creare inavvertitamente vulnerabilità nel cloud poiché molti controlli di sicurezza sono impostati dal cliente.
Le politiche degli accessi, ad esempio, devono essere presidiate con un’attenzione di livello superiore.
Le modifiche per migliorare l’accesso per uno scopo specifico, infatti, spesso vengono apportate su larga scala, il che può aumentare i rischi per gli utenti.
Specialmente quando si tratta di cloud pubblico, non bisogna perdere di vista il fatto che tutte le nuvole hanno un diverso insieme di migliori pratiche e principi di progettazione. Conoscere queste pratiche in anticipo aiuterà gli amministratori in fase di cloud migration, evitando tutta una serie di problemi e mal di testa che, con i dovuti accorgi.