L’evento Pulse 2012 di Ibm è stato guidato da un tema di fondo: andare verso un business senza (più) limiti attraverso una industralizzazione dei servizi supportati dall’It. A Las Vegas, infatti, si sono avvicendati i top executive Ibm più rappresentativi nel ruolo di “leader” a supporto di una trasformazione che mette l’It al centro di “nuovi modelli di business corporate”. La “leadership” degli speaker è emersa soprattutto in virtù della loro esperienza vissuta internamente alla stessa Ibm (e raccontata al pubblico del Pulse2012), una corporation con 427.000 dipendenti in 170 Paesi oggi già avanti nel percorso verso un concetto di smarter computing, di seguito spiegato in dettaglio.
Illustrando la roadmap evolutiva di Ibm, Steve Mills (nella foto), Senior Vp and Group Executive, Ibm Software and Systems, spiega: “Si deve puntare in generale a uno smarter computing capace di applicare i principi di visibilità, controllo e automazione all’insieme di hardware, software e servizi It”. In questo viaggio Mills identifica “due passaggi chiave”. Il primo è dato da standardizzazione, consolidamento e virtualizzazione: “Ibm ha consolidato oltre 5700 server, aumentato l’utilizzo dello storage dal 50% al 90% e soprattutto realizzato una vera “catarsi” del portafoglio applicativo passando da 15.000 applicazioni nel 1997 a 4500 nel 2012”, descrive Mills.
La società è partita analizzando i workload applicativi e i processi di business collegati da cui ha poi dedotto una classifica in base alla quale sono stati definiti i servizi It di supporto. Nello specifico, Ibm ha identificato quattro tier di applicazioni classificate e ordinate in base ad un “profilo di supporto” (dalle applicazioni più esigenti, quelle cioé che richiedono maggior supporto, a quelle meno) e ne è emersa una mappa che vede: un 3% di applicazioni Gold e Silver definite critiche, un 16% di Gold e Silver multi country, un 16% di Bronze e Silver single country e infine un 65% di applicazioni interne identificate come Blu. Ne emerge che l’80% delle applicazioni è stata raggruppata in livelli (tier) 3 e 4 (quindi non così esigenti) con costi di servizio e supporto “drammaticamente ridotti”.
Costi sempre più ridotti
Sul tema del consolidamento, Mills non rinuncia certo a citare una strada sempre aperta all’abbattimento del Tco. “La strada scelta per il consolidamento dei workload è quella su mainframe con System Z Linux che ha portato a un dimezzamento dei costi di acquisizione e manutenzione dell’hardware, nonché dei costi del personale It”, osserva il manager di Ibm. “Ma sono soprattutto i costi del software che, con la virtualizzazione, si sono ridotti ad un terzo, con le licenze crollate del 93%”.
Il secondo “passaggio chiave” viene dallo sfruttamento delle tecnologie cloud e social network: “In ambito sviluppo e test, il server provisioning in Ibm si è ridotto da 5 giorni a 1 ora grazie al cloud.”, puntualizza Mills. “Nella collaboration (Mills ricorda con orgoglio che Ibm è “la corporation con il maggior volume di traffico al mondo nell’uso di social network, con migliaia di comunità coinvolte”), lo Smart Cloud per il Social Business è assicurato dai servizi Lotus Live, e abbiamo all’attivo ormai più di 300 milioni di minuti di collaborazione in meeting remoti”.
Il tema della collaborazione va di pari passo con quello degli Analytics e dei Big data. “L’accesso agli Analytics, sempre grazie al cloud, si è aperto a più di 200.000 dipendenti di Big Blue, con un accesso federato a un unico super database, un “Big data interno Ibm” con qualcosa come 100 fonti informative in più di 1 petabyte di dati”, illustra Mills.
Di qui la visione di una azienda che la stessa Ibm descrive come “Insight driven”, pilotata cioè da una profonda percezione di intelligence disponibile in tutti i suoi processi, da Pianificazione e Forecast a Sviluppo a Manufacturing dei prodotti, da Marketing & Sales a Risorse umane e Risk Management, ecc. “In buona sostanza – dice Mills – Ibm è arrivata ad un livello avanzato nel percorso verso il “Business senza limiti”, quello in cui relazioni, servizi e prodotti per i clienti sono pervasivamente supportati da processi basati sull’It, o meglio su informazione e intelligence grazie all’It”.
Quanto all’infrastruttura e ai servizi It, come li conosciamo, qual è il loro futuro in un nuovo contesto in cui nascono problemi sia dalla scalabilità sia dalla federazione senza precedenti cui sono chiamate le infrastrutture fisiche, oltre che dall’innovazione imposta dalla consumerizzazione dell’It e dall’esigenza di consumabilità ubiqua, dettata dalla mobilità incombente? Se lo è chiesto Erich Clementi (nella foto), Senior Vp Ibm Global Technology Services, che dice: “I confini dell’It sono cambiati: si va verso l’astrazione dell’infrastruttura e l’erogazione di servizi basati sull’It disponibili ovunque, sempre e da ogni dispositivo”.
“È alle porte una nuova generazione di servizi trainati da nuovi modelli applicativi, che vanno oltre il Saas, nascono direttamente nel cloud – osserva Clementi -. Un esempio su tutti? Servizi di Analytics in contesti Big data forniti dagli stessi cloud provider. E che cose serve dunque? La risposta è l’industrializzazione dei servizi a supporto It. Ciò che Toyota ha fatto, per esempio, alle linee di assemblaggio nel manufacturing moderno per costruire auto è oggi applicato anche ai servizi finali che vengono “assemblati” componendo servizi più elementari, tutti basati profondamente sull’It”.
Ma questo livello di industrializzazione non regge se non con un adeguato alto livello di visibilità, controllo ed automazione. “È logico che questa rivoluzione della It supply chain produca una It pervasiva in tutti i settori aziendali”, osserva Clementi. Quella che Forrester da tempo chiama Business Technology. E si capiscono meglio le parole d’ordine che girano: “Rethink It” come prerequisito assodato a “Reinvent the Business”.