Milano – Nella sede di Assintel, l’evento “Cloud Computing in Italia” ha dato il via a una nuova serie di appuntamenti battezzati “Insight” e organizzati da NextValue con l’obiettivo dichiarato di “fornire un ritorno concreto di idee derivanti da esperienze di avanguardia di Cio Italiani”.
Durante l’incontro, Alfredo Gatti, Managing Partner di Next Value, insieme a quattro Business Partner (Google, Ibm, Informatica e Telecom Italia), ha presentato i risultati della ricerca condotta a novembre 2012 su un campione di 142 Aziende italiane Top e Medio Grandi.
Tra i dati più rilevanti dell’indagine, si evidenzia in primis l’impennata della nuvola negli ultimi quattro anni: l’adozione attuale o stimata del cloud è schizzata dal 34% (2009) al 61-68% (triennio 2010-2012). Inoltre, cresce dal 12% al 40% la percentuale di chi vede nel cloud la strategia tout court che porterà in azienda servizi It nei prossimi 3 – 5 anni, previa una necessaria integrazione nei sistemi legacy. A un’adozione solo tattica e non strategica, dettata dalle minori risorse a disposizione, crede invece una quota di intervistati che dal 35% è salita al 46%. Non supera il 14% lo zoccolo che resta invece scettico.
“Nell’esperienza del panel intervistato, il cloud è un cambiamento sostenibile” ha sottolineato Gatti, stimando che in un panorama di spesa It italiana 2012 in contrazione a 19 miliardi di euro, la nuvola valga già un 3,3% (620 milioni), crescendo a ritmi del 58% anno su anno. Insomma, “Il futuro è sempre più servizi in cloud” ha precisato.
Lo scenario di adozione italiano
Se la nuvola è quindi una tappa obbligata dell’evoluzione It per tutte le imprese, a fare la differenza, invece, sarà la velocità di adozione con cui le aziende abbracceranno i servizi cloud, che varia a seconda del tipo di organizzazione (fig. 1). La spinta maggiore verrà dalle aziende Top (nel panel un 37% di multinazionali italiane, più un 25% di consociate italiane di multinazionali): si sono visti nuovi Cio chiamati col semplice mandato di rendere l’It strategico per il business a costo di “stravolgere l’ordine precedente al cloud”. Tutte le aziende Top stanno popolando il portafoglio servizi, la sfida è semmai orientarsi nel “non facile labirinto dell’offerta”. Insomma sulla curva dell’innovazione le aziende Top “stanno già uscendo dalla fase pionieristica degli Early adopter per entrare ormai nel mainstream, con adozione opportunistica”.
Ma consumerizzazione e Byod produrranno una robusta spinta anche in fascia bassa, partendo dagli studi professionali, dalle micro aziende e dilagando dal basso nelle Pmi. Si scoprirà di stare sempre più usando servizi cloud. Una minor velocità di adozione è semmai prevedibile “nel mezzo”, presso aziende con il loro bravo Erp presidiato da un’offerta tradizionale, specializzata in soluzioni settoriali (il restante 38% nel panel).
Diminuiscono gli ostacoli “culturali” al cloud, non tanto da chi a priori decide che la nuvola non fa per lui, quanto per le preoccupazioni su sicurezza, compliance e privacy: ma è ormai ben sotto il 40% la percentuale di chi percepisce queste problematiche come “show stopper”; per gli altri bastano attenzione e cautela. La preoccupazione si sposta piuttosto sull’integrazione con il legacy dei servizi ottenibili dal cloud.
I trend più evidenti
Per quanto riguarda gli obiettivi strategici che spingono all’adozione del cloud (fig. 2), sono state tre le risposte più gettonate. Al primo posto si segnala l’abbattimento del time to market, seguita dalla necessità di ridurre o eliminare costi e investimenti non giustificati da ritorni. Terza in classifica, è invece l’integrazione estesa dell’informazione: l’It deve sostenere tutta la catena del valore che collega Partner e Fornitori ai Clienti attraversando i gangli che creano valore interno.
A fianco delle finalità strategiche, l’adozione del cloud è sostenuta anche da obiettivi It: innanzitutto, la business continuity e in secondo luogo la protezione logica e fisica dell’informazione (e qui entra in gioco la capacità del Cloud provider nel porsi come alleato del Chief Security Officier condividendo il rischio con Sla opportuni). Al terzo posto, si parla di ridurre i tempi di delivery: meglio comprare servizi di procurement, integrazione e supporto, piuttosto che sviluppare in casa sistemi e applicazioni. Ed è in questo contesto che sta emergendo la tendenza al cloud brokerage, ovvero al ricorso sempre più frequente da parte delle aziende ad "intermediari" profondi conoscitori della nuvola, in grado di indirizzare le scelte di acquisto verso le soluzioni, i contratti e i fornitori ottimali in base alle esigenze specifiche.
I progetti su cui le aziende andranno a investire maggiormente sono in ambito Information Security Management (92%), mobility e Byod, Nas aziendali, business analytics e unified communication: tutte queste iniziative verranno realizzate per il 69% in cloud (fig. 3).
Per quest’anno, le intenzioni di spesa riguardano al 28% la trasformazione dell’esistente in funzione delle nuove esigenze di business, progetti che coinvolgono il cloud in oltre il 27% dei casi. C’è poi un 30% destinato all’innovazione vera con l’implementazione di soluzioni nuove, per il 44% in cloud.
Sono percentuali consistenti. Le dimensioni del fenomeno cloud sono in assoluto rilevanti: nel panel, ci sono aziende che hanno investito oltre un milione di euro in progetti sulla nuvola, sviluppando iniziative di private cloud per l’8%, Iaas 9% e Paas 11%. È un segnale incoraggiante di “resilienza del sistema produttivo, sia pure per aziende leader” (fig.4).
Un secondo segnale è legato alla figura del Cio stesso, che nel nuovo scenario cloud, deve essere in grado di evolvere al ruolo di Chief Innovation Officer per non essere tagliato fuori dai giochi (fig.5).
Con l’implementazione di progetti sulla nuvola, la gestione dei servizi It resta un’area portante nelle mansioni del direttore It, ma di minor attenzione (se questa era una prerogativa del Cio nel 43% delle imprese, con il passaggio dall’It tradizionale al modello cloud, la percentuale si riduce al 37%). La gestione dei processi dell’impresa estesa diventa più importante (il direttore It è coinvolto in questa mansione nel 18% dei casi, mentre prima nel 16%). Tra gli incarichi del Cio, esplodono invece le attività di collaborazione con clienti esterni e Partner (le casistiche passano dal 15 al 21%).