Una galassia che si espande

L’insieme degli operatori e delle attività che creano la catena del valore del software open source realizza un complesso sistema le cui dinamiche sono in rapida evoluzione. Le strategie dei protagonisti dell’It nei confronti di un fenomeno la cui espansione cambia i tradizionali rapporti di potere

Pubblicato il 02 Mar 2005

Come rappresentare un’armata di aziende, spesso startup, ideatrici di progetti grandi e piccoli; di organizzazioni che regolano la gestione della proprietà intellettuale in ambito Oss; di Isv dedicati o generalisti, ma che investono sul modello di business Oss aggiungendo valore a distribuzione commerciale e rete di supporto, e, infine, di service provider che anch’essi investono con diverse modalità, nella loro rete di supporto per Oss? E come mettere in fila tutte le azioni del ciclo di vita di un prodotto/ servizio, svolte in sovrapposizione, contesa o collaborazione da questi operatori, dall’ideazione fino alla soluzione che soddisfa il cliente? In questo compito ci è di aiuto la ‘Catena del valore dell’Oss’ secondo Gartner (vedi figura 1), che pone le attività in ordine di progressione logica di valore, classifica i princpali operatori a seconda del livello di catena in cui esplicano il loro ruolo principale e infine mette in relazione gli operatori di un dato livello col sottoinsieme di attività Oss in linea di massima sotto il controllo del livello stesso. Tutte le attività seguono il modello di business Oss puro, con l’eccezione del dual licensing, che lo rende ibrido, come è, ad esempio, il caso del database MySql e delle suite OpenOffice/StarOffice.

La catena del valore dell’Open Source Software

Fonte: Gartner

Lamp, un ‘brand’ tutto Open Source
Esiste già un ‘brand’ Oss de facto che raccoglie sei dei più noti software aziendali open source e al quale un numero crescente di imprese ricorre in alternativa al software proprietario, sia per risparmiare sia per non dover dipendere dal fornitore. Questo brand si chiama Lamp, acronimo delle iniziali di: Linux, Apache, MySql e Php/Perl/Python. Lamp comprende quindi un sistema operativo, un Web e Application Server, un Database Server e tre linguaggi di programmazione: un preprocessore d’ipertesti (Php), un linguaggio di estrazione e reporting per programmi su Web server (Perl) e un linguaggio di alto livello, interattivo e object oriented, (Python). Non abbiamo però trovato alcun sito d’una organizzazione Oss dedicata a Lamp, nè questa ‘pila software’ è menzionata da Gartner, Meta o Forrester. Tutto quello che si trova sul Web è una pagina all’indirizzo: www.onlamp.com/pub/a/onlamp/2001/01/25/lamp.htm. è che non ci siano per ora molte aziende che si sono affidate a un software tutto Oss, mentre al contrario ben altra è la popolarità dei pacchetti parzialmente Oss, come una versione di Sap che si appoggia a Linux e usa MySql invece di Oracle. Consideriamo per ora Lamp un ‘futuro possibile’ e lo usiamo qui come semplice indice per una breve rassegna dei pacchetti Linux, Apache e MySql, trascurando i linguaggi.L’impressione

Apache e mysql, due leader dell’Oss
www.apache.org è un’organizzazione che fornisce supporto alla comunità Apache di progetti Oss. Ma Apache è anche un prodotto Oss, e più precisamente il Web Server più popolare in Internet. Secondo una ricerca Netcraft aggiornata al febbraio 2005, il 68% dei siti Web usa Apache, lasciando al 20% Microsoft, al 3% Sun (che ha ereditato Netscape iPlanet) e al 9% tutti gli altri. Un’osservazione: dato che il browser più diffuso è Internet Explorer, se non ci fosse Apache le due estremità della Rete, server e browser, sarebbero entrambe gestite da Windows, e quindi controllate da Microsoft. Il secondo ‘pezzo forte’ del software open source è MySql (www.mysql.com), un database con oltre cinque milioni di utenti di installazioni a base Linux, in strutture come la Nasa, l’Associated Press e Google e software house come Bea e Veritas. MySql offre il dual licensing: oltre alla possibilità di scarico gratuito (e ci sono 35.000 download giornalieri), pagando 495 dollari all’anno per server si può ricevere assistenza al prodotto e/o integrarlo in proprio codice applicativo, come fanno ad esempio Cisco e Hp.Come Linus Torvalds per Linux, il nome carismatico per MySql è quello di un altro finnico, Marten Mickos. La sua strategia è di erodere i superprofitti dei grandi database (Oracle, Db2 e Ms Sql) puntando a costare un decimo rispetto a loro e ad essere ‘good enough’ per l’impresa, offrendo tutte le funzionalità più importanti anche se non tutte le più sofisticate. Il mercato cui punta MySql è dato da quelle migliaia di aziende il cui ragionamento è: "Può darsi che MySql non faccia tutto, ma se non ne ho bisogno, perché pagare?".Come per Linux, le prospettive di crescita di MySql sono particolarmente promettenti per il ‘trascinamento’ da parte dei fornitori di packaged software. Un nome su tutti: la già citata offerta Sap, che comincia a proporre MySql a propri clienti da fine 2003, da quando cioè il rapporto con Oracle, sempre ambiguo dato che la società di Ellison non ha mai smesso di farle concorrenza, si è incrinato del tutto con l’inizio della scalata di Oracle su Peoplesoft, percepita da Walldorf come una manovra accerchiante.

L’oss e le manovre delle grandi case
Le scelte dei grandi vendor nei confronti di una tendenza generale che vede il software gratuito diventare business mainstream, non sono molte. Riconoscendo la portata del fenomeno Oss e adeguandosi all’adagio per cui "i trend sono come i cavalli: si cavalcano meglio nella direzione in cui vanno" (John Naisbitt – Megatrends 1980), i vendor sono partiti con investimenti più o meno cospicui o per associarvisi ed indirizzarli in modo da trarne partito (tutti salvo Microsoft), oppure per mettere a punto una strategia per deviarne la corsa (Microsoft, chiaramente la più minacciata dallo tsunami Oss).Degli investimenti nell’Osdl (vedi articolo precedente) di Ibm, Hp e Intel si è già detto. Ma anche Oracle, Sap, Bea e Veritas seguono la marea Linux. Con stili e sfumature diverse, le strategie per indirizzare il trend vanno dalla differenziazione al ‘doppio binario’ (supportare il modello di business Oss e differenziarsi insieme). Oracle è per la differenziazione: segue Linux ma ovviamente su MySql Ellison ha qualcosa da dire: "Ci vorrà molto, ma molto tempo prima che riesca a competere con successo sui grandi clienti". E Ken Jacobs, il suo Vp Strategie Prodotti, ha rincarato la dose: "Vedo MySql molto più sulla stampa che in situazioni competitive".Bea è per una politica del differenziale innovativo. Come Sap, ha un atteggiamento favorevole all’Oss, da cui non si sente minacciata, ma anzi favorita nel focalizzarsi su funzionalità innovative. Alfred Chuang, Ceo di Bea, punta in sostanza ad affidare al software open source (significativa la cessione ad Apache di Beehive) funzioni ‘commodity’, liberando risorse per concentrare gli sforzi della società su valori differenzianti per il software commerciale Weblogic. A prima vista il ragionamento di Steve Mills, numero uno di Ibm Software Group ricalca quello di Chuang: riconosce che prodotti Oss a minor costo possano erodere business a Ibm se questa non si differenzia innovando abbastanza in fretta. Nei fatti, dati anche i forti finanziamenti all’Osdl e i benefici di ritorno dal modello di business di Linux, sia come Var hardware che come Service provider, la politica di Ibm è del doppio binario, puntando oltre che su Db2 e Websphere per le innovazioni, anche sul modello di business Oss. Ed è recente notizia la decisione di regalare 500 brevetti software, per un valore stimato di circa 10 milioni di dollari all’anno, un po’ a Linux e un po’ ad Apache. Molti hanno commentato la mossa in chiave anti-Microsoft, ma Forrester sottolinea la lungimiranza dell’investimento in un ecosistema, che bilanciando le tecnologie aperte con quelle proprietarie donate, viene a creare una ‘rete dell’innovazione’. Scelta lungimirante, perché il concetto di una sola azienda (che sia Ibm o Microsoft, non importa) capace di avere tutte le risposte è sempre meno attuale e, dice Forrester, "ormai la miglior ricerca e sviluppo possibile sta nelle sinergie degli Innovation Networks".

Quale contromanovra per Microsoft?
Sulla contrapposizione Windows-Linux e sul cambiamento di paradigma dato dal modello di business Oss è lecito attendersi da Microsoft una risposta strategica di chiave alta. Per ora, però, a rompere il silenzio del numero uno del software c’è solo la sortita di Kevin Johnson, Vp Marketing e Vendite Worldwide, che ci sembra onestamente solo interlocutoria. In una dichiarazione del 31 gennaio scorso Johnson si compiace del guadagno di share da parte di Windows e Linux a spese di Unix nel 2004 e definisce Linux "Un’alternativa competitiva a Windows, e la concorrenza è benvenuta". L’unico attacco all’ecosistema Oss è questo: "Sempre più Isv open source vorranno competere e ciascuno cercherà una proposta di valore per differenziarsi. Linux, così come è successo a Unix, ha quindi il potenziale di frammentarsi". La Peerstone Research si chiede se gli executive Microsoft, di certo ben consapevoli della minaccia rappresentata da Linux e dal suo modello di business, non siano prigionieri della loro stessa cultura di ‘macinare l’avversario’, che è vincente quando si è portatori della nuova ideologia e tecnologia con cui attaccare il sistema avverso (quella con cui Windows ha spodestato Netware ed Explorer ha soffocato Netscape), ma è un handicap se impedisce di chiedersi, e di comprendere, se per caso i ruoli non si siano invertiti e il sistema legacy sotto attacco non sia diventato il proprio, per cui diventi necessario elaborare un cambiamento strategico per controbattere efficacemente il sistema alieno. Secondo Peerstone il punto è che: "Senza uno shift radicale nel modello di business, per Windows sarà una durissima guerra dei prezzi col modello di business di Linux." Si parla di Pc Linux a 199 dollari contro un configurazione Pc Windows minimale sui 400 (salvo situazioni, come sconti studenti o paesi emergenti, dove lo share faccia premio sul margine). Tony Scott, Cto di General Motors, prevede che i prezzi dei sistemi operativi Microsoft, e con essi i margini, saranno costretti ad abbassarsi consistentemente nei prossimi anni. Inoltre la "testa di ponte" di Linux nei Pc desktop (vedi riquadro) minaccia coi suoi prezzi un caposaldo della crescita Microsoft, la media e piccola impresa. Per non parlare dell’interesse all’Oss desktop espresso da un 58% di Cio di grandi aziende e di diversi paesi (sempre fonte Peerstone). Ci pare in definitiva che a Redmond ci si aspetti da Bill Gates una ispirazione (oltre che una sempre possibile nuova e-mail che dica che fare), per l’atteso Longhorn, il successore di Windows. Questo peraltro si sta rivelando uno sforzo titanico anche per una società del calibro di Microsoft. Al punto che, ‘off records’, il Meta Group si spinge a dire che Longhorn sarà l’ultimo sistema operativo partorito da un’azienda sola. Ecco un riscontro per l’allusione di Forrester alla lungimiranza Ibm sul condividere la ‘Innovation Networks’ in una visione di sviluppo collaborativo: nel caso di Linux, di fatto già organizzato su reti interaziendali e planetarie, questo è un valore che trascende lo stesso pur fondamentale modello di business profittevole, e Microsoft potrebbe valutare come distribuire un simile valore di innovazione collaborativa nel suo già collaudato ecosistema di Isv. Longhorn aiuterà certamente Microsoft, magari con misure tipo integrare funzioni come Office e Sql, ad allontanare i clienti da Linux e tentazioni come OpenOffice e MySql. Ma il vero valore al modello di business commerciale verrà da computer resi più versatili e collaborativi su base Xml: una collaboratività che aiuterà ad abbattere il Tco. Si sposterà più a favore Microsoft il break-even fra modello di business Oss e commerciale? Probabilmente sì. Si invertirà un trend che spinge anche altre piattaforme proprietarie ad ‘aprire il source’ (vedi Sun, che ha annunciato l’apertura di Solaris con licenze in abbonamento stile RedHat)? Probabilmente no, ma anche se non ci aspettiamo che Windows/Longhorn si aprano, potrebbero uscire con modelli di pricing innovativi. (R.M.)


Server, desktop e software: Linux entra ovunque
Nel mercato dei server, proiezioni Idc su 5 anni mostrano per Linux tassi di crescita annui composti (Cagr) che vanno dal 18% per quelle situazioni in cui Linux non è il sistema operativo primario al 26% per nuovi server con Linux Os primario. E predicono una crescita della share di unità gestite dal 24% Usa e 14% Emea di fine 2003 al 30% Usa e 22% Emea entro il 2007; con sgradevoli conseguenze per Windows: congelamento della quota attuale del 59% ed erosione di margini per difendere tale livello. Idc vede inoltre Linux "stabilire una testa di ponte sui Pc desktop", con un Cagr su 5 anni del 30% e una quota mondiale in raddoppio dal 3% odierno al 6% del 2007 (e rispettivamente dal 4 all’8% in area Emea). Ancora più spettacolare è la penetrazione di Linux come sistema operativo per il software pacchettizzato, dai database e application server, agli applicativi e gestionali, in una piramide al cui vertice per valore stanno gli Erp. Una zoomata di Peerstone Research sui ‘tre grandi‘ dell’Erp, Sap, Peoplesoft e Oracle, vede Linux in crescita rapidissima come ambiente operativo (dal 2% del 2004 al 15% del 2007) e come il beneficiario sostanzialmente unico della ritirata dei server Unix (nelle varie versioni Solaris, Aix, Hp-Ux), che tengono comunque la testa con un bel vantaggio su Windows, che è visto di nuovo segnare il passo. La crescita di Linux come Os per pacchetti software si intuisce ‘pesante’ in termini di cattura di fatturato hardware e software che ne viene a dipendere (siamo nel mondo delle grandi aziende). Ancora secondo Idc, il software pacchettizzato è la maggiore opportunità di business, con un Cagr a 5 anni del 44% e dunque ricavi previsti ad oltre 14 miliardi di dollari nel 2008 dai meno di 4 attuali. Tirando le somme, l’indotto complessivo di Linux ai suoi business partner (hardware e pacchetti software commerciali a base Linux), che è poi il suo modello di business, dovrebbe più che triplicare dagli 11 miliardi di dollari del 2004 ad oltre 35 a fine 2008, con un Cagr del 26%. Linux, conclude Idc, non è più fenomeno di nicchia (e fin qui ce ne eravamo accorti…) è ormai mainstream, con una forza che, stando a questi dati, supera le attese. (R.M.)

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