“Ciascuno di noi genera dai due ai tre e mezzo gigabyte all’anno di ‘briciole’ digitali, tracce che le nostre attività lasciano per effetto dell’uso quotidiano che facciamo dei sistemi Ict. Queste briciole aprono la possibilità di esplorare la complessità della società con un livello di precisione senza precedenti ed è facilmente immaginabile quanto, se raccolte, analizzate e gestite adeguatamente, possano essere utili alle aziende per capire esigenze e interessi dei clienti”.
Con questa riflessione Patrizia Fabbri, Caporedattore di ZeroUno apre l’Executive Dinner “In Memory Computing & Analytics: valorizzare il patrimonio dei dati per abilitare il real time business”, organizzato da ZeroUno in collaborazione con Dedagroup e Derga Consulting. Un evento che ha visto gli ospiti presenti riflettere sulle difficoltà legate proprio al tentativo di capitalizzare in informazioni utili al business i desideri, le opinioni, gli stili di vita delle persone che i big data raccontano.
Scaricare a terra le potenzialità…
Che le aziende abbiano “sete” di tecnologie in grado di avvicinarle a questi obiettivi, come spiega la stessa Fabbri, lo dice anche Forrester: la società di ricerca, in una sua analisi di mercato, evidenzia come negli ultimi tre anni siano cresciute le esigenze dei technology buyers, che oggi risultano molto più esigenti e sofisticati di ieri nella richiesta di soluzioni per l’analisi dei big data; dagli stessi dati emerge anche che, in particolare, l’in-memory computing rientra tra quelle tecnologie oggi maggiormente considerate utili a integrare la conoscenza che deriva da questa analisi nella propria strategia di business, a testimoniare quanto la possibilità di elaborazione in tempo reale che l’in memory offre sia effettivamente ritenuta preziosa: “Ciò che conta per ogni impresa – dice a questo proposito Luciano Bruno, Direttore Commerciale Business Technology & Data, Dedagroup – è fare in modo di essere al posto giusto al momento giusto, gestendo il fatto che un attimo prima il nostro potenziale cliente non compra, un attimo dopo ha già comprato”; un problema, come spiega lo stesso manager, tutto sommato “antico”, ma che solo oggi trova nelle tecnologie, e nella rapidità dell’in-memory, una nuova soluzione. E tuttavia spesso mancano le condizioni per sfruttare le potenzialità offerte da questi strumenti.
Paolo Pasini, Direttore della Unit Sistemi Informativi, Sda Bocconi School of Management, inquadra bene il problema: “Ciò che preoccupa è che questa grande capacità di analizzare dati crei solo del potenziale che le aziende non sono in grado di scaricare a terra: la sfida è riuscire a tradurre questi dati in decisioni che effettivamente abbiano un impatto sulla realtà; per esempio, in campo marketing, arrivando a scelte quali quella di correggere la rotta di una certa campagna promozionale”. Ecco dunque che, come dice lo stesso Pasini, la velocità dei dati non diventa velocità aziendale sul mercato senza un mix di tre elementi fondamentali: tecnologie, processi, persone (ovvero competenze adeguate).
Molti partecipanti si sono trovati allineati con queste riflessioni: “Il punto non è avere tanti dati ma raccoglierne tanti per gestirne pochi, capire quali sono veramente da sfruttare”, sottolinea Mauro Longhi, Responsabile It Business Application Sap di Goglio (società specializzata nei settori dell’imballaggio flessibile, degli accessori in plastica rigida, come valvole e bocchelli, e degli impianti di confezionamento), che riflette su come, anzi, questo scorretto modo di lavorare con i big data possa poi portare a problemi di archiviazione non indifferenti quando le diverse figure aziendali “responsabili” delle varie tipologie di dati pretendono di mantenere i “loro” dati per anni senza curarsi del costo tecnico dell’operazione, e senza che la richiesta sia davvero giustificata a livello operativo o di business.
“In molti manager manca la maturità necessaria a cambiare prospettiva – riprende Longhi – Per l’It diventa difficile trovare la motivazione per migliorare l’efficienza del sistema informativo se questo non viene poi effettivamente utilizzato dall’azienda in modo proattivo”. Sulla stessa linea due manager di una nota banca presenti all’evento che hanno sottolineato come effettivamente sia difficile per l’It capire in che direzione muoversi quando il management non focalizza bene gli obiettivi da perseguire; mentre, come spiegano gli stessi ospiti, nel campo del risk management sono stati adottati dalla banca strumenti in grado di aggiornare in real time i dati necessari a effettuare questo tipo di calcoli, perché era semplice cogliere il valore di una simile miglioria, il business sembra ancora non capire le opportunità legate ai big data in termini di innovazione, creazione di nuovi servizi, ridefinizione del business model (nella realtà bancaria di cui si sta parlando, ad oggi i dati di cross selling, come spiegano i manager a riprova di quanto appena detto, vengono elaborati solo una volta al mese).
Diversi ospiti hanno segnalato questo stesso problema: è semplice per le Lob capire le logiche di risparmio che l’in-memory abilita a livello economico e di tempo, come nell’esempio citato in campo risk management, o come nei casi raccontati da Otello Costa, Sales Manager Servizi Tecnologici Sap, Dedagroup, di realtà che grazie all’in-memory computing sono riuscite a ridurre il tempo del ciclo di elaborazione dell’Mrp da 12 ore a un’ora; lo è meno capire come i big data e la velocità si possano tradurre in vantaggio competitivo attraverso la creazione di nuovi servizi e l’attuazione di strategie di business che meglio interpretano l’andamento del mercato di riferimento e il sentiment dei clienti.
È colpa del business, dei partner, dei processi?
È dunque delle Lob la responsabilità di questi rallentamenti? “L’It può rispondere con una tecnologia in grado di offrire velocità solo a fronte di una domanda – dice Longhi – ma se nessuno pone una domanda che sollevi il problema, non c’è spinta al cambiamento. Spesso manca da parte del business la capacità di fare la domanda giusta, la fantasia che serve per trovare i modi in cui si può sfruttare l’informazione”. E tuttavia non è “tutta colpa del business”; i freni sono molteplici. Gli ospiti hanno riconosciuto come criticità anche i processi che, non evolvendosi, pur potendo disporre di tecnologie che offrono una potenziale reazione immediata al mercato, costringono tutti a procedure, revisioni e passaggi burocratici che annullano il vantaggio guadagnato; altra criticità la compliance, che similmente, attraverso una legislazione ritenuta non adeguata, risulta spesso limitante.
Le responsabilità dell’It: essere propositivi e incentivare il dialogo
Anche ai sistemi informativi è però richiesto uno sforzo importante; i manager hanno sottolineato in particolare che è un loro dovere mantenersi propositivi nei confronti delle Lob: “Da service provider dobbiamo riuscire a diventare business enabler – dice Francesco Galli, Help Desk Coordinator – SCM/SD Sap Information Officer, Olympus Italia che si concentra in particolare sul valore che l’It può offrire al business fornendogli dati di qualità: “Il nostro compito è riuscire a mettere a disposizione un dato utilizzabile, pulito, quindi aiutare le Lob suggerendo cosa si potrebbe fare con quel dato: questo è ciò che attivamente noi, come It, stiamo impegnandoci a fare”.
Antonio Giustino, Is Industrial Risk Manager, Solvay, sottolinea quanto questo impegno sia ormai inevitabile dal momento che i modelli stessi di business, in ogni settore, se non sono già cambiati cambieranno, e lo faranno nel medio periodo, non chissà fra quanto: “Adesso è il momento giusto per aprire degli spazi di brainstorming che, guidati da persone con skill adeguati, sappiano generare proposte per richiamare l’attenzione sia di chi deve investire, sia di chi deve supportare questo cambiamento; è il momento di provare ad agire”, dice il manager che quindi, a sottolineare quanto sia importante avere il giusto atteggiamento nei confronti della digital trasformation, ricorda un noto proverbio cinese, “Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”.
Un It dunque che deve essere, nonostante le difficoltà, propositivo; ciò che può fare è per esempio, citando i suggerimenti dati dagli ospiti:
- mostrare alle Lob molte use case legate a business affini;
- sottolineare al business quali sono i requisiti, tecnologici e non, necessari ad attuare simili scenari;
- investire tempo in un attento studio dei Roi dei progetti (può essere un elemento utile ad attivare un confronto con le Lob, sebbene in molti abbiamo evidenziato la difficoltà di determinare il ritorno di investimento di progetti complessi come molti di quelli in ambito analytics e big data);
- infine, di fondamentale importanza, costruire luoghi e spazi per favorire il dialogo e la generazione di idee, coinvolgendo anche le nuove generazioni.
“Si tratta certamente di abilitare la contaminazione tra It e Business e di creare team cross-funzione in azienda – dice Pasini – ma anche di coinvolgere i giovani, in molti casi gli unici in grado di fornire spunti davvero allineati con gli scenari contemporanei”.
Un esempio positivo sullo sfruttamento del “real-time” arriva da Fabio Perotti, Responsabile Area Architecture Development & Implementation, Autogrill che racconta come la sua azienda si sia dotata di una applicazione in grado di monitorare le vendite dei diversi store in tempo reale: “La soluzione, mettendo ogni manager di Autogrill di fronte costantemente a dei numeri che segnalano l’andamento delle aree e dei punti vendita di loro pertinenza, e correlando questi numeri coi budget quotidiani assegnati, ha avuto un effetto disruptive sulle performance dei manager stessi”.
Altre sfide legate agli utenti e ai competitor di nuova generazione
Le sfide per l’It non si fermano a quelle finora elencate. Tra gli ostacoli che spesso si trova ad affrontare vanno anche ricordati:
1) La resistenza degli utenti – I rappresentanti di una nota banca presenti all’incontro, già precedentemente citati, hanno raccontato di come il reparto vendite delle loro filiali sia stato fornito di uno strumento in grado di sfruttare i dati acquisiti per controllare e supportare le vendite, ma in molti casi la soluzione non è stata poi effettivamente adottata dai commerciali sul territorio che sono restati ancorati a processi e metodologie di gestione dei clienti più tradizionali;
2) L’approccio culturale – Francesco Lietti, Responsabile It per area Digital e Business Intelligence, Amplifon, in riferimento alla difficoltà che hanno le imprese nello scaricare a terra le potenzialità dei big data dice: “Da una cultura prettamente centrata sul dato stiamo spostandoci verso una cultura basata sugli algoritmi, proprio per cercare di generare dei vantaggi concreti”; e tuttavia anche Lietti vede la difficoltà del business nel finalizzare questo intento: “Vediamo la differenza che c’è rispetto a competitor che si stanno affacciando sul mercato con processi molto più snelli, con organizzazioni molto più orizzontali e che riescono dunque a essere decisamente più aggressivi sul mercato”;
3) I dati esterni – Un ulteriore fattore di complessità lo ricorda Costa: “Se fino a qualche anno fa si potevano considerare solo i dati interni, la sfida oggi è valorizzare anche quelli esterni, per esempio, importantissimi, i dati dei social: è chi riuscirà a governare al meglio questa complessità per primo che otterrà un vantaggio competitivo in grado davvero di differenziarlo dagli altri”.
Dedagoup e Derga: concretezza al real time business con Sap Hana-Ibm PowerDedagroup – gruppo a capitale italiano con headquarter a Trento, un fatturato di 220 milioni di euro – combina la propria identità di software house alle competenze di system integration e digital design per guidare e supportare lo sviluppo dell’innovazione digitale di aziende, enti pubblici e istituti finanziari. Nel campo degli analytics e del real time business propone, in collaborazione con Derga Consulting (società federata Dedagroup, partner di Sap, 20 anni di esperienza, più di 150 consulenti Sap qualificati e 200 clienti) la combinazione di soluzioni Sap Hana-Ibm Power come risposta ideale per concretizzare i vantaggi che una corretto utilizzo dei dati può generare; la stessa Dedagroup ne ricorda alcuni: l’accelerazione dei processi di business, con meno livelli, un’infrastruttura più semplice, meno costi; la possibilità di ottenere, con estrema agilità, un’analisi approfondita delle attività sui molteplici canali con i quali oggi le aziende comunicano con prospect e clienti; la disponibilità in pochi minuti di report che aggregano i molteplici flussi di dati aziendali, anche in mobilità; la gestione di un customer service totalmente integrato ai servizi di vendita e post vendita. A questi vantaggi va aggiunta la possibilità di sfruttare i dati rielaborati per sviluppare servizi di business innovativi in grado di offrire alle aziende nuove prospettive di sviluppo sfruttando le opportunità offerte dalla digital trasformation. |