In ripresa dopo l’Annus Horribilis, il 2020, per non adagiarsi sull’effetto rimbalzo ed essere pronto a competere anche sul piano internazionale. Per farlo, il turismo italiano deve digitalizzarsi e imparare a fare rete. Difficile dire quale delle due mission sia più impegnativa, ma c’è un Hub del Turismo Digitale in arrivo su cui il PNRR investe 114 milioni di euro, con l’obiettivo di farvi aderire almeno il 4% degli operatori entro il 2024. Dopo la “stasi” legata al Covid-19, poco sfruttata, questa è l’ultima possibilità per il settore di evolvere e continuare a fare da traino al sistema economico nazionale. Oggi non basta più essere “il Bel Paese” per conquistare i viaggiatori.
AI, servizi innovativi e contenuti mirati: così il PNRR fa resuscitare italia.it e il turismo
L’obiettivo di creare un polo per collegare tutto il mondo del turismo italiano, concretamente si traduce nella realizzazione di una piattaforma web dedicata, o meglio di una “pesante release” del portale Italia.it. Perché stavolta possa decollare e dare buoni frutti, verrà ampliato il portafoglio servizi a disposizione del turista e dei professionisti del settore, integrando l’offerta che già esiste delle diverse DMO (Destination Management Organization). Il nuovo sito ospiterà anche contenuti tematici mirati anche a target di nicchia e verrà promosso sui canali social per raggiungerli e conquistarli.
I 114 milioni di investimento previsto supporteranno altri due interventi specifici. Uno riguarda modelli di intelligenza artificiale per analizzare il comportamento degli utenti online e sviluppare offerte data-driven, l’altro un “Kit di supporto per servizi digitali di base” a beneficio degli operatori turistici di piccole e medie dimensioni e delle zone più arretrate del Paese.
Non solo vetrina: il settore chiede un hub con taglio commerciale
In attesa della prima release prevista entro maggio 2022, si prova a immaginare ciò che sarà questo hub. “Sicuramente non dovrà puntare a competere direttamente con le piattaforme internazionali di prenotazione, ma distinguersi valorizzando verticalmente l’offerta italiana e includendo la possibilità di prenotare prodotti più articolati rispetto a quelli offerti dalle OTA globali” spiega Matteo Montebelli, responsabile Ricerche, Analisi & Pubblicazioni della Direzione Relazioni Istituzionali e Centro Studi del Touring Club Italiano. Saranno quindi essenziali le sinergie con i tanti portali regionali e locali, ma non basterà aggregare l’esistente: serve compiere uno scatto in avanti “fornendo spunti di visita per esperienze in linea con trend attuali come il turismo sostenibile e lo slow tourism”.
Condizione non sufficiente, ma strettamente necessaria per il successo dell’Hub voluto dal PNRR, in ambito turismo, è che segua un’ottica di promo-commercializzazione. Lo è per il Touring Club Italiano, ma anche per Federturismo: “solo così sarebbe davvero un aiuto concreto per gli operatori e li incoraggerebbe a partecipare – spiega infatti la presidente Marina Lalli – solo se aggrega realmente tutta l’offerta, anche le mete minori, può diventare l’unico punto di accesso per chi viene in Italia. Noi saremo pronti a indirizzarlo al meglio”.
Non è una sfida digitale, ma ricorsiva e tipicamente italiana quella della difficoltà nel fare sistema e il settore turismo non si sottrae alla tradizione. Sul territorio “tutti vogliono essere padroni dei propri 3 metri quadrati e promuoverli da soli, non ci si rende conto che il turista (soprattutto internazionale) pensa all’Italia nella sua interezza e non vuole dover cliccare su troppi siti per girarla da Nord a Sud” spiega Lalli. E aggiunge: “C’è anche un proliferare di associazioni di categoria, spesso senza alcun peso istituzionale, che non si parlano e favoriscono la frammentazione”.
A pagare il prezzo di questo clima di “autogestione locale” sono spesso i piccoli borghi e le mete meno note, che non hanno le forze per promuoversi da sole e restano ai margini mentre le grandi città faticano a gestire i flussi.
Alfabetizzazione digitale di massa per un settore abituato a vivere di rendita
Anche in questo intervento, i buoni propositi del PNRR si scontrano poi con l’evidente arretratezza tecnologica del Paese. “Pochi hanno approfittato della stasi del 2020 per colmare il proprio gap digitale e la situazione è drammatica” secondo Lalli che ritiene “necessario rendersi conto che oggi la digital transformation è un passaggio obbligatorio, molti non l’hanno ancora fatto”.
Guardando ai dati sull’attrattività e sui flussi turistici verso il Bel Paese degli ultimi anni, lockdown esclusi, oltre che necessaria la digitalizzazione risulta drammaticamente urgente. “L’interesse mostrato dai visitatori per l’Italia sta convertendosi sempre meno in reali visite – sottolinea Lalli – i nostri competitor sono molto più avanti da questo punto di vista”.
Dietro a questa piaga c’è una mancanza di consapevolezza, ma anche un problema di dimensioni: “il settore è composto da tante piccole realtà gestite grazie a personale che, anche se spesso ‘tuttofare’, non riesce a gestire anche la parte digitale. Spesso non la ritiene una priorità – spiega Lalli – e per innescare una svolta in tal senso abbiamo proposto al Ministero per l’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale un’attività alfabetizzazione connessa al PNRR. Se non riusciamo a colmare questo gap, l’Hub resterà una scatola vuota”.
Oltre 300 startup del turismo in Italia, ecco a chi chiedere una mano
Nate per innovare, digitali quasi per definizione e propense a fare sistema, le startup del turismo potrebbero contribuire alla “missione Hub” del PNRR “ma spesso vengono coinvolte di facciata e non concretamente”. Karin Venneri, presidente dell’Associazione Startup Turismo, ritiene che anche stavolta stia accadendo così: “non si sta agendo efficacemente a livello di ecosistema – afferma – molte startup hanno già lavorato su tecnologie e go to market sviluppando piattaforme e coinvolgendo operatori. Hanno tra le mani soluzioni pronte per essere integrate, perché non utilizzare queste invece che partire da zero? Se si vuole davvero realizzare l’hub bisogna parlare alla piccola parte evoluta del settore, non ai colossi istituzionali regionali con cui il progetto rischierebbe anche di arenarsi”.
Ce ne sarebbero circa 300 di startup a cui rivolgersi per includere e coinvolgere nella ripresa del Paese questo ecosistema piccolo ma vario e vivace, più B2B che B2C “per mancanza di capitali”, e sempre più importante per il settore. Vetteri racconta che molte operano nell’hospitality e alcune nella digitalizzazione del patrimonio museale ma sono nati anche nuovi trend che scompiglieranno presto le carte. I viaggi/dating di gruppo e le piattaforme di aggregazione di offerte verticali (biking, trekking, sailing), ad esempio, ma anche tante applicazioni di intelligenza artificiale. Sempre più dominante è il tema della sostenibilità, “un filone nuovo ma estremamente promettente – spiega Vetteri – tante startup propongono un modo nuovo di vivere l’esperienza viaggio, in linea con quei valori ambientali ed etici a cui il turista è sempre più attendo. Sono poi soluzioni innovative e attraenti che vengono capitalizzate come progetto CSR”.
Digitale e ambientale: la doppia evoluzione pretesa dal PNRR
Anche nel PNRR digitale e sostenibilità sono sempre associati, tutti i settori devono infatti compiere questa doppia evoluzione, il turismo non può sottrarsene se vuole raggiungere con la sua offerta anche segmenti sempre più premium.
Gli investimenti in arrivo, secondo Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano, dovranno portare anche ad un deciso innalzamento della qualità e della competitività. Due le sfide su cui lavorare per far sì che accada “una costante e determinata digitalizzazione e un cambio di paradigma verso il Neverending Tourism, la Data Valorisation e gli investimenti sulle competenze”.
Proprio lungo queste due direzioni si stanno investendo i fondi a disposizione per il Turismo 4.0 (Missione 1.3). In totale sono 2,4 miliardi di euro: tolti quelli per l’Hub, 500 milioni andranno al programma Caput Mundi, Next generation Eu per grandi eventi turistici e i restanti 1,8 miliardi ai fondi per la competitività delle imprese turistiche. Se in quest’ultimo intervento il digitale potrà essere solo una conseguenza indiretta della ripresa del settore, in “Caput Mundi” avrà invece un compito importante. L’obiettivo principale dell’intervento è riscattare la città Roma nel mondo, valorizzando non solo i già noti monumenti ma anche il suo lato sostenibile, solidale e inclusivo. Sarà quindi necessario rendere accessibile e attraente un maggior numero di siti turistici e creare alternative valide e competitive che portino il turista anche in aree meno centrali. Solo con l’aiuto del digitale si può compiere questa impresa.