Sempre più numerose e sempre più attente alla sostenibilità ambientale , le startup agrifood sia in Italia che nel mondo danno un forte contributo alla svolta green del settore e lo fanno soprattutto orientando l’utilizzo delle nuove tecnologie verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile indicati dall’ONU (SDG) e dimostrando, nella pratica, che non solo sono un elemento fondamentale per ottenere risultati concreti ma possono essere anche sempre più facilmente introdotte laddove esistono (o esistevano) barriere infrastrutturali o culturali.
Startup agrifood sostenibili più numerose e più attraenti per il mercato
Se la percentuale delle startup del settore che hanno scelto come valore trainante la sostenibilità nell’ultimo anno è cresciuta solo di un punto (dal 24% al 25%) a livello mondiale – che va però letto alla luce di un generale aumento numerico di quelle totali censite (da 4.909 a 7.120) – in Italia si passa dal 13% al 29% a fronte di una crescita totale da 53 a 76. Questi dati, riportati nell’ultimo report dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano sono ancora più significativi se uniti all’evidenza che anche il mercato, e non solo coloro che sono sensibili ai problemi ambientali, crede in questa spinta fresca, tecnologica e sensibile al tema. Nel 2020 infatti la percentuale delle startup agrifood sostenibili finanziata è aumentata di 1 punto percentuale ma accompagnato da un aumento del finanziamento medio raccolto che cresce da 5,2 milioni di dollari a 7,7 a livello mondiale, meno nel contesto europeo e italiano dove si hanno investimenti medi stabili rispettivamente di 2,7 e 1 milioni di dollari.
In questo “movimento” di startup agrifood sostenibili, cercando di dare il proprio contributo e allo stesso tempo di attirare investitori e clienti, ciascuna si focalizza su diversi SDG, i target più gettonati ad oggi sono il 12.2 riguardante l’uso efficiente delle risorse, perseguito dal 17% delle startup censite, e il 2.4 relativo alla produttività e resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici, nella mission del 12% delle startup.
Ogni business plan combina spesso molteplici target con la tracciabilità come obiettivo trasversale e perseguibile grazie all’applicazione di diverse tecnologie. La blockchain gioca un ruolo da protagonista in tal senso, come nel caso di Connecting Food (Francia) e Wenda (Italia) con le loro piattaforme per tracciare i prodotti lungo la linea di produzione o all’interno dell’intera filiera, ma non sta prendendo piede a grande velocità perché non è immediato farla implementare a tutti i soggetti coinvolti, sia per problemi tecnologici e di qualità del dato, sia di resistenza culturale. “La sua adozione può essere ad aggi ancora complessa ma molto dipende dalle caratteristiche di ogni singola filiera” ha osservato Giulia Bartezzaghi, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability spiegando come stiano assumendo una crescente importanza invece le smart label, “etichette che, applicate ai lotti, sono in grado di raccogliere in modo dinamico dati come la temperatura e l’umidità ma anche di localizzare il prodotto, fornendo informazioni preziose sul suo stato di conservazione”.
Efficientamento delle risorse: sensori e DSS ma anche droni e sharing economy
Con l’idea di aiutare le realtà produttive a effettuare un utilizzo maggiormente efficiente delle risorse (Target 12.2), e anche di aumentare la loro produttività e la loro capacità di resilienza al cambiamento climatico (Target 12.4), molte startup propongono soluzioni di agricoltura e di irrigazione di precisione che prevedono l’utilizzo di sensori sempre più intelligenti e in grado di raccogliete dati sull’andamento dei raccolti, da incrociare poi con quelli esterni. Stanno comparendo anche i droni come tecnologia accessoria, equipaggiati con sensori o sistemi di raccolta immagine, mentre già di largo uso sono i sistemi di supporto decisionale (DSS) che con le informazioni ottenute sono in grado di guidare gli agricoltori verso un uso più efficiente e una condotta più sostenibile.
La startup Viridix (Israele) ha ideato un sistema di irrigazione di precisione che supporta le attività in campo e invia messaggi di alert tramite app, Fishency Innovation (Norvegia) allarga il campo di applicazione all’itticoltura monitorando la salute dei pesci di allevamento per prevenire la diffusione di agenti patogeni mentre Sencrop (Francia) mira a diventare il leader europeo del meteo ultra locale. La sua piattaforma di dati agro-meteorologici ne fornisce in tempo reale ogni quarto d’ora alimentando strumenti di gestione dei rischi delle colture e ogni agricoltore può accedere non solo ai propri sensori ma anche a quelli della sua comunità locale formata da cooperative, gruppi di suoi “colleghi”, sindacati di viticoltori o arboricoltori: una sharing economy dei dati meteo, il semplice ma sempre vincente “fare squadra”, stavolta contro i capricci del clima.
Tecnologie di interconnessione e intermediazione per la difesa dei piccoli e del territorio
Unendo le forze, non solo per arginare i danni del cambiamento climatico, i piccoli agricoltori possono beneficiare di importanti vantaggi da diversi punti di vista ed è quello che vogliono dimostrare le startup agrifood impegnate nei target relativi alla promozione dei prodotti locali del territorio (8.9, perseguito dal 12% di startup) e alla distribuzione più equa del valore economico generato nella filiera (8.5 perseguito dal 5% di startup). La maggior parte di esse propone piattaforme di intermediazione che mettono in connessione i produttori tra loro o con altri anelli a valle della filiera.
“L’obiettivo generale è fare massa critica, in alcuni casi per supportare meglio le attività produttive, in altri per ottenere un miglior accesso alle risorse o a tipologie nuove di clienti – ha spiegato Bartezzaghi – soprattutto fuori dall’Italia, in Paesi dove è ancora più sentito il tema dell’accesso al mercato e dello sviluppo delle aree rurali, lo scopo di queste iniziative è quello invece di permettere il raggiungimento di potenziali finanziatori”. Andando in Uganda, infatti, si incontra Enimiro, piattaforma/app agricola che connette agricoltori ugandesi di piccole dimensioni con investitori delle aree urbane locali offrendo ai primi i mezzi e risorse per aumentare il raccolto e per vendere i propri prodotti e, ai secondi, opportunità di investimento in economia locale beneficiando di quota dei profitti generati dal raccolto.
La cinese Xiaogule si focalizza sui clienti finali, si pone come mediatore logistico fornendo trasporto, tecnologia, marketing e supporto clienti alle imprese locali perché possano conquistarli con prodotti e servizi a basso costo e acquistabili facilmente online, analogamente agisce l’indiana Go Desi che mette in vendita però solo dolcetti di piccoli produttori con lo scopo preciso di tutelarne conoscenze e tradizioni.
Dati contro le eccedenze ma non basta gestirle, serve prevenirle
Tra le startup italiane agrifood sostenibili che “mettono i produttori su piattaforma” c’è anche Thinkabout che propone uno speciale “e-commerce delle eccedenze” per contrastare lo spreco di cibo. Con il suo progetto NO.W (NO WASTE) consegna a prezzo scontato ai dipendenti delle aziende prodotti non più vendibili tramite canali tradizionali perché troppo vicini alla scadenza o con packaging esteticamente impresentabile, aiutando i produttori a smaltirli in modo sostenibile sia economicamente che dal punto di vista di ambientale.
La lotta contro lo spreco di cibo (Target 12.3) è presente nel business plan del 7% di startup censite a livello mondiale ma “sarà sempre di più una priorità, della società e in particolare delle aziende stesse – ha sottolineato Bartezzaghi – che si stanno sempre più rendendo conto del costo anche economico delle eccedenze. In questo caso più che nuove tecnologie, si vedranno nei prossimi mesi quelle già note ma applicate in modo diverso, sempre di più per intervenire a monte e non solo a valle, per prevenire la produzione di cibo che poi andrà sprecato e non per gestirlo una volta già sul mercato”.
Diventeranno forse di uso comune infatti frigoriferi che monitorano le date di scadenza per limitare lo spreco di cibo tra le mura domestiche, sono già molto diffuse app B2C come “To good to go” che permette di recuperare i prodotti invenduti a basso prezzo presso le attività commerciali della propria zona, ma il focus si sposterà sempre di più su quelle ancora emergenti e che mirano alla prevenzione. “La tecnologia può aiutare anche a controllare la generazione di eccedenze tramite software di raccolta dati per ottimizzare la gestione magazzino oppure i futuri raccolti ma anche per ottenere suggerimenti su possibili scontistiche o offerte” ha illustrato Bartezzaghi portando l’attenzione anche “sull’importanza della misura e della quantificazione del fenomeno”.
Anche in questo caso l’innovazione tecnologica gioca un ruolo chiave, con i droni che fotografano ciò che resta in campo, con i sensori per avere informazioni sui prodotti in prossimità scadenza, con le smart label, i packaging parlanti e la blockchain per una raccolta tempestiva e condivisione dati. Per il futuro, l’imperativo è prevenire sprechi “e tutte le tecnologie che permettono la raccolta e la condivisione dei dati in modo dinamico sono una frontiera aperta, da perseguire”.