Micro Focus non è più da tempo solo la società del Cobol, come per molti anni è stata riconosciuta sul mercato. Il business oggi è suddiviso in tre macro aree, come ci spiega Malcolm Collins, President of Sales della società che ZeroUno è riuscita ad incontrare in occasione di un suo recente viaggio in Italia. “È vero, non siamo più focalizzati solamente in ambito Cobol ma uno dei pilastri della nostra strategia riguarda la modernizzazione applicativa e non possiamo certo dire che questa non abbia a che fare con il Cobol; anzi, tutt’altro, considerando che moltissime applicazioni del mondo Finance, del Government ma anche in ambito manifatturiero sono ancora basate su questo linguaggio”, spiega Collins.
E in effetti, stando ai dati di una ricerca di Butler Group il Cobol è il linguaggio di programmazione sul quale si basano, ancora oggi, moltissime tipologie di transazione (utilizzo dei telefoni cellulari, carte di credito, bancomat, viaggi, ecc.). Secondo le stime fatte dalla società di analisi, il 60-80% delle imprese mondiali basa tutt'oggi le proprie attività di business su questo linguaggio. “Il Cobol, di fatto, è stato il linguaggio predominante nello sviluppo delle applicazioni aziendali per la maggior parte di questi ultimi 50 anni. Le applicazioni e i sistemi scritti con questo linguaggio restano ampiamente utilizzati presso tutti quei settori che investono significativamente nell'It, come ad esempio la finanza, la pubblica amministrazione, l'industria, le telecomunicazioni”, sottolinea Collins. “E dato che noi basiamo le nostre fondamenta sul Cobol (ricordiamo che Micro Focus si è distinta dal 1977 per aver proposto al mercato una versione Open Cobol proprio con l’obiettivo di facilitare il funzionamento e la migrazione delle applicazioni da un sistema ad un altro – ndr), è innegabile che per noi rappresenti ancora un business importante soprattutto perché oggi è un linguaggio in grado di supportare le tecnologie a oggetti, l’interscambio di dati Xml, l’integrazione con Java, le piattaforme J2EE, .Net, le architetture Soa, virtuali e cloud”.
A dimostrazione delle parole di Collins c’è la roadmap tecnologica di Micro Focus: all’inizio di quest’anno la società ha lanciato Visual Cobol R3 per rendere disponibile il ‘vecchio linguaggio’ sulle piattaforme Windows, Linux, Unix, .Net e in ambienti Java Virtual Machine e Windows Azure (in questo modo, partendo da un'unica sorgente di codice, Cobol, è possibile eseguire la stessa applicazione su piattaforme differenti evitando sviluppi di codice aggiuntivi o specifici per ciascuna piattaforma).
“Il valore concreto che la modernizzazione rappresenta per le aziende è dato dalla possibilità di poter sfruttare le applicazioni esistenti con tecnologie e infrastrutture più moderne”, interviene Pierdomenico Iannarelli, country manager per l’Italia e Igme regional manager (Israele, Grecia, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi). “Da un lato, significa salvaguardare le applicazioni custom, che per le aziende rappresentano ancora un valore di business; dall’altro, modernizzare le applicazioni senza stravolgere l’usabilità e la fruibilità da parte dell’utente aziendale (cioè la user experience)”.
E questo ci porta dunque a capire il secondo pilastro del business di Micro Focus, quello incentrato sulle Mainframe Solutions. “Il mainframe è tutt’altro che morto – commenta Collins – e riveste ancora un ruolo centrale all’interno dei sistemi informativi sia delle aziende sia dei nuovi soggetti che si stanno delineando sul mercato (come i cloud service provider). Gli ambienti mainframe hanno ancora un enorme potenziale grazie alla loro affidabilità; tuttavia, le applicazioni basate su questi sistemi sono ormai ‘anacroniste’ e non sono più all’altezza delle aspettative degli utenti, abituati ad interfacce molto più ‘friendly’. Le nostre soluzioni specifiche per mainframe consentono di passare ad interfacce più moderne oppure di effettuare il re-hosting su piattaforme server standard senza però modificare le applicazioni”.
Per questa seconda area di business, Micro Focus propone una serie di tool della gamma Enteprise; in particolare: Enterprise Analyzer (per analizzare a fondo le applicazioni e capire gli impatti del re-hosting e degli interventi di modernizzazione); Enterprise Developer (mette a disposizione un Ide-Integrated Developmnet Environment che trasforma il classico ambiente di sviluppo testuale a caratteri verdi dei mainframe in un sistema simile a quello offerto da linguaggi come Java); Enterprise Test Server (la soluzione sposta automaticamente i cicli di test in ambienti server); Enterprise Server (piattaforma per il re-hosting).
Il terzo pilastro del business Micro Focus è relativo al mondo del testing: “Per noi rappresenta un ambito molto importante – commenta Collins – ed è forse il focus principale su cui l’azienda sta puntando a livello globale, anche per capitalizzare le acquisizioni, prima fra tutte quella di Borland”. Ricordiamo, infatti, che Micro Focus si è aperta la strada nel mondo dell’Application Testing e dell’Automated Software Quality attraverso due importanti acquisizioni: la divisione Compuware dedicata a questi ambiti e Borland, appunto (entrambe avvenute nel 2009). “Oggi l’integrazione tecnologica delle soluzioni è ultimata e vediamo un mercato florido e in fermento – conclude Collins -. Gli aspetti di qualità del software e l’importanza del testing sono sempre più critici, da un lato, perché il business delle aziende si basa quasi completamente sulle applicazioni It; dall’altro, perché trend come la mobility e il cloud spingono verso rilasci sempre più veloci che non devono però compromettere qualità, performance, affidabilità e sicurezza del software”.