Mentre il mercato Public & Hybrid Cloud anche nel 2020 conferma il suo trend di crescita, come attestano i risultati dell’ultimo Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, si dimostra anche la veridicità di un concetto che risale a più di dieci anni fa, quello di data gravity. Coniato dall’ingegnere Dave McCrory nel 2010, si riferisce alla forza di attrazione che il dato esercita su servizi e applicazioni. Un’attrazione che oggi non avviene più nei mainframe e nei data center on premise, ma all’interno di architetture cloud sempre più complesse nelle quali una massa voluminosa di dati va raccolta, gestita e organizzata per essere messa a disposizione del business. Qualsiasi strategia di digital transformation delle aziende non può prescinderne.
Gran parte dei progetti che oggi vedono impegnato il Gruppo Lutech, uno dei principali system integrator e provider di soluzioni IT del nostro Paese, affronta questo scenario. Ecco perché l’esperienza messa in campo dall’azienda, sfruttando la partnership con Informatica, può risultare utile per comprendere i nodi cruciali che le organizzazioni sono chiamate a sciogliere nei loro percorsi di data modernization. Vediamo in che modo.
Data governance e data integration secondo il Gruppo Lutech
“È fondamentale – spiega Simone Elzi, Head of Solutions Digital Customer Engagement di Lutech TenEnigen – avere strumenti di data governance che permettano di fruire e garantire un utilizzo in modo efficace ed efficiente dei dati e delle varie sorgenti dati all’interno e all’esterno dell’azienda”.
Per questa ragione le strategie di data governance vanno sempre abbinate a quelle di data integration. “Poter integrare anche servizi di terze parti – continua infatti Elzi – significa essere in grado di verificare e validare dati relativi alla produzione, alla logistica, alla distribuzione e così via”. Un’esigenza che, per esempio, in settori come quello manifatturiero o nel retail B2B necessita di un sistema come il PIM (Product Information Manager) per armonizzare il catalogo prodotti, arrivando sino a farlo comunicare con le architetture IoT per intercettare o inviare informazioni direttamente ai macchinari di produzione o da quelli installati presso i rivenditori.
“L’integrazione degli impianti con strumenti di data governance e data integration – dice ancora Elzi – permette di avere a disposizione una serie di indicatori KPI gestiti centralmente che rispondono a diversi scopi. Possono servire a conoscere come stanno operando le macchine, ma anche a capire quando un prodotto si sta esaurendo e, quindi, a suggerire il suo riordino in maniera proattiva”. I progetti di data governance, inoltre, oggi non possono tralasciare il tema della sicurezza, che va governata sia quando i processi sono in cloud sia quando avvengono in modalità on premise. Infine, un ulteriore aspetto da considerare è la scalabilità, cioè la possibilità di poter garantire sempre adeguate performance sulla base dei carichi di lavoro.
“Data governance o data integration – conclude Simone Elzi – vuol dire offrire una vista a 360 gradi al cliente, dandogli anche l’opportunità di monitorare con un’apposita consolle dove si trova il dato e dove sta transitando, per poter eventualmente intervenire rapidamente laddove si verifichi una situazione di inefficienza o di blocco”.
I limiti dell’on premise e come risolverli con il cloud: un caso concreto del manufacturing
Antonino Artuso, Engagement Manager di Lutech TenEnigen, esemplifica quanto sottolineato da Elzi a livello generale illustrando come è avvenuta l’integrazione tra Salesforce e due sistemi sorgente quali AS/400 e SAP ricorrendo alla piattaforma cloud di Informatica: “Un nostro cliente – racconta – con una rete vendita di circa 600 agenti presenti in 10 paesi di tutto il mondo aveva un’applicazione che veniva utilizzata dagli agenti per gestire gli ordini presso i distributori. Si trattava di una tecnologia in uso da una decina d’anni che però soffriva di due limiti, gli stessi di cui soffrono tutte le aziende che decidono di migrare in cloud: la mancanza di innovazione tecnologica di un sistema on premise e soprattutto l’impossibilità di gestire con un grado elevato di libertà le integrazioni fra sistemi”. Le conseguenze, per esempio, erano che la tecnologia permetteva di fare sì la presa ordine, ma non in tempo reale. Veniva creato un preordine che poi non poteva essere aggiornato o modificato.
“Abbiamo avviato un progetto di studio con Salesforce e Informatica – prosegue Artuso – dimostrando al cliente come fosse possibile una gestione del business che permettesse di dare ampia libertà alle sue esigenze. Quindi, la possibilità di sincronizzare i dati attraverso i sistemi e di averli sempre a disposizione in maniera aggiornata e in tempo reale sul CRM e, viceversa, sull’ERP”. L’esito della nuova implementazione anzitutto è stato l’ottimizzazione del time-to-market, grazie al fatto di aver eliminato la fase di setup iniziale tipica delle architetture on premise, dall’installazione dei software alla predisposizione dell’infrastruttura tecnologica. “In circa 5-6 mesi siamo andati live – evidenzia Artuso – con un sistema di CRM che comprendeva il processo lead-to-cash: dalla creazione di un lead fino alla possibilità di generare un ordine online collegandolo in tempo reale all’ERP, cioè a SAP”. Con il vantaggio della scalabilità della soluzione che, partendo da un core model implementato in una delle country in cui è presente il cliente, vedrà il rollout negli altri paesi senza richiedere alcun potenziamento infrastrutturale né tanto meno un nuovo progetto.
Il ruolo dell’infrastruttura sottostante nella data gravity
Un elemento essenziale che ha semplificato e accelerato il processo di migrazione dei dati si deve alla presenza di connettori nativi nella piattaforma cloud di Informatica. Nicola Sandoli, Cloud Integration Sales Specialist di Informatica, chiarisce a tal proposito qual è il ruolo dell’infrastruttura sottostante nei progetti di data governance e data integration: “Un’azienda può affrontare un percorso di data modernization – dice Sandoli – per diverse ragioni, ad esempio, perché vuole dotarsi di una nuova applicazione, che può essere un CRM in cloud, o perché intende riprogettare il data warehouse. Il cloud è l’elemento che mette in moto la macchina ed è l’occasione non per poter, ma per dover andare a ripensare le pipeline, i flussi di integrazione, i modelli dati ecc. Pur avendo un processo di adozione molto rapido, una piattaforma cloud introduce nuovi scenari che sono soggetti alla data gravity. In altre parole, un percorso di application modernization deve essere progettato per favorire e gestire lo spostamento del centro di massa dei dati verso il cloud”. Per farlo occorre prevedere una metodologia di orchestrazione che non si limiti soltanto al dato, ma ai processi collegati. “È una commistione di trasporto e manipolazione del dato che, nella proposta di Informatica, si realizza nell’offerta di un servizio, e non più di uno strumento da installare on-premise o cloud ready. Correre dietro ad ogni progetto, ad ogni esigenza di business, valutando di volta in volta lo strumento da installare, porta rischi e costi che al giorno d’oggi non sono più sostenibili. È quindi fondamentale dotarsi di una piattaforma offerta come servizio in cloud che sia in grado di seguire i pattern, i volumi e la variabilità dei dati. Se seguito dell’integrazione dei sistemi legacy con un nuovo CRM – afferma in chiusura Nicola Sandoli – decidessimo di mascherare il dato, di introdurre regole di data quality o un catalogo dei metadati, una piattaforma che orchestra il dato risponderebbe a queste esigenze sia in termini di funzionalità sia in termini di rapidità nella messa in produzione”.