Le aziende stanno vivendo un periodo di forte cambiamento, contraddistinto da nuovi paradigmi di lavoro e modelli operativi rinnovati, cui occorre rispondere con capacità di adattamento. Il cambiamento, soprattutto quello alimentato da nuovi strumenti e processi digitali, va gestito nel migliore dei modi affinché sia compreso, ma soprattutto adottato. Eppure, anche in era pre-covid i progetti di cambiamento erano tutt’altro che un’attività semplice e indolore: lo scorso anno, l’Osservatorio HR Innovation e Assochange annunciarono il fallimento del 62% dei progetti di cambiamento, cosa principalmente dovuta a uno scarso engagement delle persone (44%), a una cultura poco propensa al cambiamento (41%), alla scarsa sponsorship del top management (35%) e, infine, alla capacità degli agenti di cambiamento interni (30%). A queste percentuali tutt’altro che esaltanti bisogna ora sommare gli effetti della pandemia: gestire efficacemente il cambiamento in tempi rapidi avendo a che fare con un modello di lavoro ibrido (casa/ufficio) non è certamente un’attività semplice.
Il framework Proge-Software per un cambiamento di successo
Eppure, nonostante l’accelerazione digitale degli ultimi mesi, il change rappresenta ancora la vera arma vincente di un progetto di trasformazione, che non deve focalizzarsi sull’infrastruttura IT o, più in generale, sull’aspetto tecnologico, bensì sull’adozione di nuovi strumenti e processi da parte dell’end-user, del business.
Ce lo conferma Giovanni Tomasello, Account Manager responsabile della Business Unit Modern Workplace in Proge-Software, azienda italiana che da più di 35 anni realizza progetti ad alto contenuto tecnologico, Gold Partner Microsoft con 15 certificazioni attive e partnership con diversi vendor mondiali: “Soprattutto in quest’ultimo periodo, l’ipotesi di affrontare progetti solo dal punto di vista tecnologico e infrastrutturale non può portare al successo. Mai come oggi, infatti, l’adozione delle nuove tecnologie è l’obiettivo cui tendere: la tecnologia deve essere funzionale al business e per questo in tutti i nostri progetti intendiamo affiancare i clienti anche sotto questo profilo”. Tomasello sottolinea quanto questo rappresenti un punto di forza dell’azienda: “Affidandosi a noi, le aziende ricevono un supporto a 360 gradi che è difficile trovare altrove: mi riferisco in particolare a un solido supporto tecnologico e infrastrutturale, grazie alle certificazioni Microsoft e alle partnership tecnologiche, ma anche al fatto che Proge-Software ha l’esperienza e le competenze per guidare il processo di adozione evitando ai suoi clienti il disagio di doversi affidare anche ad altri interlocutori”.
Il framework adottato da Proge-Software è basato sul modello ADKAR, in cui ognuna delle lettere identifica una fase del processo di cambiamento:
- awareness, finalizzata a trasmettere consapevolezza attraverso inspiring events (online);
- desire, che mira a creare un vero e proprio desiderio di cambiamento, focalizzando la propria attenzione sui benefici della trasformazione per i vari gruppi di end-user coinvolti;
- knowledge, che è la fase di training vero e proprio, ormai basato su contenuti online come webinar e sessioni formative trasmesse in streaming;
- ability, cioè la verifica che i concetti importanti ai fini dell’adozione dello strumento siano stati appresi (cosa che si avvale di evangelist o specialist interni);
- infine, la fase di reinforcement, comprende strumenti di sostegno alla formazione tra cui webinar, guide, materiali personalizzati e molto altro, per un percorso ciclico virtuoso a sostegno del cambiamento.
Vincere la resistenza al cambiamento resta la sfida più difficile
Change Management è fondamentale in qualsiasi progetto di trasformazione digitale: in era di smart working, una migrazione verso una piattaforma di produttività e collaboration come Microsoft 365 è un caso frequente e complesso, poiché coinvolge tutta la popolazione aziendale, ma il change è fondamentale in qualsiasi progetto di modernizzazione infrastrutturale, di migrazione verso il cloud, di sostituzione di un CRM o di un ERP. Al massimo cambiano gli end-user, ma la trasformazione va sempre gestita sulla base di un principio cardine: la tecnologia non è l’unico fattore che determina il successo, ma lo è anche (soprattutto) l’utente.
Tornando ai dati dell’Osservatorio HR, le principali cause di insuccesso sono lo scarso engagement e una cultura poco propensa al cambiamento. Tutto ciò è chiaramente confermato anche in questo periodo: “La resistenza al cambiamento – aggiunge Tomasello – resta il principale ostacolo di un percorso di change. Lo è per diversi motivi, che vanno al di là dell’abitudine a determinati strumenti: talvolta, infatti, la trasformazione digitale [come nel caso della pandemia, ndr] non è la risposta a un processo o uno strumento problematico: le persone sono soddisfatte di quello che hanno e lo usano al meglio, perché cambiare? Per questo motivo riteniamo che le fasi iniziali, quelle dell’awareness e desire, siano fondamentali per il successo: acquisendo informazioni e cercando di identificare i limiti degli strumenti attuali, bisogna riuscire a trasmettere il concetto che ‘il nuovo’ migliorerà la vita. Discorso diverso, ovviamente, quando il cambiamento nasce da un’esigenza degli utenti: in quel caso il percorso è in discesa”.
Misurare il cambiamento, con qualità e quantità
Un tema interessante è la misurazione del successo del percorso, che come si è visto non è scontato. A tal proposito, è fondamentare identificare fin da subito un team di governance interfunzionale (IT, HR, marketing…) tramite il quale definire i principali indicatori di successo. “Ci sono due tipi di indicatori – continua Tomasello – quantitativi e qualitativi. I primi dipendono dal tipo di progetto: per esempio, in un passaggio a Microsoft 365 possiamo utilizzare le dashboard della piattaforma per misurare quanto vengono effettivamente impiegati strumenti come OneDrive o SharePoint, e agire di conseguenza. Le misurazioni qualitative si avvalgono invece delle tradizionali survey, con le quali possiamo valutare la qualità delle sessioni di formazione, l’apprezzamento degli strumenti della suite, la valutazione degli evangelist e molto altro”. Sulla base dei risultati, è poi fondamentale definire un ulteriore percorso di ottimizzazione e verifica finalizzato al vero e unico obiettivo: la massima adoption.