L’Application Performance Monitoring (Apm) sta assumendo un ruolo sempre più importante all’interno delle organizzazioni. Se le prestazioni delle applicazioni sono scadenti, non è solo la soddisfazione del cliente/utente a diminuire: cala la produttività, i costi aumentano, si perdono opportunità di guadagno e diminuisce l’efficienza generale dell’It a servizio del business. Ne abbiamo discusso nel corso di due recenti Tavole Rotonde di Redazione che ZeroUno ha organizzato a Milano e Roma, in collaborazione con Quest Software, ora parte di Dell, dalle quali è emerso che “benché l’Apm rimanga compito dell’It, l’analisi deve per forza partire dalle performance dell’utente finale la cui ‘experience’ diventa l’elemento attraverso il quale si delinea il governo applicativo. L’efficacia sul piano del business deriva dalla capacità di monitoring di tutto ciò che riguarda il ‘comportamento dell’applicazione’ lungo la catena di valore; bisogna altresì tener conto di tutti i ‘tasselli’ chiamati in causa dalle diverse modalità di erogazione del servizio applicativo”, osserva Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, aprendo i tavoli di lavoro. “Social, mobile, cloud e information management sono tutte aree in rapida crescita e in relazione tra loro, come prospetta Gartner che parla addirittura di un ‘nexus of forces’ che rende sempre più complesso riuscire a mantenere performance applicative elevate in funzione di ciò che realmente serve al business”, prosegue Uberti Foppa.
Come adottare allora un approccio all’Application performance management/monitoring di tipo ‘service oriented’ di valore per il business?
La vista iniziale:assessment ‘application centric’
Il punto di partenza è sempre avere una visione completa e dettagliata del parco applicativo e iniziare a pensare alle applicazioni come un servizio fornito agli utenti. La vista ‘application centric’ comporta interventi di revisione architetturale ma anche e soprattutto di approccio metodologico al cambiamento.
Approccio che, secondo Andrea Cioffi, Head of IT Services di Ing Direct, “deve essere orientato alla semplificazione della complessità. Il che significa, nel caso delle applicazioni, intervenire prima di tutto andando a verificare e comprendere quali siano le applicazioni più strategiche per il servizio al cliente (interno o esterno) e, quindi, per gli obiettivi di business. Il primo passo importante, a mio avviso, è iniziare a considerare l’Apm non come investimento It ma come piano strategico/organizzativo per l’azienda. Nel nostro caso non può essere altrimenti, dato che il business punta strategicamente sul servizio via web offerto alla clientela”.
“Una delle criticità maggiori, per quanto ci riguarda, sta nel governo di una base dati sempre più ampia che deriva da un parco applicativo eterogeneo, stratificato, complesso – osserva Angelo Caso, Test & Quality Manager Testing Lab, Application Platform di Telecom Italia -. Conoscere prima di procedere è quindi fondamentale. Dopo l’assessment si è poi rivelato fondamentale razionalizzare il parco applicativo e modernizzare alcuni servizi, prima ancora di impostare un monitoring applicativo”. “In A2A la conoscenza del parco applicativo si è resa necessaria a seguito di operazioni di acquisizione e fusione che la nostra realtà ha affrontato negli ultimi anni – interviene Paolo Manzoni, Cio di A2A -.
Il primo passo affrontato è stato dunque la categorizzazione delle applicazioni che abbiamo suddiviso in ‘mission critical’, ‘process critical’ e ‘ordinary’. Sulla base di questa suddivisione abbiamo poi sviluppato dei metodi di parametrizzazione e monitoraggio di natura tecnica: la vista dell’utente, in questo caso, non è un parametro contemplato ma gli aspetti tecnici sono comunque fondamentali per garantire l’erogazione del servizio ed è da lì che siamo partiti per razionalizzare il parco applicativo e semplificarne il governo. Adesso la sfida, naturalmente, è riuscire a garantire performance non soltanto tecniche ma in linea con l’operatività e le aspettative degli utenti che utilizzano le soluzioni”.
“La conoscenza dell’infrastruttura tecnologica sottostante le applicazioni è fondamentale – conferma Christian Ledwidge, Emea Sales Director – Monitoring di Quest Software, ora parte di Dell – perché consente di fotografare quali sono i link e le interrelazioni tra l’applicazione e le architetture a supporto ma anche quali sono le connessioni tra le varie applicazioni. Tutte informazioni assolutamente necessarie per capire quali sono gli elementi che impattano, nel complesso, sulla performance del servizio applicativo”.
Riprendendo proprio questa visione, Humberto Bonasso, Direzione Servizio Innovazione e Sviluppo Informatico di Banca d’Italia, spiega come, nel loro caso, “risulti fondamentale la continuità operativa”: “Per rispondere a questa necessità siamo prima di tutto intervenuti con un progetto di ‘enterprise architecture’ definendo in modo dettagliato la mappatura dei servizi applicativi e delle correlazioni con le architetture tecnologiche sottostanti. Oggi le criticità che dobbiamo superare riguardano i servizi che ruotano attorno ai sistemi Erp, molto complessi, e all’ingresso dei servizi cloud che hanno completamente cambiato la logica transazionale su cui si basavano le ‘vecchie’ applicazioni”.
L’approccio end-to-end
“I recenti progressi nel monitoraggio dell’esperienza degli utenti finali hanno consentito ai responsabili It di monitorare e risolvere più efficacemente i problemi del livello di servizio”, aggiunge Ledwidge. “Ecco perché si parla sempre più spesso di end-to-end Application Performance Management/Monitoring e di verifica delle performance ‘lato utente’. Il tracking della user experience sta assumendo un ruolo sempre più critico perché consente di capire l’interazione tra la soluzione tecnologica e coloro che ne usufruiscono. Tuttavia, senza un adeguato cambio sul piano dell’organizzazione e dei processi It, ancora oggi strutturati ‘a silos’, diventa improbabile riuscire a sviluppare una metodologia di controllo end-to-end”.
“La vista olistica è imprescindibile – aggiunge Oscar Martinez, South Europe and Benelux Sales Manager – Monitoring di Quest Software, ora parte di Dell -. Finché all’interno delle organizzazioni It avremo team separati, chi si occupa del network, dei data base, dei server, ecc. continuerà ad avere la vista solo ‘sul proprio pezzetto di infrastruttura di competenza’ e non si riuscirà a ‘salire’ alla vista dell’utente. Può anche accadere che sul piano tecnico tutto risulti funzionare al meglio, ma l’utente, di fatto, non sfrutta appieno la soluzione”.
“Una delle sfide maggiori all’interno dell’It, oggi, è riuscire a identificare e modellare le infrastrutture tecnologiche in base non soltanto alla tipologia di applicazione che devono supportare, ma anche allo ‘scenario d’uso’, ossia all’utilizzo specifico che ne fanno gli utenti”, commenta Annarosa Farina, Responsabile Applicazioni, Progetti e Gestione della Fondazione San Raffaele. “In quest’ottica, modernizzare applicazioni esistenti o svilupparne di nuove significa, prima di tutto, osservare e analizzare a fondo i processi di business, definire lo ‘scenario d’uso e identificare tutto l’impianto tecnologico necessario a supporto”.
“Se non misuro non controllo – aggiunge Matteo Bertolucci, Application Manager di Italcementi -. È chiaro che devo però sapere cosa misuro. Nel nostro caso volevamo un punto di controllo unificato sul servizio all’utente: siamo partiti dalla rivitalizzazione e dall’irrobustimento delle infrastrutture per rendere più efficienti i servizi ma, soprattutto, per conquistarci la fiducia degli utenti e poter quindi trovare l’appoggio e i budget per progetti più complessi. Oggi siamo arrivati a questo punto unico di controllo dove l’Apm, in realtà, si inserisce in un concetto molto più ampio di controllo e monitoraggio delle performance. Nel nostro caso, per esempio, non parliamo di Sla ma di Slu, ossia del livello di servizio all’utente, andando ben oltre il concetto di end-to-end. Nel controllo Slu, infatti, è coinvolta tutta la filiera, non solo l’It”.
“Affinché si possa trarre un beneficio concreto dall’Apm sul piano del business, dovrebbe essere chiaro fin da subito che si tratta di un percorso in continua evoluzione – puntualizza Francesco Petroni, Country Manager Italia di Quest Software, ora parte di Dell -. Le performance di business cambiano a seconda dei mercati in cui l’azienda opera, a seconda del periodo storico o della pressione economica o della concorrenza. Allo stesso modo, le performance dei servizi It devono dinamicamente evolvere in funzione del business, degli utenti che utilizzano il servizio applicativo, dei requisiti di qualità. Tutti fattori che cambiano, evolvono. Altrettando deve fare l’Apm che non è un progetto tecnologico, ma un percorso It/Business in continua evoluzione”.
Concorda con questa visione Francesco Venezia, It Account Manager di British American Tobacco Italia: “Il monitoring non è un concetto chiuso, ma un approccio costante che deve evolvere in funzione delle variabili organizzative e di business. A volte le criticità si trovano proprio nelle tecnologie: le scelte organizzative spesso rendono complessi i processi di unificazione e standardizzazione dell’It che si ripercuotono quindi sul servizio reso al business. E proprio per questo, l’It deve riuscire a garantire una certa proattività, analizzando le applicazioni e i servizi It in funzione anche di scenari di business futuri, ma per farlo deve avere una profonda conoscenza del business cui offrono il supporto”.
Verso il quality management lato utente?
Emanuele Schirru, Cio di Sose-Soluzioni per il Sistema Economico, focalizza l’attenzione sull’importanza dell’approccio metodologico, ma apre un’interessante prospettiva sulle ‘nuove frontiere’ dell’Apm: “Le aspettative degli utenti sono sempre maggiori e benché il controllo delle performance end-to-end rappresenti un efficace sistema di controllo dell’esperienza utente sarebbe interessante riuscire addirittura ad anticipare la user experience, lavorando sulla misurazione della percezione della qualità proprio dell’utente finale”.
“Sembrerebbe uno scenario fin troppo futuristico ma è proprio lì che stanno andando le tecnologie di monitoring – interviene Vincenzo Bassi, Territory account manager – Monitoring di Quest Software, ora parte di Dell -. All’interno di contesti sempre più indefiniti dal punto di vista di mercato, con modelli di business innovativi resi possibili grazie a mobility, cloud e social business, il nuovo vantaggio competitivo si costruirà sulla capacità di capire in tempo reale il comportamento di un utente e agire in modo preventivo con servizi di business ad hoc (resi possibili grazie al servizio It)”.
Ed è in una direzione simile che sta andando, per esempio, l’attività di ricerca governata da qualche anno da Ancitel, Associazione Nazionale Comuni Italiani che eroga servizi per le Pubbliche Amministrazioni e gli Enti Locali. A raccontarlo è il Direttore It, Valentino Di Toma: “Il nostro ambizioso obiettivo sarebbe quello di riuscire a comporre un puzzle di servizi resi alle Amministrazioni e ai cittadini facendoli ‘poggiare’ tutti su una piattaforma unica che funga da collettore, erogatore e gestore di servizi sia pubblici sia privati per rispondere, da un unico sistema, ai bisogni di cittadini e imprese, lungo tutto il territorio. In questo caso è pressoché fondamentale la vista end-to-end, soprattutto perché la catena del delivery del servizio si fa molto più complessa e gli attori coinvolti si moltiplicano – spiega Di Toma -. Anzi, deve essere proprio la prospettiva end-user a guidare la strategia di business”.
Misurare, controllare, governare: servono le competenze
Infine, riuscire a mettere a punto un sistema di indicatori per misurare le prestazioni sulla base delle esigenze di business non sempre è un percorso privo di criticità.
“Riuscire a definire dei parametri che tengano conto del servizio all’utenza e, quindi, dei Kpi di business, è alquanto difficile, perché significa trovare un punto di incontro tra due viste, quella It e quella business, su un tema non semplice da governare”, puntualizza Debora Guma, Responsabile Sistemi Informativi di Carrefour. “La vista olistica diventa assolutamente fondamentale perché è quella che aiuta l’It ad avere un controllo non solo sull’applicazione, ma anche sui processi. Tuttavia, un risultato simile si ottiene con un cambio organizzativo all’interno dell’It non sempre immediato, e con un rinnovamento delle competenze: riuscire a strutturare un modello di performance monitoring olistico richiede competenze ad hoc che nell’It, oggi, oggettivamente mancano. Infine, il modello olistico richiede anche un diverso approccio alla governance. E anche in questo caso, benché le tecnologie aiutino, la criticità risiede ancora una volta nell’organizzazione e negli skill”.
“Secondo me la risposta sta nel riuscire a portare all’interno dell’It persone del business – incalza Armando Bolzoni, Solution Development Director di Sia -. Sul piano della governance abbiamo deciso di ‘sposare’ la metodologia Itil per introdurre la cultura della misurazione e del controllo lungo tutta la delivery chain, dallo sviluppo applicativo all’erogazione del servizio. È chiaro che una scelta simile implica dei ‘sacrifici’ organizzativi e anche economici, ma il risultato di business in termini di performance supportate da un servizio It adeguato sono poi tangibili”.
“Nel nostro caso abbiamo dovuto definire processi ad hoc specifici per il monitoring che è parte del business”, interviene Paolo Capodanno, Cio di Elettronica. “Naturalmente il primo passo, come già accennato da alcuni colleghi, è stato l’assessment, necessario per il disegno dei processi di monitoring (e quindi per strutturarne l’organizzazione) che non possono essere uguali per tutte le applicazioni e i servizi e sistemi It. Le criticità maggiori stanno proprio nell’identificazione delle competenze necessarie a compiere questo percorso di revisione organizzativa: servono le competenze di processo”.
“Il nostro percorso ci ha visto impegnati nel passaggio da un sistema It totalmente ‘in house’ a un processo di esternalizzazione guidato dalle nuove logiche del ‘pay per use’ – racconta Alessandro Musumeci, Cio di Gruppo di Ferrovie dello Stato -. È stato inevitabile doverci concentrare sulla governance dei servizi e dotarci di sistemi di controllo e monitoraggio che non fossero It centrici ma funzionali al business. Nel nostro caso, infatti, i Kpi di business coincidono perfettamente con gli Sla tecnologici e con i livelli di servizio richiesti dai fornitori esterni i quali devono garantire il supporto richiesto efficacemente non tanto sul piano tecnologico quanto sull’operatività e le perfomance di business (pagando delle penali in caso di disservizio che non sono calcolate in base al problema tecnico ma rispetto al danno provocato al business). Un percorso di trasformazione di questo tipo ha comportato una forte focalizzazione dell’It sul demand management, un vero salto culturale”.