Il provvedimento era arrivato al voto in Senato, dopo il lavoro in commissione, con alcune limitazioni rispetto alla proposta iniziale e pochi miglioramenti. Fatto che aveva indotto alcune associazioni (Stati Generali dell'Innovazione, IWA Italy e Roma Startup), che avevano raccolto dal mondo delle imprese proposte per migliorare il decreto, a considerarlo l’ennesima occasione persa. “Tutti gli emendamenti migliorativi e integrativi presentati su questi temi sono stati respinti nelle Commissioni esaminatrici, in taluni casi con enorme meraviglia degli stessi Senatori proponenti”, hanno sottolineato le associazioni, secondo le quali si rischia di varare una riforma inattuabile. Si sono evidenziate ad esempio gravi carenze riguardo all'alfabetizzazione digitale, agli incentivi al commercio elettronico, alla diffusione della PEC per i cittadini, alle strategie e gli obiettivi per le comunità intelligenti, alla regolamentazione del mercato delle comunicazioni, alla definizione di misure realmente incisive per le startup. Si riscontra anche una frenata sull’adozione dei libri digitali, che nella prima versione doveva partire dal prossimo anno scolastico (il 2013/2014) per le superiori e quello successivo per il primo ciclo (primarie e medie). E non bastano a cambiare il giudizio i pochi miglioramenti introdotti, come la “carta dei diritti di Internet”, la richiesta di un piano strategico per l’Agenda Digitale, la previsione per le amministrazioni di un Piano per il Telelavoro e alcuni accorgimenti sulle regole per gli Open Data e per la gestione dell’Anagrafe della Popolazione Residente.
Inoltre, non solo la legge è perfezionabile, ma affinché si traduca in azioni concrete sono necessari i decreti attuativi che solo il prossimo governo a questo punto potrà varare. Non ultimo dovrà diventare operativa l’Agenzia per l’Agenda Digitale, strumento fondamentale per l’attuazione; ma dopo l’ufficializzazione della nomina di Agostino Ragosa a Direttore Generale, il suo contratto si è perso, almeno ad oggi che scriviamo, nella nebbia della burocrazia. Ora sembra sia ancora bloccato alla Corte dei Conti.
Nonostante queste difficoltà vanno comunque considerati in modo positivo i progressi realizzati nell’ultimo anno.
Tranne pochi addetti ai lavori, nessuno parlava di Agenda Digitale il 31 gennaio 2011, quando un centinaio tra manager, imprenditori, docenti, giornalisti, artisti e professionisti della Rete aveva comprato una pagina sul Corriere della Sera dove veniva invocata una strategia per la digitalizzazione dell’Italia, fra le poche nazioni al mondo a non averla. Ce l’ha ricordato uno dei promotori dell’iniziativa di allora, Francesco Sacco, professore di Management e Tecnologia presso Sda Bocconi e ricercatore di economia dell’Università dell’Insubria, in occasione dell’evento Cisco, “Gli italiani e l’Agenda Digitale”. Dopo la pubblicazione di quel Manifesto, a giudicare dagli andamenti indicati da Google trends, si sono registrati picchi di attenzione in rete e una diffusa conoscenza almeno all’interno di una minoranza informata secondo quanto ha registrato un’indagine Ispo, condotta nel mese di ottobre 2012, commissionata da Cisco Italia, fra due diversi campioni: 100 opinion maker e 800 soggetti statisticamente rappresentativi della popolazione italiana.
Agenda Digitale: una minoranza informata la conosce bene
Risulta dall’indagine che circa l'85% degli opinion maker selezionati ne ha sentito parlare e l'83% ritiene che il tema della digitalizzazione sia di primaria importanza per la modernizzazione del Paese, anche se solo il 66% dichiara di sapere bene di cosa si tratta. La musica cambia se si analizza la popolazione italiana nel suo complesso: il 63% della popolazione ammette di non aver mai sentito parlare di Agenda Digitale; solo l'8% si dichiara di esserne ben informato. Ma nonostante la scarsa conoscenza, gli italiani si dichiarano fiduciosi dei benefici che la digitalizzazione del paese potrà portare. Il 52% si è detto convinto che la digitalizzazione migliorerà la propria vita: nella comunicazione (per il 67%), nella scuola (65%), nell’accesso alle informazioni e ai contenuti culturali (64%), nell’interazione con la Pubblica Amministrazione (61%) o con il Servizio Sanitario (60%). Tutti d’accordo sul fatto che la Pa debba svolgere un ruolo da protagonista nella digitalizzazione del Paese: è di questa opinione l’85% dei cittadini e il 100% degli opinion maker. Ci si aspetta, in particolare, maggior trasparenza, risparmio per lo Stato e per i cittadini, riduzione del digital divide. Guardando alla prospettiva, il 48% degli intervistati sostiene che la digitalizzazione possa aiutare a migliorare la qualità dell'ambiente e dell'aria, mentre il 52% ritiene che essa possa portare, genericamente, un miglioramento della qualità della vita. E anche il costo della vita potrebbe essere positivamente influenzato dalla digitalizzazione, secondo il 48% degli intervistati. Se dunque la popolazione non è informata sui dettagli dell’Agenda Digitale, ritiene che la digitalizzazione possa migliorare il Paese e la propria personale situazione.
Particolarmente colpevole sembra dunque essere la bocciatura di un emendamento che avrebbe aiutato a fare ulteriore chiarezza fra gli italiani sulla portata dell’Agenda Digitale. La proposta bipartisan firmata da Paolo Gentiloni (Pd) e Antonio Palmieri (Pdl) prevedeva, a partire da gennaio 2013, in ogni nuovo contratto di servizio tra la Rai e il ministero dello Sviluppo economico, un piano di alfabetizzazione informatica e sulle potenzialità dell’economia digitale, utilizzando la televisione generalista, un canale digitale tematico in chiaro e un portale internet dedicato.
Per un nuovo Rinascimento digitale
“L’Ict non è un settore da aiutare. È uno strumento da utilizzare per cambiare la società e il nostro Paese”. Un’idea espressa da Sacco nel ricordare le motivazioni alla base dell’iniziativa Agenda Digitale avviata nel 2011 che sembra sia più chiara agli italiani che al mondo politico e ai decisori.
Nel mezzo della rivoluzione dell’Ict, ancora molti guardano alla grande industria meccanica come punto di riferimento e sono convinti che industria, autostrade, produzione e comunicazione di massa siano gli unici posti dove trovare soluzioni a qualsiasi problema come la crescita, la disoccupazione, il controllo sociale. “Non si tratta di abbandonare questi settori ma neppure di guardare con nostalgia al passato, come fanno ancora molti politici, sindacalisti, industriali, banchieri, uomini di cultura…”, ci ha ricordato Sacco, evocando un prossimo” Rinascimento digitale”. La condizione è però superare le resistenze che impediscono ad oggi di ripensare il funzionamento di organizzazioni e amministrazioni sulla base delle potenzialità che l’Ict offre, vedendolo come punto di partenza per più trasparenza, efficienza, produttività e crescita.