In questo periodo di emergenza sanitaria, il 73% delle aziende italiane ha introdotto il lavoro da remoto in maniera massiva applicandolo alla totalità, o alla quasi totalità, dei lavoratori che, per svolgere il proprio lavoro, non necessitano altro che di un computer, programmi e accessi ai sistemi aziendali e una connessione. Una quota che supera il 90% se ci si riferisce alle multinazionali straniere con sede in Italia, per le quali lo smart working, nel senso reale del termine (quindi con un’adeguata organizzazione nonché dotazione tecnologica), era già una realtà prima della diffusione del Covid-19.
È quanto emerge da una recente indagine di Bva Doxa che rileva anche come l’adozione dello smart working si sia rivelata una sorpresa positiva: ben il 90% esprime un giudizio favorevole in termini di efficienza e gestione ottimale dell’attività lavorativa. E l’indagine evidenzia anche che non si tratta di un fuoco di paglia: per due aziende su cinque (in particolare quelle attive nei settori finance, utilities e TLC) i cambiamenti organizzativi introdotti in questo periodo saranno continuativi anche a emergenza finita.
Ed è proprio da questi dati che siamo partiti per un confronto con Mattia Macellari, direttore commerciale di Cata Informatica (system integrator, impegnato in progetti d’innovazione delle PMI italiane) e Presidente di Assolombarda Servizi, per capire se questo trend sta coinvolgendo anche le PMI.
Lo smart working, infatti, è un tema multidisciplinare dove le tecnologie per rendere più mobili e flessibili le organizzazioni aziendali ci sono, ma devono essere accompagnate da rinnovamenti organizzativi e culturali dell’impresa: “Lo smart working ha a che fare con la tecnologia, ma anche con la formazione delle persone, la capacità di auto-organizzarsi fuori dall’ambiente d’ufficio – conferma il manager –. È qui che si vede la differenza tra le grandi aziende distribuite tra sedi e filiali, con dipendenti già abituati a collaborare a distanza e le PMI”.
Il problema del software legacy e delle prestazioni
Sul piano tecnico, un ostacolo allo smartworking è l’uso frequente nelle PMI del software legacy e quindi di front-end che, esposti all’esterno, rappresentano un rischio per la security. Macellari accenna a molte applicazioni fortemente customizzate: “A differenza del lavoro in ufficio, dove è sempre possibile coordinare le attività con i colleghi, nello smart working le prestazioni sono tutto; non si può lavorare se il software non è affidabile e non dà risposte nei tempi appropriati”.
Macellari cita l’esperienza di aziende che hanno già deciso di migrare i loro sistemi verso infrastrutture in cloud e reso più sicura ed efficace la produttività a distanza attraverso l’adozione delle piattaforme di collaborazione come ad esempio Google Suite (di cui Cata è partner): “Le aziende che avevano già avviato processi di rinnovamento sono quelle che oggi, nell’emergenza, si sono trovate nelle condizioni migliori: non solo perché possono accedere da remoto alle applicazioni in sicurezza e con ottime performance, ma anche perché hanno un’organizzazione del lavoro efficace per lo smartworking”.
Rinnovamenti necessari e accelerazioni nel go-to-cloud
Aggiornare le applicazioni software con le quali la PMI lavora è un compito complesso che richiede pianificazione e preparazione: “Sia dal lato delle persone, cambiando le modalità di lavorare, sia pianificando gli investimenti necessari per dotarsi delle migliori soluzioni.
L’emergenza del Covid-19 ha portato a un’accelerazione nei processi di migrazione in cloud delle applicazioni core aziendali: “L’emergenza ha accelerato un trend – spiega Macellari -. Il cloud diventa un mezzo per garantire la continuità operativa qualora non fosse possibile accedere ai locali e ai sistemi aziendali. In questi giorni stiamo gestendo migrazioni sistemi gestionali da on-premise a infrastrutture di cloud privato in grado di garantire superiori livelli di sicurezza”.
Pianificare l’evoluzione IT per garantire la business continuity, ma ci vuole il partner giusto
Molte PMI fanno fatica a mettere a disposizione degli utenti gli strumenti per lavorare in mobilità. Nella prospettiva della continuità aziendale, garantire l’accesso a strumenti digitali che rispettino i requisiti di sicurezza, funzionalità e user experience, è vitale: “Tanto quanto, ad esempio, l’approvvigionamento di materie prime per un’impresa manifatturiera – precisa Macellari -. La continuità del business e la guida verso la crescita aziendale ha bisogno, oggi più che mai, di un sistema informativo adeguato, moderno, e scalabile al mutare delle condizioni operative dell’impresa.
La digitalizzazione dei processi e l’aggiornamento dei sistemi informativi non sono più soltanto una leva per la competitività d’impresa: “Negli ultimi mesi d’emergenza si sono rivelati necessari per la stessa sopravvivenza delle aziende – continua Macellari -. Da un giorno all’altro imprenditori e manager si sono trovati a dover gestire, oltre alla priorità di garantire la salute dei propri collaboratori, ad impostare il lavoro distribuito su più sedi anche per funzioni e profili che normalmente lavoravano in sede. A parte questo periodo contingente è fondamentale, anche per le PMI, la pianificazione di una strategia evolutiva dei sistemi informativi ed in generali delle piattaforme digitali a supporto del business”.
E questa emergenza ha sicuramente contribuito ad aumentare questa consapevolezza nelle PMI, ma non è semplice perché, come dicevamo all’inizio, si tratta di intervenire anche sull’organizzazione e, quindi, queste realtà hanno bisogno di relazionarsi con partner che, ancora più che in passato, siano in grado di supportarli in tutto il processo, non solo sui temi tecnologici: “Certo, quando lavori con una PMI – conferma il manager di Cata Informatica – non puoi essere solo un system integrator, devi essere prima di tutto un consulente per aiutarla a compiere la scelta migliore e più idonea alla propria realtà. Faccio un esempio: il processo autorizzativo nelle PMI è molto spesso manuale, con la firma del responsabile sulla conferma d’ordine mentre oggi abbiamo soluzioni che consentono di approvare un’attività con un semplice click sullo smartphone. Ma se lo si vuole digitalizzare non è sufficiente implementare un software di document management e la firma digitale: l’azienda deve essere supportata nella revisione del proprio processo perché possa essere tradotto in software in modo efficace”.
L’impegno di Cata a supporto dell’emergenza
E per quanto riguarda questo periodo di emergenza, Cata, da sempre attrezzata per dare supporto ai clienti indipendentemente dalle location, non ha avuto problemi a offrire servizi nei momenti più difficili: “Fin dai primi giorni tutti i nostri tecnici e consulenti hanno operato in smart working– spiega Macellari -. abbiamo organizzato e garantito servizi di help desk e di implementazioni su tutte le nostre soluzioni a portafoglio”.
Non potendo contare su incontri diretti, Cata ha organizzato un piano di webinar: “Per aggiornare i clienti sull’uso da remoto delle loro soluzioni – precisa Macellari -. Abbiamo realizzato una serie di corsi di formazione via web gratuiti per i responsabili IT dei nostri clienti per spiegare, ad esempio, come rendere più sicuri i collegamenti da remoto, oppure ancora momenti rivolti agli utenti finali delle nostre piattaforme software nei quali abbiamo spiegato come usare al meglio gli strumenti di lavoro in mobilità”.
Infine, Cata ha lanciato Cata Digital Box, un insieme di soluzioni Ready to Start per le PMI che vi possono trovare ERP per aziende commerciali preconfigurato, suite di collaborazione in ufficio, e-Commerce: un approccio snello che può supportare le piccole aziende a rispondere tempestivamente a questo periodo di emergenza e che, nel contempo, rappresenta il primo passo per la digitalizzazione del proprio business.