Secondo il 91% delle aziende, l’introduzione di strumenti digitali è fondamentale. Ma a che punto è la digitalizzazione delle Pmi? La consapevolezza riguardo lo stato di innovazione digitale aumenta con la dimensione dell’impresa: tra le imprese con più di 20 dipendenti, l’82,4% si dichiara soddisfatta del proprio avanzamento in termini di digitalizzazione, ma il 38% lo considera ancora insufficiente. Le aziende con una consapevolezza più matura sono quelle appartenenti al settore dei Servizi alle imprese, di cui il 76% risulta soddisfatto del proprio livello di digitalizzazione.
Sono questi i primi risultati che emergono dalla ricerca avviata nell’ambito del progetto di divulgazione, info-formazione e ispirazione culturale sui processi di trasformazione digitale delle piccole imprese italiane denominato PMI Digital Lab, promosso da CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e Talent Garden, la piattaforma di riferimento in Europa per il networking e la formazione nell’ambito dell’innovazione digitale e realizzato in partnership con Comau, Olivetti, Samsung, TIM attraverso il programma di open innovation TIM WCAP, UniCredit e in collaborazione con PwC Italia.
Il campione e la mission dell’indagine
Al fine di indagare il livello di digitalizzazione delle PMI italiane, le tecnologie più rilevanti per supportare la loro crescita, le competenze necessarie, ma anche le opportunità e le sfide che si delineano in questo ambito, è stato avviato un Osservatorio tematico che ha raccolto le evidenze di oltre 1.400 aziende italiane tra i primi giorni di agosto e la prima decade di settembre.
Un corpo complesso e frazionato, difficile da analizzare in maniera lineare a causa di differenti aspetti dal punto di vista dimensionale, ma anche settoriale. Differenze che rischiano di generare distorsioni interpretative nelle analisi, che spesso non considerano le imprese di micro-piccole dimensioni, il che stride con il tessuto imprenditoriale italiano, composto per oltre il 95% da imprese con meno di 10 dipendenti.
Le esperienze digitali alimentate dai progressi tecnologici sostituiscono progressivamente le interazioni tradizionali. Spesso ciò accade non perché le aziende scelgano di proposito la trasformazione digitale, piuttosto in risposta alla necessità di trasformarsi per rimanere sul mercato e conservare il proprio business. La sfida è contribuire a rendere queste imprese protagoniste di questi processi, consapevoli che possono e devono essere proattive, per non essere travolte da cambiamenti la cui velocità è davvero impressionante.
Digitalizzazione Pmi e non solo: sentiment positivo, motivazioni e aree di intervento prioritarie
Solitamente le imprese si sottovalutano in virtù di una forma di “complesso di inferiorità” tipico del nostro tessuto imprenditoriale. Non è però questo il caso: la maggior parte delle imprese indagate ritiene soddisfacenti i propri livelli di digitalizzazione, e questo vale soprattutto salendo nella classe dimensionalmente più elevata, in cui oltre l’80% si ritiene molto o abbastanza digitalizzato.
I processi di digitalizzazione che l’impresa segue dipendono dagli stimoli esogeni derivanti dal mercato e dalle modifiche normative. Le motivazioni riguardano un incremento di efficienza, un miglior accesso e uso dei dati, l’adeguamento alle normative, lo snellimento delle pratiche e l’innovazione di prodotto/servizio. Col crescere della dimensione, si accentuano anche elementi quali l’attenzione al cliente, la migliore gestione degli ordini, la condivisione e l’integrazione delle informazioni ed è molto più alta la ricerca dell’efficienza.
Gli imprenditori rilevano che le aree in pieno focus da attivare sono principalmente quelle relative alla assistenza e cura dei clienti, alla comunicazione e al marketing, nonché l’attenzione ai processi interni. All’aumentare della dimensione, aumenta il peso delle motivazioni di interesse per i processi interni e per la produzione, e si eleva anche il livello di interesse derivante dalla progettazione. Tra le Pmi le imprese più piccole dimostrano il loro spiccato interesse più diretto al mercato, pertanto le motivazioni che spingono ad attivare processi di digitalizzazione derivano maggiormente dalla comunicazione e dal marketing.
In relazione ai settori delle imprese oggetto d’analisi, per le imprese manifatturiere e produttive le aree più interessate sono Progettazione e Produzione. Per il settore delle costruzioni l’area più importante è quella dei processi interni. L’assistenza ai clienti è ritenuta particolarmente importante per Costruzioni, Commercio, Servizi (sia alle Imprese, sia alle Persone). L’area di comunicazione e marketing interessa specialmente il settore del Commercio, ugualmente interessato alla logistica.
Da un punto di vista di localizzazione geografica delle imprese è da rilevare un più marcato peso dell’area comunicazione e marketing nel Centro e nel Mezzogiorno del Paese.
Le PMI per la loro digitalizzazione utilizzano risorse proprie non ricorrendo a incentivi, gli investimenti sono scarsi
Nonostante le imprese oggetto d’analisi dichiarino un discreto livello di digitalizzazione, le stesse ritengono di non investire abbastanza. Oltre il 57% ritiene di spendere poco (46,4%) o niente (10,7%) per la digitalizzazione, cifra che sale al 63% nelle imprese con meno di 5 addetti. Le imprese con più di 20 dipendenti ritengono, invece, di spendere sufficientemente per sostenere tali processi. Rispetto ai settori, i più attenti sono quelli riferiti ai Servizi alle Imprese, in cui oltre il 52% ritiene di spendere abbastanza o molto. Dal punto di vista geografico, ritengono di spendere meno le imprese del Centro e del Mezzogiorno, in cui solo poco più del 35% pensa di spendere abbastanza o molto.
Principalmente le Pmi per la digitalizzazione hanno agito e continuano ad agire, con risorse proprie e senza l’utilizzo di altri incentivi. Alla crescita dimensionale dell’impresa si accompagnano l’aumento di credito bancario e l’ottenimento di incentivi pubblici. In merito alle risorse utilizzate, altissima è la percentuale di chi sostiene di avere utilizzato mezzi propri (70%) che supera il 75% se si considerano tra questi anche le risorse famigliari. Solo il 20% ha utilizzato credito bancario, cifra che sale al 30% per le imprese con più di 10 addetti. Non arriva all’1% chi afferma di avere utilizzato fondi o strumenti di finanza innovativa (crowdfunding tra tutti) poco più elevato (2%) nel settore del commercio e nel Mezzogiorno.
Solo il 22,8% dei rispondenti ha utilizzato incentivi per promuovere processi di digitalizzazione, percentuale che scende al 14,3% per le imprese con meno di 5 addetti, ma che sale col crescere della dimensione aziendale. Oltre il 58% delle imprese con più di 20 dipendenti ha utilizzato incentivi pubblici per supportare investimenti innovativi. Si conferma come il taglio delle misure di incentivazione non sia coerente con le caratteristiche di gran parte del nostro tessuto produttivo, che fatica a cogliere queste opportunità.
Molto utilizzati sono stati gli strumenti riferibili al Piano Impresa 4.0, ma hanno trovato interesse e gradimento anche bandi Camerali e Regionali. Il settore che ha maggiormente usufruito di incentivazioni è quello della Produzione, in linea con le caratteristiche del Piano Impresa 4.0, mentre meno di tutti ne ha ottenuti il settore delle Costruzioni. Non vi sono particolari differenze dal punto di vista geografico, a parte un maggiore ricorso ai bandi regionali nel Mezzogiorno, probabilmente da riferirsi alle maggiori risorse disponibili grazie ai Fondi Europei.
Le tecnologie più conosciute e accessibili sono quelle più abilitanti e su cui occorre investire
Quasi tutto il campione di Pmi italiane (il 91%) concorda nel ritenere fondamentale la digitalizzazione e in particolare l’introduzione e l’uso di strumenti e pratiche digitali, percentuale che sale col crescere delle dimensioni dell’impresa. Le differenze insistono sulla tipologia di strumenti necessaria, spesso in relazione all’attività svolta dall’impresa.
Tra i settori, chi ritiene assolutamente fondamentale l’introduzione di strumenti digitali, è quello dei Servizi alle Imprese, che sente maggiormente gli stimoli del mercato così come la necessità di adeguarsi per qualificare la propria azione. Le imprese del Mezzogiorno risultano leggermente più attente di altre nella lettura di questi bisogni.
Le tecnologie ritenute più rilevanti sono quelle “più conosciute ed accessibili”, quali tablet, smartphone e wearable, che interessano soprattutto le imprese più piccole e quelle del settore dei Servizi alla Persona. Sono ritenuti importanti anche i sistemi di pagamento, cloud, sistemi informativi gestionali, e sistemi di e-commerce, questi ultimi particolarmente apprezzati dalle imprese più piccole.
All’aumentare della dimensione dell’impresa, cresce anche la consapevolezza dell’utilità di strumenti più peculiari. Infatti, emergono valutazioni significative anche per i sistemi di tracciabilità, per le soluzioni per la manifattura avanzata, simulazioni di prodotto, manifattura additiva, Big Data, Integrazione verticale, IOT, Cybersecurity.
Tra i settori, rilevanti risultano le soluzioni per la manifattura avanzata, la manifattura additiva e le simulazioni di prodotto per il manifatturiero i sistemi di e-commerce e i sistemi di pagamento per il commercio, cloud, Big Data per Servizi alle Imprese, e i sistemi di pagamento per Costruzioni e Servizi alla Persona. Nei fatti le risposte risultano coerenti con le peculiarità dei diversi settori. Non emergono differenziazioni significative dal punto di vista geografico.
Anche le tecnologie su cui si ritiene di investire sono quelle più diffuse e accessibili (tablet, smartphone, e wearable), ma con un peso meno significativo rispetto all’evidenza rilevata precedentemente. Tra le imprese con più di 20 addetti, l’interesse ad investire su queste tecnologie si dimezza, rispetto alla media. Trovano attenzione i sistemi informativi gestionali, il cloud, i sistemi di e-commerce e quelli di pagamento. Molto meno, però, anche in questi ultimi due casi, tra le imprese con più di 20 dipendenti.
Ancora una volta, le imprese più grandi ritengono necessario investire anche sulle soluzioni per la manifattura avanzata, per integrazioni verticali e/o orizzontali, per la cybersecuirty, per Big Data e Analytics e per i sistemi di tracciabilità. La sensazione è che vi sia, col crescere della dimensione dell’impresa, una maggiore conoscenza e consapevolezza delle potenzialità di alcune tecnologie.
In merito ai settori, il Manifatturiero è orientato ad investire maggiormente in soluzioni per la manifattura avanzata, manifattura additiva, simulazione di prodotto e sistemi di tracciabilità, mentre il Commercio è più propenso ad investire in sistemi di e-commerce e sistemi di pagamento; i Servizi alle Imprese ritengono più importante investire in Cloud e Big Data e Analytics e i Servizi alla Persona in sistemi di pagamento e geolocalizzazione. Rispetto alle aree geografiche, l’unico elemento rilevante risulta essere un più marcato interesse delle imprese del Mezzogiorno ad investire nell’e-commerce.
Mancano le competenze e la tendenza alla partnership
Dall’analisi emerge una carenza di risorse finanziarie e uno scarso utilizzo di risorse economiche diverse da quelle proprie, ma si evidenziano soprattutto carenze di competenze interne e difficoltà di assumere personale esperto. Molte delle voci sono riconducibili a questo aspetto, alcune esplicitamente (mancanza di competenze) altre in modo indiretto (difficoltà di gestione dei processi di cambiamento, resistenze del personale, difficoltà ad assumere personale esperto), che rappresentano di gran lunga la carenza più evidente. La dimensione in questo caso è un fattore determinante anche e soprattutto per gli interventi formativi sviluppati.
Da rilevare, alcune carenze di carattere esogeno, quali la mancanza di partner adeguati: poco meno del 70% degli intervistati dichiara di avere ottenuto supporto da soggetti con cui si è relazionato, un dato non banale, posto che spesso le imprese, specie quelle di minori dimensioni, tendono a non condividere le proprie problematiche.