Molte aziende e organizzazioni stanno fronteggiando profondi cambiamenti nel loro settore di attività. Queste trasformazioni pongono sfide cruciali a chi si occupa di definire, ridefinire e gestire gli obiettivi di business, i processi, le competenze e il modo di lavorare delle risorse umane, e gli asset strumentali. Il primo obiettivo è mantenere le organizzazioni agili ed efficienti: in due parole, competitive e redditizie. Un secondo obiettivo è agire d’anticipo, non limitandosi a reagire prontamente alle nuove dinamiche dei mercati, ma addirittura a proporre da protagonisti nuovi modelli di business. In questo secondo caso diventa necessario, non solo essere in grado di rimodulare i flussi di lavoro esistenti, ma anche di crearne di nuovi in modo rapido e flessibile (con le caratteristiche, cioè, di poter essere velocemente e semplicemente sviluppati, testati, modificati e migliorati). Stiamo parlando di workflow automation.
Collaborazione aziendale: un tema chiave
Una delle caratteristiche più note delle aziende, soprattutto di quelle di medie e grandi dimensioni, sono le rilevanti quantità di prodotti e servizi che il mercato si aspetta da loro, con determinate caratteristiche di qualità, performance, personalizzazione, time-to-market e convenienza. La quantità di prodotti e servizi che un’azienda deve essere in grado di fornire per posizionarsi come un fornitore di riferimento per più categorie di offerta (a meno che non decida di essere di nicchia), la velocità con cui deve essere in grado di rispondere alle richieste dei clienti (per non surclassata dai competitor) e la complessità crescente dei beni e servizi in termini di caratteristiche, funzionalità, personalizzazione ecc. hanno sempre richiesto, ma chiedono tanto più oggi, che le organizzazioni siano dotate di una sufficiente quantità di risorse umane con differenti profili: operativi, manageriali, creativi e così via.
Queste risorse devono essere poter conoscere rapidamente (ed eventualmente contribuire in qualche misura a definire) gli obiettivi di business dell’azienda e le strategie per il loro perseguimento. Quindi, devono apprendere il loro ruolo operativo, sapere chi sono le persone con devono collaborare (e a volte non sono poche, data la quantità di lavoro da svolgere), quali sono le tecnologie coinvolte nella loro attività e a quali persone fare riferimento per ricevere direttive o segnalare eventuali problemi.
In quasi tutti i mercati il tema della collaboration aziendale è diventato un aspetto chiave: un ambito da curare con attenzione a partire dall’imprenditore o dall’amministratore delegato, scendendo verso il basso attraverso la dirigenza, i responsabili delle linee di business, i gestori dei reparti o degli uffici, fino ai singoli membri dei team operativi. E questo sia che tali team siano composti da persone che lavorano solo alla scrivania in un ambiente on premise, sia che siano più diversificati, con colleghi che lavorano in mobilità sul campo, presso sedi periferiche, da casa e così via.
L’evoluzione dei software di collaboration
I software di collaborazione rappresentano una categoria IT che esiste da diversi decenni. In passato, però, non avevano funzionalità molto complesse in quanto si limitavano ad automatizzare solo alcune delle attività. Inoltre, il loro utilizzo era quasi sempre confinato a specifici gruppi di lavoro (di qui il termine di “teamwork”, che spesso viene abbinato a questi strumenti IT).
Dovendo fondamentalmente velocizzare e rendere più accurate alcune attività che fino a quel momento erano gestite in modo manuale o con la comunicazione interpersonale, fin dall’inizio si è posta l’attenzione su funzionalità, tuttora importantissime, quali le rubriche e le agende condivise. Per molti anni i collaboration software hanno potuto essere implementati quasi esclusivamente a livello di singoli uffici, sedi, e con una scarsa se non nulla copertura delle aree aziendali più legate alla produzione e alla logistica.
A cambiare tutto sono è stato l’avvento, negli anni Novanta, dell’email e del web, entrambi basati su protocolli open e condivisi a livello mondiale (IP, HTTP, etc.). Così come avviene ancora oggi, le tecnologie alla base della posta elettronica e del web hanno allora iniziato ad essere implementate internamente alle aziende, creando ambienti internet privati in grado, però, di comunicare con gli stessi linguaggi con il mondo esterno. Oggi, invece, assistiamo a un fenomeno differente: l’utilizzo di piattaforme di Collaboration software disponibili del tutto off premise come Software as a Service (SaaS)
La sostituzione di tecnologie di comunicazione chiuse con quelle internet non è stata però l’unico fattore cruciale per il cambiamento dei software di Collaboration. Fra gli altri i più importanti avanzamenti tecnologici, che continuano a registrare passi avanti, ne spiccano due in particolare:
- la convergenza fra i Collaboration software e i sistemi di Document Management (nati per smaterializzare i documenti e gestirli digitalmente) e i sistemi di Enterprise Content Management, o ECM (progettati per la raccolta, creazione, indicizzazione, pubblicazione e archiviazione di contenuti digitali);
- un secondo, e sempre in “in divenire” processo di convergenza, è quello fra tecnologie sviluppatesi nell’ecosistema di internet e quelle create dagli operatori di telecomunicazioni fisse e mobili, per la fonia o il traffico di contenuti testuali, audio e video.
Come realizzare la Workflow Automation
L’interoperabilità esistente fra le soluzioni di Collaboration e quelle di Documenta Management e Enterprise Content Management è il fattore che finora ha svolto il ruolo di principale abilitatore la realizzazione di ambienti di Workflow Automation. Oggi sul mercato sono disponibili piattaforme che permettono a questa disciplina di realizzare le promesse con cui era già stata lanciata anni orsono:
- maggiore agilità dei flussi di lavoro ripetibili in cui più attori diversi sono coinvolti nel conseguimento di uno stesso obiettivo (task);
- facilitazione del loro design e del loro cambiamento;
- semplificazione delle attività di tracking e monitoraggio dei processi.
Come possono le piattaforme di automazione dei workflow perseguire tutti questi obiettivi? Innanzitutto, mettendo a disposizione funzionalità che consentono di visualizzare elenchi di task aziendali e il disegno di processi che permettono il completamento di questi task attraverso l’orchestrazione di attività che devono essere svolte dalle persone e altre che, invece, possono essere eseguite in modo automatico.
Considerata l’importanza che continua ad avere il capitale umano per il successo di qualsiasi attività di business, anche una piattaforma di Workflow Automation dovrebbe avere un approccio user-centric (centrato sull’utente). In termini concreti ciò significa che, nel predefinire le regole di assegnazione e di svolgimento delle attività di un workflow automatizzato, sia chi disegna il processo, sia la piattaforma stessa, dovrebbero fare leva sulle tecnologie di Workflow Collaboration già impiegate dagli utenti, il loro modus operandi e le loro aspettative di miglioramento del modo di lavorare dell’esperienza utente (User Experience) offerta dalle tecnologie.
Fra le ulteriori funzionalità di una piattaforma di Workflow Automation, infine, non possono mancare funzionalità di tracking delle attività svolte (fino al livello del singolo operatore, ovviamente senza finalità contrarie all’etica del lavoro), strumenti di analisi dei processi (sempre più basate anche sull’uso dell’Artificial Intelligence e del Machine Learning), e tool di reporting delle Key Performance Indicator (KPI). Il tutto al fine di evidenziare in modo rapido, accurato e proattivo problematiche da risolvere o opportunità di miglioramento.