Analytics ed efficienza, la vision di Altilia

Come ottimizzare il processo di analisi dei big data e come migliorare la qualità dei dati che stanno all’origine dell’analisi? Sono due punti essenziali che ZeroUno ha approfondito con un’intervista a Massimo Ruffolo, Ceo e Cto di Altilia

Pubblicato il 25 Nov 2015

ZeroUnoGli analisti Forrester sostengono che le analisi sui big data sono usate più per migliorare l’efficienza operativa dell’impresa che per svilupparne il business, e ciò è visto come limitativo delle potenzialità della tecnologia. È d’accordo con questa visione?

Massimo Ruffolo, Ceo e Cto, Altilia

Massimo Ruffolo – Bisogna capire che significa ‘migliorare l’efficienza operativa’. Per esempio, per un’azienda di e-commerce i processi operativi sono tutto ciò che sta dietro alla fornitura dei beni e che migliorano la customer experience lungo il ciclo di vita del cliente. Vale a dire: pubblicità e attività di marketing, struttura del sito, presentazione dei prodotti e modalità di acquisto. Se analizzo tutto questo e poi faccio anche le analisi sui dati non strutturati delle mail, dei contact center e delle reti sociali per ‘ingaggiare’ il cliente dopo l’acquisto e limitare il churning rate, tutto ciò va a migliorare l’efficienza delle operazioni. Quindi, sì, sono d’accordo con Forrester. Perché la miglior efficienza che mi deriva dalle analisi sui big data va a impattare sulla cost-effectiveness e sulla redditività del singolo cliente, due forti driver di ogni tipo di business e d’impresa. Ho fatto il caso dell’e-commerce, ma anche in Banca IMI le tecnologie di analisi ne migliorano, alla fine, l’efficienza operativa, a tutto vantaggio del cliente e della banca.

ZeroUnoE come interviene in questi processi di efficientamento la vostra tecnologia?

Ruffolo – Possiamo ottimizzare il processo di analisi big data grazie a una piattaforma capace di trattare dati di ogni tipo, strutturati e non strutturati, sia interni sia esterni, come quelli sulla concorrenza, e di metterli insieme per analizzarne tutte le relazioni. La chiave della nostra tecnologia sta nel poter combinare ciò che si sa perché nasce dai processi interni, comprese le relazioni di customer-care espresse in linguaggio naturale, con ciò che si apprende sul mondo in cui operiamo. Questo dà alle aziende una visione davvero a 360 gradi sul cliente come sul panorama competitivo e ne potenzia le capacità.

ZeroUnoEsiste però il problema della qualità dei dati di partenza, che se è inadeguata inficia il valore delle analisi. Che si può fare per migliorarla?

Ruffolo – I big data che servono alle analisi, le aziende li hanno: un sito di e-commerce ha decine di migliaia di accessi al giorno, ma i log danno dati ‘sporchi’, che vanno processati per trarne degli insight. E anche i dati di un Db relazionale possono essere, per più motivi, inadatti alle analisi. La qualità dei dati va creata usando tecnologie che li distillano e li armonizzano, ma perché queste siano efficienti occorrono strumenti che ne semplifichino l’uso. La nostra piattaforma ha un approccio al workflow che permette di connettere le sorgenti e manipolare i dati per trarne una versione ‘pulita’, la cui qualità spetterà poi all’analista di verificare. C’è poi un problema di qualità riguardo i dati presi dalla Rete. Qui valgono due considerazioni: primo, che il processo di acquisizione sia accurato, e questo è un altro dei nostri sforzi; poi, far sì che valga la legge dei grandi numeri. In certi contesti, come la sentiment analysis, non si può ripulire il singolo tweet, perché convoglia troppe cose potenzialmente rilevanti. Bisogna che sia però affidabile dal punto di vista statistico, cioè privo di ‘bias’, ossia distorsioni interne che alterino il significato.

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