“Se non vedo, non credo (o comunque potrei non sapere)” sembrerebbe essere un quoting derivato da S.Tommaso…ma in fondo chi misura cerca una sempre maggiore oggettività nei dati raccolti, pur volendo mantenere una complementarietà tra hard data (quantitativi) e soft data (qualitativi) per rappresentare le due facce della medaglia.
La visualizzazione dei dati tramite grafici raccolti in dashboard, cockpit o pannelli di controllo (basti pensare a quello di una autovettura) è ormai patrimonio comune. Ma il ‘peccato’ di queste forme di visualizzazione è spesso quello di vedere dati e informazioni in modo slegato, laddove ogni numero o sua elaborazione rappresenta un fenomeno collegato logicamente ma separato dal punto di vista dell’analisi dagli altri, non facilitando una cosiddetta analisi causa-effetto necessaria alla miglior presa di decisione.
Le ‘Balanced Scorecard’ (BSC) possono essere la possibile soluzione a tale situazione. Vediamo come…
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Cos’è una Balanced Scorecard (BSC)?
Una Balanced Scorecard (BSC) è un modo di modellizzare il funzionamento di una organizzazione, pubblica o privata, attraverso una serie di prospettive, a ciascuna delle quali associare i processi e le relative misure e indicatori.
Creato in Francia alla fine del 1800, è stato ripreso e portato al successo da due americani, Kaplan e Norton, ad inizio degli anni ’90. In figura 1 si illustra una tipica struttura a quattro prospettive per spiegare il funzionamento di una organizzazione profit-oriented.
Gli obiettivi finanziari (Financial) sono ottenuti, tornando indietro di uno step, da una buona gestione dei clienti (Customer) che, tornando indietro di un passo, si può ottenere da una efficace ed efficiente gestione dei processi interni (Internal Processes) che, tornando indietro di un altro passo, si può ottenere a condizione di avere una buona capacità di crescita e apprendimento (Learning & Growth). Quest’ultima, per meglio comprendere, si può suddividere in due sotto-prospettive: Infrastructure & Innovation e People/Employee.
Ruotando la figura 1 di 90° in senso orario (figura 2), si ottiene di fatto una ‘value chain’ come la chiamerebbe Michael Porter e si può, da sinistra verso destra, visualizzare un flusso di processi, ciascuno misurabile con i propri indicatori/KPI, che aiutano a comprendere, avendo stabilito a monte tra i processi della mappa le opportune relazioni, dove le eventuali problematiche da risolvere nascano (e non si evidenzino), al fine di rimuovere la causa e non solo l’effetto negativo finale.
Insomma, è un modo di effettuare una root-cause analysis in modo più agevole perché tramite una ‘mappa strategica’ si può vedere e comprendere lo stato di un’organizzazione in una sola pagina (o videata). Il valore aggiunto di questa rappresentazione è di partire da una vista di sintesi che però (diversamente dal pannello di controllo di una autovettura, rimanendo all’esempio iniziale) collega tra di loro i processi dell’organizzazione, in una vista olistica.
Il concetto di Balanced Scorecard (BSC) è stato anche normato a livello italiano con lo standard UNI 11097:2003 ed è già applicato a livello di Pubbliche Amministrazioni da diversi Enti Pubblici Locali, anche se non con la terminologia originale.
Automatizzare le BSC: mission possible!
Molte organizzazioni non creano la propria mappa strategica a volte per una scarsa maturità nella gestione dei processi e delle misure, a dispetto di eventuali certificazioni di sistemi di gestione. Seguendo i suggerimenti della comunità DevOps, uno degli aspetti su cui puntare per una maggiore e più utile introduzione e uso di una BSC nelle organizzazioni è quello dell’automazione. Un feeding automatizzato delle misure di una scorecard e relativa visualizzazione nella mappa strategica sarebbe il punto di arrivo, dal punto di vista tecnico/metodologico, per poi iniziare a leggere i valori in modo sistemico e determinare le opportune azioni correttive/migliorative da intraprendere.
Le soluzioni non mancano, sia con tool commerciali che open-source o freeware…quello che è necessario è il passaggio culturale da una cultura a ‘silo’ (laddove ogni parte/divisione dell’organizzazione ragiona ed agisce in modo indipendente dalle altre) verso una cultura ‘cross-functional’, laddove la collaborazione e la proattività la facciano da padrone…lavorare meno e meglio ma soprattutto insieme.
Alcuni esempi pratici per ottimizzare investimenti in tale direzione: sensoristica, soluzioni basate su machine-learning (es: chatbot), service desk locali e non centralizzati, app che ‘deleghino’ la raccolta dati agli utenti di un servizio, tagliando una fetta sensibile del costo di raccolta e cleaning dei dati per la successiva analisi.
Uno dei problemi principali nel mestiere di misurare è che spesso si dà per scontato che un tool acquisisca dati corretti per default, senza porsi la questione della qualità del dato, oggigiorno sottolineata anche da standard di prodotto quali ISO 25012:2008 che richiede che un dato sia ad esempio preciso, consistente, interoperabile e via dicendo ma anche best practice di processo quali il DMM (Data Management Maturity Model) o il DMBOK (Data Management Body of Knowledge), relativi alla Data Governance.
Quando si prende una decisione? Il problema delle threshold troppo ‘stabili’…
Ritornando ad un po’ di buon senso comune, ogni fenomeno osservato dovrebbe individuare dei valori-soglia (threshold) superiori ed inferiori (rispettivamente UCL e LCL: Upper Control Limit e Lower Control Limit) per delimitare ciò che può essere inteso come un andamento stabile e ciò che indica un andamento fuori controllo. Le control chart rappresentano appunto questo tipo di visualizzazione, come indicato in figura 3.
Che sia il livello di trigliceridi o di colesterolo in un’analisi medica oppure che ci si riferisca ai tempi di presa in carico o gestione di un incident, è importante che tali valori siano derivati da dati storici del fenomeno osservato e che siano ‘dinamici’, aggiornati nel tempo con regolarità, a rappresentare una realtà credibile e non statica e stantia.
Troppe volte invece tali valori-soglia sono imposti e non calcolati e/o, come in molti contratti, si sceglie di evidenziare il solo livello superiore (UCL) per determinare un uno sforamento di uno SLA (Service Level Agreement) a cui può corrispondere una penale contrattuale. L’effetto pratico è quello di non fornire soluzioni tempestive ed efficaci per azioni correttive e/o migliorative. L’automazione di questi meccanismi in una Balanced Scorecard (BSC) in questo caso può rappresentare un elemento determinante per processi decisionali efficaci ed efficienti, aggiornando i dati storici raccolti e rielaborando le opportune soglie per comprendere quando, nel caso, intervenire.
Il progetto M.I.R.A. e le Pubbliche Amministrazioni
A tal proposito GUFPI-ISMA ha recentemente lanciato un’iniziativa per l’adozione delle BSC nel settore Pubblico con un progetto-pilota (MIRA – Monitoraggio, Innovazione come Regola dell’Amministrazione). Una buona gestione nel caso di un ente pubblico ha come obiettivo finale quello non del profitto ma della soddisfazione del cittadino che può essere raggiunta attraverso l’erogazione dei servizi pubblici, che a loro volta dovranno essere sostenuti e sostenibili in virtù di una buona gestione tecnica ma prima ancora economico/finanziaria (i cosiddetti vincoli di spesa: senza coperture adeguate, un servizio non dovrebbe essere finanziato).
La figura 4 propone pertanto un esempio di BSC dinamica per il settore pubblico con cinque prospettive (Valore per i Cittadini; Servizi; Sapere; Infrastrutture; Finanze) ed una valutazione secondo una scala ordinale a quattro valori (NPLF: Not-Partially-Largely-Fully achieved), come già in uso da molti anni nei principali modelli di maturità quali il CMMI e SPICE (ex ISO 15504). La visualizzazione di fenomeni collegati in modo causale tra loro usando una logica ‘semaforica’ permette difatti di comprendere più velocemente dove poter intervenire.
Un’alimentazione automatica (feeding) dei dati nel modello permetterebbe di poter avere in una pagina (o in una schermata) l’intero ‘cuadro de mando’ (così è denominata in spagnolo la BSC nei paesi latini, “pannello di controllo”) e poter prendere decisioni in modo tempestivo, non confondendo l’effetto con le possibili cause. Una BSC nasce difatti con l’intento di ridurre l’impatto degli incidenti (incident management) focalizzandosi in modo proattivo sull’analisi delle cause originanti (problem management).
GUFPI-ISMA ha ridefinito nel 2016 le proprie Linee Guida con un primo volume relativo ai Principi, Assunzioni e Best Practice Contrattuali (PABCP) con i principali aspetti da poter osservare anche per auto-valutazioni dei propri contratti a cui seguirà a breve un secondo volume con indicazioni operative sui singoli lemmi discussi. Interessati a saperne di più? Seguite i nostri prossimi contributi su ZeroUnoWeb e visitate il sito web di GUFPI-ISMA per ulteriori spunti ed approfondimenti!