Big data, come produrre insight per una strategia marketing data driven

Come trasformare i dati in valore utile alle iniziative commerciali e di customer experience? La chiave risiede nelle Data Management Platform per l’organizzazione coerente dell’intero patrimonio informativo aziendale. Il punto di vista di lastminute.com group e Advice Group, che hanno realizzato progetti avanzati di Dmp finalizzati alla conoscenza del cliente.

Pubblicato il 11 Apr 2016

Come abbiamo visto nell’articolo "Customer Experience Analytics per strategie efficaci", oggi le aziende collezionano molti più dati sui consumatori rispetto all’effettivo utilizzo per finalità di business. Forrester rileva tra le principali criticità la mancanza di una vista unica e gestione organica sull’intero patrimonio informativo aziendale: le imprese non solo segmentano il processo di raccolta dati all’interno di business unit separate, ma addirittura svolgono le attività di analisi per compartimenti stagni (silos), quando invece dovrebbe prevalere un approccio cross-team e contestuale, sicuramente non facile da implementare.
ZeroUno ha intervistato due aziende italiane virtuose, lastminute.com group, online travel company, e Advice Group, realtà italiana che si occupa di Progress Marketing, che hanno attivato progetti di eccellenza nel campo del marketing analytics, partendo dalla costruzione di sistemi unificati per l’information management.

Come trasformare i Big Data in profitti

Punto di partenza è stato capire se e come sia possibile trasformare i Big data in profitti, ovvero attraverso quali tecnologie si riescono a ottenere insights di business da un insieme di dati multi-source. La risposta si traduce nelle Data Management Platforms (Dpm).

Filippo Onorato, Cio di lastminute.com group

“In molti casi – spiega Filippo Onorato, Cio di lastminute.com group – queste soluzioni sono un aggregato di strumenti (anche open source) esistenti, che permette all’utente non-It di elaborare grandi quantità di dati e conoscere la propria audience per agire con campagne personalizzate e multi-channel. Esistono tuttavia prodotti completamente nuovi o estensioni di piattaforme consolidate dei big player (ad esempio Adobe o Nielsen) che offrono funzionalità simili. Anche aziende del calibro di Google o Facebook potrebbero offrire nel prossimo futuro le stesse prestazioni, con notevoli vantaggi competitivi”. Ma se, come sostiene Onorato, il fine ultimo delle Dmp è completare il profilo del visitatore su tutti i canali, evitando violazioni alla privacy, le tecnologie oggi presenti sul mercato sono sufficientemente avanzate? “La maturità è ancora da provare – prosegue il Cio -: i limiti imposti dai volumi sono per lo più superati da un approccio cloud-based, ma si paga la complessità e la bontà degli algoritmi di correlazione, clustering, machine learning ecc. Il valore starà nella capacità di sviluppare modelli complessi, facili da mantenere ed efficaci. Dunque un grande focus sugli algoritmi: trovare la ‘formula della Coca-Cola’ sarà la vera sfida”.
Chi invece ha trovato la quadra investendo nello sviluppo di una propria Dpm è Advice Group. “Wekit (We Keep In Touch) – precisa Fulvio Furbatto, Ceo della società – è una Data Management Platform che si distingue da progetti analoghi per il suo orientamento al settore Performance Promotion, grazie al paradigma di sviluppo implementato che si basa su metriche adottate per concorsi, programmi di loyalty e meccaniche di couponing”. “Si tratta di una piattaforma di behavioral loyalty – interviene Rosario Rugeri, Direttore Generale del progetto Wekit – in grado di connettere fra loro tutte le attività digitali e promozionali realizzate dal brand in un unico repository. I dati raccolti vengono analizzati, elaborati e riclassificati in tempo reale e restituiscono Kpi comportamentali dei consumatori coinvolti, informazioni utili per attività di Cerm e marketing e Crm successive, volte a migliorare le performance di business del brand”.

Roi e Kpi delle data management platform

Ma come si misura il ritorno sugli investimenti delle Dmp? “Le soluzioni per il data management – dichiara Rugeri – permettono di misurare la risposta del consumatore agli stimoli inviati dal brand (ad es. input all’up-selling o al cross-selling). Vengono restituite, così, informazioni lungo la catena commerciale, dai consumatori finali alle filiere distributive, altrimenti inaccessibili”. Secondo Rugeri, la maggiore interazione con il cliente attraverso le Dmp permette di attivare strategie di crowdsourcing, per le quali il consumatore partecipa allo sviluppo dei prodotti/servizi fornendo indicazioni sui propri gusti ed esigenze. Sintetizzando, la maggiore conoscenza del cliente grazie alla gestione strutturata delle informazioni permette di inviare comunicazioni specifiche a supporto della performance per migliorare la customer experience e sviluppare successive iniziative di marketing strategico, con ritorni non solo su vendite e altri parametri monetizzabili, ma anche in fidelizzazione e brand awareness.

Fulvio Furbatto, Ceo, Advice Group

Onorato, invece, risponde riportando l’esperienza concreta di lastminute.com group: “Un gran numero di Kpi sono definiti ad-hoc per ogni iniziativa che possa essere inserita in un backlog di prodotto o aziendale. Ogni user story deve in generale avere un criterio di successo che poi verrà valutato con campagne di A/B testing [un processo di test attraverso cui si vanno a “confrontare” due possibili soluzioni, una denominata “A” e una denominata “B”, test tipicamente adottato nel marketing, ma che in realtà può essere applicato a qualsiasi campo lavorativo, ndr] o con strategie specifiche. Il Roi invece non sempre è il miglior criterio da considerare se isolato a una sola iniziativa. Un progetto di Dmp per esempio è un abilitatore fondamentale per la maggior parte delle attività di marketing analytics, ma calcolarne il Roi in maniera isolata è pressoché impossibile”.

Cio e Cmo: una collaborazione possibile?

Da quanto raccontato, emerge chiaramente che i progetti di marketing analytics richiedono il coinvolgimento stretto dell’It e del business. Ma esiste effettiva collaborazione tra le controparti?
“In lastminute.com group – dice Onorato – esiste la figura del Chief Data Officier (Cdo) che fa da ponte tra Cio e Cmo, con l’obiettivo di definire una semantica del dato uniforme per tutta l’azienda, evitando i silos e massimizzando uso e valore del patrimonio informativo. Partendo dai dati, il Cio supportato dal Cdo fornirà al Cmo i sistemi che lo abiliteranno alla definizione e all’execution delle strategie di marketing analytics. Il nostro obiettivo è lasciare autonomia di iniziativa ai singoli dipartimenti / gruppi, garantendo coerenza e consistenza [dei sistemi comuni alla base, ndr]: il ruolo del Cdo è fondamentale in questo esercizio di equilibrismo”.
Quando il Cdo manca, però, l’esigenza di un mediatore super partes viene coperta dall’esterno. “Come Advice Group – racconta Rugeri -, ci troviamo spesso a fare da trait d’union tra le controparti. Questa mansione di coordinamento ci è riconosciuta dai clienti e sempre più richiesta: nelle aziende c’è mancanza di conoscenza, ma soprattutto di competenze per un approccio corretto ai Big data. C’è domanda non solo di supporto nell’analisi strategica, ma anche per la realizzazione di sistemi per il data management. Nella nostra esperienza – aggiunge Rugeri – l’interlocutore principale è il marketing [che risulta il promotore delle iniziative di customer analytics, ndr]; l’It si dimostra inizialmente meno ricettivo, tuttavia, una volta comprese le potenzialità del progetto, il team informatico si trasforma in un vero alleato, in grado di lavorare sinergicamente con il business allo sviluppo di nuove funzionalità”. Insomma, il marketing analytics non è una questione meramente tecnologica.

Il futuro delle Dmp e del marketing analytics

Rosario Rugeri,Direttore Generale del progetto Wekit, Advice Group

Ma se le Dmp e le soluzioni di marketing analytics devono essere in grado di supportare strategie di mercato in continuo cambiamento, cosa dovremo aspettarci per gli anni a venire?
“In futuro – sostiene Furbatto – la tendenza punterà a un’accelerazione della capacità di analizzare le campagne in corsa, rispondere in base all’andamento delle promozioni, intercettare le tendenze della domanda con funzionalità predittive, il tutto basato su modelli di calcolo applicati allo storico aziendale”.
“ll risultato fondamentale delle tecnologie applicate al marketing analytics – conclude Onorato – sarà la convergenza e l’usabilità del dato in una piattaforma unica, che permetta una gestione integrata degli innumerevoli punti di contatto con il brand, dai social media alla navigazione multipiattaforma. Le tecnologie ci sono tutte: il cloud per affrontare la scalabilità in termini di volumi, velocità e varietà del dato (le tre V dei Big Data); gli algoritmi di machine learning per affrontare problemi complessi in maniera automatica; l’integrazione ed elaborazione in real-time di flussi di dati eterogenei. Ma la combinazione di queste componenti non è ovvia e sarà la sfida del prossimo futuro”.

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