Secondo una recente indagine Forrester che ha coinvolto 200 organizzazioni globali, circa la metà delle aziende è consapevole dei rischi legati a ulteriori ritardi nell’avvio di progetti di trasformazione/modernizzazione applicativa. “Fenomeni come la diffusione della fruizione applicativa su device mobili, il social business e il cloud ‘costringono’ le aziende ad accelerare tale trasformazione e a rivedere quelle soluzioni le cui funzionalità risultano inadatte ai nuovi contesti di business”, riflette Stefano Uberti Foppa, direttore ZeroUno, aprendo i lavori di un recente Executive Dinner organizzato in collaborazione con Hp. “I dipartimenti It sono chiamati, oggi, ad affrontare il problema dell’innovazione dei metodi e degli strumenti di sviluppo, di governance e di gestione dell’It per rispondere a esigenze di efficienza, agilità, qualità e time-to-market imposte dal business. E in queste sfide, il parco applicativo riveste certamente un ruolo centrale e strategico”.
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“La centralità del ruolo delle applicazioni è confermata dalle nostre indagini”, interviene Annamaria Di Ruscio, direttore generale di NetConsulting. “Tra le priorità dei Ceo per i prossimi anni vediamo obiettivi di conquista di nuovi mercati, ampliamento e fidelizzazione della base clienti, innovazione di prodotto e di servizio. Priorità che si riflettono nell’agenda dei Cio che devono trovare sempre nuove misure per dare supporto real-time al business. Supporto che, secondo quanto emerso dalla nostra Cio Survey 2012 [su un panel di oltre 80 aziende italiane che rappresentano una significativa rappresentanza in termini di spesa Ict in Italia ndr], si concretizza con azioni di razionalizzazione ed efficientamento di vari livelli applicativi sui quali si reggono i processi fondamentali del business o che supportano alcune aree critiche: Crm e customer care, Sales Force Automation, Supply Chain Management, Product and Project lifecycle management, Business process management, Communication & Collaboration, ecc.”.
Soluzioni inadeguate?
Di Ruscio sottolinea come dalle indagini che NetConsulting effettua regolarmente ogni anno (su un campione più ampio rispetto alla Cio Survey) emerga la consapevolezza, da parte dei Cio, dell’inadeguatezza delle soluzioni rispetto alle attuali esigenze del business e, ancor di più, in prospettiva rispetto agli obiettivi di medio-lungo periodo. “In generale, emerge nelle aziende una certa criticità non solo nel mantenere le applicazioni esistenti (spesso stratificate, con un livello elevato di customizzazione, un ciclo di vita molto lungo e, quindi, obsolete) ma anche nel farle evolvere” riflette Di Ruscio. “A frenare il percorso evolutivo spesso sono fattori come la riduzione dei budget It, la mancanza di competenze adeguate e la velocità con cui si muove lo sviluppo tecnologico, che rende rapidamente obsoleto ciò che poco tempo prima risultava essere innovativo”.
Su quest’ultimo punto, in realtà, i Cio riuniti intorno al tavolo si sono dichiarati meno preoccupati: “Il problema non è rincorrere l’ultima tecnologia disponibile ma identificare quella più utile alle proprie necessità e che meglio si cala all’interno dei processi aziendali, esistenti o in trasformazione”, dicono. “È la complessità del modello di governance nel cambiamento dei processi applicativi, ormai necessaria per molte delle nostre realtà, a rappresentare il vero ostacolo”.
A testimoniare l’enorme valenza del contesto aziendale è Daniel Amor, lead for Application Modernization di Hp Emea, che evidenzia l’importanza dell’assessment e della valutazione prima di qualsiasi percorso di trasformazione: “Innanzitutto parliamo di percorso, che significa procedere per gradi partendo da un progetto singolo, magari isolato a uno specifico ambito o funzione aziendale, per poi replicare il successo anche attraverso l’esperienza e le competenze accumulate – spiega Amor -. L’importante è avere chiara la strategia, sapere dove si vuole arrivare o che tipo di obiettivi traguardare. Ciò significa che non esistono ricette standard: ognuno definisce le sue priorità e gli step della propria roadmap. La tecnologia poi, diventa fattore abilitante grazie al quale raggiungere, anche con le stesse soluzioni, obiettivi diversi”.
Ed è proprio questa la strada seguita da una nota azienda italiana del settore Fashion (che non possiamo rivelare per specifiche policy aziendali), la cui rappresentante ha illustrato ai colleghi Cio e It manager l’esperienza maturata: “Il nostro percorso di trasformazione applicativa è iniziato dall’analisi delle esigenze di business, dove ‘esigenze’ non necessariamente fa rima con ‘strategie’ nel senso che, spesso, risultano chiare le criticità (concorrenza maggiore, riduzione dei margini di profittabilità, ecc.) ma i piani di sviluppo arrivano in un secondo momento. L’It dovrebbe invece riuscire a interpretare i ‘requirement’ anche prima di questi piani di business, in modo da accelerare la trasformazione e riuscire ad avere un atteggiamento proattivo o, per lo meno, agile rispetto alle necessità della propria azienda”. Nel caso specifico, l’It della società ha lavorato su un progetto di trasformazione applicativa in ambito Sales Force Automation seguendo un percorso non certo facile che ha visto il dipartimento interagire con i propri clienti interni, in questo caso la forza vendita, ma anche tutte le funzioni ad essa collegate, per poter inserire la tecnologia all’interno di un progetto di cambiamento e reingegnerizzazione dei processi. “Ed è questa la sfida principale. Governare il cambiamento è fondamentale e le difficoltà maggiori possono derivare dalla carenza di competenze adeguate; molto spesso le aziende non hanno tempo, soldi e risorse per formare e salvaguardare le competenze interne, rischiando di impoverire la conoscenza interna e perdere il controllo sulle soluzioni e, con il tempo, sui processi”.
Salvaguardare le competenze
Il tema delle competenze ha occupato una buona parte della tavola rotonda ed è risultato uno dei punti più critici nei processi di trasformazione applicativa. “Nel nostro caso viviamo una fase di restrizione di budget importante; come management It ci siamo trovati al bivio tra ‘buy’ e ‘make’ dove ‘make’ per noi significa anche salvare competenze interne. Oggi siamo quindi concentrati sul mantenere e conservare una piattaforma applicativa complessa con competenze non sempre adeguate”, illustra Annarosa Farina, responsabile Applicazioni – Progetti e Gestione della Fondazione San Raffaele.
“Il nostro compito come It, quindi, è anche quello di salvaguardare gli skill interni responsabilizzando le persone e investendo su di loro, attraverso una formazione adeguata che ci consenta, da un lato, di gestire e mantenere le nostre piattaforme applicative abbassando i costi di manutenzione, dall’altro, di liberare risorse per trovare nuove vie all’innovazione e riuscire, anche in condizioni economiche sfavorevoli, a supportare il business, che per la Fondazione significa ricerca medico-scientifica”.
“Le criticità a volte rappresentano anche delle opportunità – interviene Fabio Gatti, responsabile Quality Assurance di Ge.Si.ass -. L’occasione della modernizzazione applicativa, in molti casi, potrebbe infatti rappresentare il volano per rivedere e ‘ricostruire’ la propria base di conoscenze e competenze interne, a partire dalla stessa organizzazione It”.
“Nel nostro caso – si inserisce Luca Armanni, Sistemi informativi – Project management di Nestlé – la scelta dell’Erp Sap ci ha consentito di migliorare i processi di business ma abbiamo ‘perso’ alcune risorse e competenze che, in un processo di trasformazione applicativa, al di là dell’Erp, risultano fondamentali”.
“Mantenere le competenze sulle applicazioni core è assolutamente fondamentale – riflette Alessandro Spaziani, Italy Apps Growth lead di Hp Es – perché sono le stesse su cui ricade anche la conoscenza dei processi e, quindi, quelle determinanti per il successo di un percorso o progetto di evoluzione applicativa. Non a caso, in molte realtà, tendenzialmente quelle più grandi e con una struttura e un’organizzazione It sistemica, le competenze di questo tipo evolvono a ruoli più strategici come, per esempio, di demand management, ambito sempre più fondamentale per la governance dei processi di innovazione”.
Governance, demand management e tecnologia: i tre capisaldi
I temi della governance e del demand management ricorrono spesso quando trattiamo di temi che hanno a che vedere con processi di trasformazione applicativa perché è ormai noto l’impatto che tali scelte hanno sia sul piano del business sia sotto il profilo dell’organizzazione It. Il rappresentante di una nota azienda del settore Moda Uomo parla di “costruzione vera e propria di un rapporto di fiducia tra It e Lob”. Rapporto che si costruisce sicuramente attraverso una struttura di demand management che però, secondo questo Cio, deve rimanere all’interno della struttura It affinché non si perda la ‘padronanza’ tecnologica. Questa, infatti, rappresenta un importante fattore critico di successo dei progetti di evoluzione applicativa; sembra banale dirlo ma un demand manager, una volta comprese le richieste di business, deve capire se e come queste sono attuabili sul piano tecnologico e, soprattutto, deve trasferire le necessità al reparto applicativo nel modo più dettagliato e completo possibile.
“Il demand management è fondamentale, una funzione chiave – concorda Giuseppe Galati, Cto di CheBanca! – perché crea valore anche per l’It. I demand manager sono coloro che, non solo raccolgono i requirement delle Lob, ma riescono anche a trasferire correttamente al business ciò che l’It può fare e come. Il demand management, però, da solo non porta valore; serve un modello di governance It che tenga conto anche degli aspetti tecnologici (cosa implementare, come procedere, con che impatti, con quali tempi e costi; su quest’ultimo punto Galati sottolinea come dovrebbe essere l’It a definire i costi chiari di un progetto, non il business). E serve un’efficace piattaforma di Application Lifecycle Management attraverso la quale migliorare i processi di maintenance e, allo stesso tempo, rendere più efficaci i nuovi sviluppi”.
Su quest’ultimo aspetto Hp ha evidenziato come, ad esempio, la collaborazione fra i team di delivery possa migliorare attraverso l’utilizzo di soluzioni tecnologiche che, introducendo elementi di intelligence e garantendo la visibilità e la tracciabilità in tempo reale delle attività lungo il ciclo di vita dell'applicazione, consentono di ridurre i tempi dei cicli di sviluppo e aumentare il livello di governance dei progetti.