Anche in Italia, questo il messaggio di sintesi elaborato dallo staff della School of Management del Politecnico, il processo di trasformazione si è avviato da tempo, almeno nelle principali imprese del paese, nonostante sia emerso come esistano in diversi casi ulteriori opportunità di miglioramento per ciò che concerne un efficace allineamento fra le scelte tecnologiche e quelle di business. Il processo di evoluzione dell’It in materia di Governance d’impresa non sembra certo arrivato alla sua fase di maturità e lo si evince del resto anche dalle dichiarazioni di Carlo Magistrelli, General Manager Technology Solution Group di HP Italia: “L’Information Technology è sempre più parte integrante del business ed il fattore prioritario è come si governa questa risorsa. L’Italia è in leggero ritardo rispetto ai principali paesi europei ma conferma comunque un processo indiscutibilmente in atto che vede il Cio avvicinarsi sempre di più alla figura del Ceo quanto a responsabilità di management strategico”. Ciò che l’Osservatorio di ZeroUno si prefigge di approfondire sono proprio i fattori critici che supportano l’innovazione in chiave strategica del ruolo dell’It in azienda.
Carlo Magistrelli
General Manager Technology Solution Group di HP Italia
Andrea Rangone
Professore Associato Politecnico di Milano
Più vicini al Board
La prima risposta che ha dato Top Circle, come ci ha spiegato a dovere Andrea Rangone, Professore Associato al Politecnico di Milano e uno dei curatori dell’indagine, è forse inaspettata nella sua rilevanza: “Nella maggioranza dei casi analizzati, il 76%, il Cio risponde direttamente all’amministratore delegato o al direttore generale, di cui emula per alcuni aspetti caratteristiche e percorsi, e fa parte dei principali comitati direzionali dell’azienda. I Cio sono quindi entrati nel vertice strategico dell’azienda, ma il loro peso organizzativo è ancora spesso da conquistare”. La ricerca ha mostrato comunque anche come in alcune organizzazioni, il Cio svolga sin d’ora un ruolo che va al di là dell’ambito canonico che gli è storicamente proprio e che di fatto incorpora formalmente responsabilità su altre direzioni, compresa quella del Cto, il Chief Technology Officer, funzione che sta convergendo nella prima, anche nelle imprese non telco per quanto riguarda la governance delle tecnologie informatiche da utilizzare nella realizzazione del portafoglio di offerta. “Stanno prendendo corpo – conferma Rangone – le figure del Cio esteso e del Cio Change Manager e, in particolare quest’ultima, abbina alla gestione dell’It il supporto ai cambiamenti strategici. In generale questo compito si è evoluto in relazione alla maggiore pervasività delle tecnologie all’interno dei prodotti/servizi dell’azienda, anche se mancano ancora precisi indicatori intermedi capaci di misurare il reale valore/impatto in chiave business”.
A testimonianza di quanto sopra, tutte le aziende del campione hanno introdotto negli ultimi anni importanti cambiamenti organizzativi. In due terzi dei casi analizzati è in atto un processo volto a una qualche forma di consolidamento a livello centrale delle attività e delle risorse It distribuite nelle diverse componenti dell’organizzazione (divisioni e filiali) e fra le novità in tal senso, particolarmente significativa è la creazione di nuove unità volte all’innovazione e al presidio trasversale delle attività, quali Governance, Program Management, Service Management, Change Management e Ricerca e Sviluppo. Gli unici sensibili “buchi di sistema” si registrano quindi nell’ancora scarsa traduzione del nuovo ruolo della funzione It, molto più strategica e vicina al business, in adeguati sistemi di Mbo (Management by Objectives).
La Direzione It come agente del cambiamento
Analizzando il lato organizzazione, il punto focale dell’attenzione è la centralizzazione della funzione Ict (intesa per attività e risorse) rispetto alla struttura interna. Come ci ha confermato Rangone, “i due terzi del campione esaminato hanno in corso un processo di consolidamento/integrazione con molte differenze, fra ruolo del centro rispetto alle periferie, in termini di gestione del budget e governo del personale e senza particolari variabilità a livello di settore di competenza. La struttura It si è evoluta da funzionale a divisionale e viceversa, inoltre negli ultimi due/tre anni sono diffusamente nate nuove unità organizzative e nuove specifiche figure dedicate alla gestione della domanda e degli utenti”. Fra le attività “core” per cui il Cio è chiamato a emulare il general manager (sourcing, organizzazione e governance) per garantire l’allineamento fra It e business, l’indagine ha rilevato come nelle scelte strategiche di “make or buy” prevalga l’atteggiamento di “It gestore”, ossia una funzione che concentra internamente l’esercizio dei sistemi e che ricorre all’outsourcing per le attività operative di sviluppo. Le aziende del campione hanno messo in evidenza inoltre tre orientamenti di fondo, emblematici dell’azione strategica dei top manager It: la ricerca della flessibilità, finalizzata alla creazione di una “piattaforma” organizzativa in grado di gestire con costi e tempi contenuti i cambiamenti, la pianificazione di lungo termine, tesa a tracciare per le tecnologie un percorso più chiaro a supporto dei piani pluriennali di business dell’impresa, e (trasversale ai primi due) il supporto al cambiamento strategico, più che mai rilevante là dove il Cio è chiamato, esplicitamente dal board, a catalizzare un’importante evoluzione.
Competenze più orientate al management
“Se la tendenza generalizzata vede un minore presidio interno delle risorse tecnologiche e operative, viene infatti privilegiato il cosiddetto ‘spill over on the job’ utilizzando le competenze del vendor It, la superiore attenzione dedicata all’area gestionale quale ideale complemento della preparazione tecnica e fattore indispensabile per garantire l’efficace governance dei progetti informatici si manifesta in modo particolare in attività quali il project management, il business process engineering e il change management”. Nella puntualizzazione di Rangone c’è tutto il senso di quello che si può definire un processo completo di estensione delle competenze chiave. Dal presidio delle sole conoscenze It si passa quindi allo sviluppo di iniziative di job-rotation finalizzate a far ricoprire al personale tecnico ruoli diversi e ad attività di “co-working e co-location” volte a incrementare le relazioni tra l’It e le altre funzioni aziendali (in particolare quelle di business). In altri termini, sotto il segno del cambiamento teso a ipotizzare un reale allineamento tra It e business devono maturare in seno ai Cio caratteristiche distintive quali leadership, capacità di comunicazione e di assunzione di rilevanti responsabilità, conoscenza del business e del mercato, propensione al cambiamento.
Analizzando la specifica tematica delle competenze gestionali, l’imperativo di aumentarne concretamente il livello si è scontrato infine con una consuetudine che vede le risorse umane di una direzione It essere tipicamente piuttosto lontane, anche culturalmente, da tali nozioni. “L’ovviare a tale ostacolo – ha così concluso Rangone – ha comportato l’avvio di politiche trasversali di gestione delle risorse umane, tese a preparare il personale It su competenze di process analysis e client management, ma anche assunzioni mirate a reclutare figure dotate in partenza di una buona sensibilità gestionale e di specifici skill, senza dimenticare il ricorso a specifici programmi di formazione manageriale, sia pensati ad hoc che basati su percorsi standard esterni, quali ad esempio quelli tipici di un Master in Business Administration”.
It Governance e management strategico nella visione dei Cio
ZeroUno ha raccolto tre testimonianze eccellenti per capire dal di dentro come la trasformazione della funzione It abbia effettivamente generato impatti significativi sull’ecosistema aziendale. Per Giuseppe Biassoni, Chief Information Officer di RAI Radiotelevisione Italiana “il ruolo del Cio a supporto del cambiamento, che in Rai significa digitalizzazione del prodotto e privatizzazione dell’azienda, va dimensionato nel sistema in cui si muove, opera e si confronta, pena il rischio di trovare ostacoli insormontabili da superare per valorizzare attività e funzione. Modelli alternativi di sourcing e di misurazione del ritorno degli investimenti non sono sempre attuabili, ma per far fronte alla rapidità del cambiamento del nostro contesto aziendale abbiamo fatto della flessibilità uno dei nostri principali obiettivi, sostenendo opportuni investimenti infrastrutturali a livello di datawarehouse, di sistema gestionale e di rete”. Tocca corde ancora più esemplificative Gianni Casalini, Direttore Ict di Eni, secondo cui “il ruolo del Cio non è sintomo di stabilità perché perennemente soggetto a cambiamento. Non sempre è possibile associare il valore degli investimenti It all’effettivo ritorno sul business, se non in termini di maggiore efficienza. La nostra strategia It vuole cercare di anticipare l’impatto delle nuove tecnologie sulle diverse possibili evoluzioni del business, in una visione totalmente integrata. Anche il ricorso all’outsourcing va inteso quindi come strumento per garantire flessibilità operativa all’azienda. In Eni è stata fatta in passato una scelta chiara in tale ottica”.
Martin Flegenheimer, infine, Chief Information Officer di Ferrero Italia, ha confermato innanzitutto uno degli aspetti rilevati dall’indagine: “La funzione It in Ferrero presidia al proprio interno, con il contributo tecnico di fornitori esterni, le attività sia di esercizio sia di sviluppo. In una grande multinazionale il ruolo del Cio va contestualizzato rispetto a dinamiche estremamente complesse che vedono come priorità l’organizzazione dei cambiamenti strutturali su scala internazionale e la riorganizzazione di molti processi, a cominciare da quelli legati alle risorse It”.