La strada aperta verso l’impresa adaptive

Per Irving Wladawsky-Berger, tra i maggiori responsabili delle scelte tecnologiche di ibm, l’interoperabilità tra sistemi e applicazioni che può essere assicurata da linux e dal software open source è la premessa per raggiungere quella semplificazione e flessibilità dei sistemi informativi necessaria per realizzare l’idea di un’impresa capace di adattare dinamicamente i processi di business alle richieste del mercato

Pubblicato il 02 Nov 2004

Due componenti non trascurabili del successo di Ibm sono la capacità di prevedere con grande anticipo i trend dell’It (anche perchè spesso è lei stessa che li determina), le nuove aree applicative, le tecnologie che rompono con la tradizione; e l’abilità nel tradurre queste ‘vision’ in opportunità di business (ovviamente non sempre vi riesce !). Negli ultimi dieci anni questa potente azione innovativa è stata in gran parte ispirata e gestita da un signore, Irving Wladawsky-Berger, Vicepresident of Technology and Strategy del Server Group, al quale Big Blue ha via via affidato il compito di definire e di mettere a punto i congegni capaci di trasformare in consistenti flussi di fatturato ‘idee’ come Internet, Linux, i Web Service e, più di recente, il ‘business on-demand’ con i corollari dell’autonomic e del grid computing. Qualche tempo fa Wladawsky-Berger è stato l’ospite d’onore di una giornata che Ibm Italia ha voluto dedicare a Linux, per comunicarne lo stato dell’arte, parlare di quello che accade nel mondo dell’Open Source e, sopratutto, delineare il ruolo che questo sistema operativo avrà negli sviluppi a medio e a lungo termine dell’It (secondo, ovviamente, la propria prospettiva).

Irving Wladawsky-Berger
Vice President of Technology and Strategy dell’Ibm Server Group

Ormai, infatti, non si tratta più di chiedersi se e quando Linux riuscirà ad emergere: gli analisti prevedono che fino al 2007 il suo tasso di crescita, nella sola area server, sarà del 30% annuo, con un incremento, sempre annuo, di market share del 14%. Con questi valori, è facile capire che nel giro di pochi anni Linux sarà uno dei sistemi operativi di riferimento, e non solo per grandi aziende o impieghi infrastrutturali. Secondo Gartner, il 45% delle Pmi del mondo starebbe infatti considerando Linux come piattaforma per le proprie nuove applicazioni. Una quota, quasi impensabile fino a pochi anni fa, che significa che gran parte dei futuri sviluppi applicativi dell’It mondiale potrebbe essere concepita in termini di open standard.
“Quando abbiamo incominciato a lavorare su Linux e ad appoggiare il movimento Open Source – ha ricordato Wladawsky-Berger nel suo ‘keynote address’ – fu subito evidente che avevamo a che fare con un’evoluzione dei medesimi concetti che stavano alla base di Internet. Concetti che ci avrebbero permesso, attraverso il supporto di un numero sempre maggiore di standard, di facilitare in modo straordinario l’integrazione dei sistemi informatici e la portabilità delle loro applicazioni. Lo stesso è accaduto quando, nell’ottobre 2002, abbiamo lanciato il ‘business on-demand’. Anche allora si trattava di estendere i noti concetti di network, comunicatività e ‘repository’, a risorse quali potenza di calcolo, capacità di storage e funzioni applicative, in modo tale da renderle accessibili su richiesta mediante la Rete. Un obiettivo assolutamente prioritario in questo particolare momento storico che vede il mondo impegnato nella transizione da una società industriale a una società basata sull’informazione e sulla conoscenza.”
Wladawsky-Berger ha quindi sottolineato gli sforzi dedicati al tentativo di comprendere le diverse criticità emergenti nel cammino verso la nuova società dell’informazione. Criticità derivanti dal fatto che il mondo diventa sempre più interconnesso, che la sua complessità cresce continuamente, che il cambiamento sta sempre più accelerando, e che la gente, così come le organizzazioni, dai governi alle imprese, hanno sempre maggior bisogno di nuove opzioni e nuove alternative. “Abbiamo così esaminato a fondo la nostra iniziativa ‘on-demand’ per capire come sarebbe stato possibile affrontare le crescenti esigenze di interconnessione della nostra società attraverso l’integrazione; ridurre i livelli di complessità delle nostre infrastrutture attraverso la semplificazione; fornire più opzioni e alternative attraverso la flessibilità e, infine, con quali mezzi avremmo potuto migliorare la nostra capacità di reagire al sempre più rapido cambiamento.”
Alla base della visione Ibm del ‘business on-demand’ c’è quindi la convinzione che sia impossibile gestire un mondo di crescente integrazione senza standard aperti, comunemente accettati, capaci di garantire che ogni componente dei sistemi informatici possa essere connesso a qualsiasi altro, in modo che ogni ‘pezzo’ possa funzionare con tutti gli altri. “Questa – osserva Wladawsky-Berger – è probabilmente la lezione più importante che abbiamo ricavato da Internet. Un insegnamento che Ibm ha accolto in pieno diventando sostenitrice dell’Open Source, degli open standard e della loro implementazione. Più l’It si diffonde, permeando la nostra società, più dovremo poter lavorare con qualsiasi dispositivo informatico: i vecchi, i nuovi e anche quelli che non sono ancora stati inventati; naturalmente con tutte le funzioni sviluppate per essi nel tempo dai vari produttori. Un obiettivo raggiungibile solo attraverso una completa accettazione del concetto di open standard.”
Per Ibm, Linux sta assumendo nei confronti della connettività e dell’integrazione il ruolo che ha il protocollo Tcp/Ip nei confronti del Web e della comunicazione globale: trattandosi di un sistema operativo multipiattaforma, ogni applicazione scritta rispettando le sue specifiche può girare su qualsiasi hardware. Per cui, se si vuole essere certi che un’applicazione possa girare ovunque, basta essere sicuri che giri sotto Linux. Un sistema operativo che, proprio per questo, non può che facilitare enormemente l’integrazione e la connettività. Il concetto di per sè, è lineare e semplice. Ci sono voluti decenni perchè i fornitori, Ibm compresa, ne accettassero il valore e ne supportassero lo sviluppo tecnologico. Uno degli sviluppi più promettenti del mondo degli open standard è poi il grid computing, che proietta il concetto di Internet ad un livello più elevato, permettendo ad ogni utente e a qualsiasi applicazione di connettersi a tutte le risorse di cui può aver bisogno in modo indipendente da dove queste si trovino. Open standard e grid computing stanno convergendo in modo da rendere la Rete un ‘repository’ non solo di contenuti ma anche di applicazioni e di tutto ciò che le può rendere accessibili e utilizzabili ‘su richiesta’ attraverso i Web service.
“Il grid computing non è più solo una speranza – assicura Wladawsky-Berger – ma si sta diffondendo dal mondo delle Università e della ricerca anche in altri settori. Uno è, ad esempio, la Pubblica amministrazione: i governi si rendono conto di come l’It sia una risorsa critica per quanto riguarda la ricerca, l’istruzione, la sanità, lo sviluppo dell’economia e la sicurezza; tutti ambiti dove l’uso degli open standard e la possibilità di condivisione delle risorse resa possibile dal grid computing, viene vista con grande interesse per diverse ragioni, compresa quella di riuscire a migliorare l’efficienza delle relative infrastrutture riducendone, al tempo stesso, i costi.”

La semplificazione dell’infrastruttura
La semplificazione delle infrastrutture It non è solo uno dei concetti alla base del computing ‘on-demand’, ma nella maggioranza dei casi è anche il primo passo da compiere per poterla realizzare. Ed è un’idea che piace molto a tutti quei Cio che devono ogni giorno affrontare la gestione di ambienti di cui stanno sempre più perdendo il controllo. Diversi sono i motivi che fanno lievitare la complessità di sistemi It, ma sicuramente il principale è legato al fatto che quelli attuali si sono evoluti attraverso processi che hanno accumulato capacità elaborativa in ‘silos’ isolati, costruiti utilizzando le più svariate piattaforme tecnologiche e talvolta geograficamente dispersi.
“Fino a non molto tempo fa – ricorda Wladawsky-Berger – installare piattaforme eterogenee a supporto di nuove soluzioni applicative sembrava una scelta intelligente. Questa pratica ha invece contribuito ad aumentare la complessità delle infrastrutture informatiche fino a livelli che, anche a causa dei costi correlati, cominciano ad essere considerati inaccettabili. Da qui l’inizio del riflusso, il diffondersi della pratica di consolidare i server, e il crescente interesse verso Linux.”
Ma si tratta di progetti i cui obiettivi, assicura Wladawsky-Berger: “…stanno andando ben oltre la semplice server consolidation, poiché sempre più spesso riguardano anche problemi d’integrazione di dati e applicazioni. Non solo: stanno emergendo anche altre tecnologie capaci di contribuire alla semplificazione dell’It e di cui si prevede un’ampia diffusione nel prossimo futuro. Due di queste sono la ‘server virtualization’ e il ‘logical partitioning’, che consentono a più ambienti operativi di ‘girare’ contemporaneamente all’interno di uno stesso processore.

Un’It meno costosa e più flessibile
Le aziende vorrebbero che l’It si muovesse alla stessa velocità alla quale le esigenze del business le costringe a muoversi. Di conseguenza, una delle principali sfide che i Cio devono affrontare è quella di ridurre complessità e costi dell’infrastruttura It rendendola nel contempo più flessibile. La strada in questa direzione è stata imboccata, ma vi sono ancora molti progressi da fare. Rendere l’It più flessibile e migliorarne la capacità di risposta, è infatti un problema non solo di hardware e software, ma anche di integrazione di sistemi e di applicazioni, e di una migliore comprensione del business stesso e della sua gestione (vedi, per un esempio di probblematiche di integrazione verso un modello di real time enterprise, l’articolo seguente). “Tutte le tecnologie di cui abbiamo parlato – osserva Wladawsky-Berger – possono essere di aiuto”. In particolare, i sistemi BladeCenter, basati sulla tecnologia blade server con schede popolate da uno o più processori, memorie e interfacce per la connessione in Rete montate in rack provvisti di tutto ciò che serve al loro funzionamento, possono costruire, magari in combinazione con gli e-Server zSeries, architetture informatiche assolutamente più semplici di quelle dei DataCenter attuali. Se queste combinazioni utilizzassero Linux come sistema operativo, consentirebbero di facilitare sensibilmente la realizzazione di infrastrutture capaci, se necessario, di riconfigurarsi automaticamente e di modificare la loro capacità elaborativa al variare delle esigenze.”Per rendere le aziende più flessibili non basta operare sull’It, ma bisogna anche intervenire sul modo con il quale vengono gestiti i processi di business. Per questo, Ibm ha recentemente lanciato una nuova iniziativa, detta Cbm (Component Business Modelling), destinata, secondo Wladawsky-Berger, a diventare una delle sue più importanti attività di consulenza. “Alla base del Cbm vi è un’idea: quella di andare ad analizzare un’azienda, settore per settore, in modo da identificare i suoi processi di business e, all’interno di questi, individuarne i componenti. L’obiettivo è quello di modularizzare questi componenti al fine di poterli riassemblare di volta in volta il più efficacemente possibile in relazione alle situazioni che si presentano”.In sostanza, si tratta di consentire alle aziende di riconfigurare i loro processi secondo le esigenze, per migliorarne la flessibilità, e nel contempo di prepararle all’on-demand computing attraverso la creazione di modelli di business ‘on-demand’. Non solo: Wladawsky-Berger prevede, in futuro: “…anche la possibilità di creare ecosistemi specializzati per industria, che metteranno a disposizione di tutte le aziende, grandi medie e piccole, i migliori processi di business disponibili, da integrare direttamente nelle loro strutture.”

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati