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Business Analytics: strumenti, architetture e competenze per rendere i dati azionali

Caratteristiche come pay per use, grande scalabilità e velocità operativa convincono sempre più aziende a scegliere il cloud per gestire le nuove esigenze di business analytics. Ma la migrazione dall’on premise può nascondere importanti rischi. Ci spiega quali Massimiliano Rosatelli di SDG Group

Pubblicato il 15 Nov 2021

Business Analytics

La velocità con cui oggi nascono nuove esigenze di business, o mutano quelle esistenti, sta mettendo a dura prova l’IT, che si trova a dover rispondere rapidamente a richieste sempre più specifiche e competenti di business analytics secondo una modalità sostenibile dal punto di vista tecnologico. E in questo senso, il cloud è diventato un’opzione a cui le aziende fanno ricorso sempre più spesso. Ma se la transizione non è effettuata in modo consapevole può comportare problemi e rischi. “Il cloud è utile e interessante, ma non è la soluzione di tutti i mali – afferma Massimiliano Rosatelli, Manager presso SDG Group –. È importante partire in modo corretto con obiettivi chiari per non imboccare strade sbagliate, che poi diventeranno vincolanti per le decisioni che dovranno essere prese in tempi successivi”.

Il cloud è un mezzo non il fine

La base da cui iniziare dovrebbe essere la considerazione che le architetture cloud devono essere il mezzo attraverso il quale si raggiungono gli obiettivi strategici e non il fine di un progetto di implementazione. “Molto spesso le aziende si chiedono se devono andare sul cloud ma non si fanno le domande giuste, ovvero non hanno chiari i motivi per i quali possono scegliere un indirizzo di questo tipo e quali vantaggi potrebbero ottenere – spiega Rosatelli –. Il cloud in sé non è meglio o peggio di un’altra architettura, però permette di implementare, di ragionare e di sviluppare in maniera molto veloce e di ottenere più rapidamente dei benefici. Ma si deve sempre essere sicuri che ci sia una corrispondenza tra i benefici operativi che si intendono ottenere e la strategia globale dell’azienda”.

Non si può prescindere dalle competenze

Approcciare un’architettura cloud oggi significa fare una scelta importante: affidarsi a un fornitore esterno che metta a disposizione le proprie competenze o dotarsi internamente di un team che abbia tali competenze o le acquisisca attraverso percorsi di formazione. “Le aziende – evidenzia Rosatelli – solitamente dispongono di team IT che hanno sviluppato progetti e applicazioni di business analytics in tempi in cui il cloud non era previsto. Oggi il salto che gli si chiede per passare dalla conoscenza di strumenti tradizionali verso quelli in cloud non è banale. È perciò necessario che ci siano accorgimenti organizzativi rilevanti per fare in modo che l’azienda faccia veramente propria l’architettura e la gestisca internamente”.

In pratica, bisogna imparare a usare il cloud e tutti gli strumenti che lo arricchiscono di specifiche funzionalità. Va però fatto un discorso di competenze a 360 gradi. “Per i loro analytics, gli utenti di business devono saper utilizzare le tecnologie messe a disposizione dall’IT – sottolinea Massimiliano Rosatelli –, ma d’altra parte devono arricchire il loro profilo con metodologie di analisi che possono derivare dalla data science e analisi statistiche e previsionali sui dati per renderli quanto più possibile azionali e quindi abilitare il classico ciclo di arricchimento: il dato che deve diventare informazione, dopodiché deve diventare conoscenza.

Nel nuovo paradigma, la tematica del Chief Data Office diventa cruciale e centrale. Questa entità organizzativa deve avere il compito del governo del dato come prodotto, come asset che deve essere fornito, erogato e reso disponibile alle proprie funzioni aziendali. E l’IT si deve fa responsabile della qualità del dato. È necessario dotarsi di strutture interne che riescano a gestire tutto il ciclo di vita del dato fino al business”.

Cambiano i costi delle business analytics

Passare al cloud solitamente significa intraprendere un percorso di migrazione che porta ad avere architetture ibride, composte da elementi on premise che vengono arricchiti con funzionalità e strumenti nel cloud. Molti vendor stanno proponendo un’offerta as a service per consentire ai propri clienti di abbandonare la tecnologia on premise, gestita tramite licenze, per passare a un servizio di pay per use che magari prevede l’uso degli stessi strumenti, ma in un’ottica cloud.

Cambierà anche molto la struttura dei costi della business analytics – precisa Rosatelli –. Questo è un tema molto caldo, in quanto spesso i vendor provano a far passare il concetto che il cloud sia più economico in assoluto. In realtà, il cloud è più economico solo se pensato bene, progettato bene e implementato bene. Le aziende hanno bisogno di fornitori e di partner con cui ragionare a tutto tondo sull’intero ecosistema per definire un disegno valido e sostenibile da un punto di vista economico. Perché è facilissimo arrivare ad avere un’architettura in cloud molto più costosa di un’architettura on premise e quindi sin da subito si perderebbe il vantaggio del pay per use”.

Come rendere i dati azionali con il cloud

Un’importante caratteristica del cloud è la velocità con cui si possono sviluppare progetti di data ingestion dai sistemi sorgente. Ad esempio, tramite tecnologie di change data capture legate a un’architettura cloud in modalità as a service, si riescono a estrarre rapidamente i dati e sono messi a disposizione delle analitiche. “Questo – chiarisce Massimiliano Rosatelli – non solo permette di fornire al business una visione in tempo reale dell’evoluzione di una certa situazione, ma consente di soddisfare anche un’esigenza sempre più sentita dal business, ovvero di accedere liberamente a tutti i dati presenti in azienda per renderli azionali e sviluppare così in autonomia gli analytics. Tutto ciò ha però delle ripercussioni tecnologiche non indifferenti perché, finché è l’IT a identificare quali aree dati devono essere messe a disposizione del business, le può ottimizzare per permettere una consultazione efficace. Invece, nel momento in cui il business ha accesso diretto a qualsiasi dato presente in azienda, deve disporre anche degli strumenti adeguati a consultarli con opportuni livelli di performance”.

Alcune delle tecnologie presenti sul cloud permettono di andare in questa direzione e avere un utilizzo dei database ad altissime performance tramite strumenti di reportistica e di analisi ad hoc che riescono a bypassare quello che in passato era un vincolo tecnologico. Nel senso che non tutti le piattaforme e non tutti gli strumenti on premise davano la possibilità di fornire questo servizio con adeguati livelli di performance e di qualità complessiva.

Un aiuto per partire nel modo giusto

Nel passaggio al cloud è fondamentale avere sempre ben chiaro quali obiettivi si intendono raggiungere e cosa si deve fornire al business per gli analytics, quali dati, con quali frequenze e con quali modalità di utilizzo. “Queste sono alcune delle domande che bisogna porsi all’inizio di un progetto per essere sicuri che quello che si va da costruire possa raggiungere effettivamente i risultati auspicati” conclude Massimiliano Rosatelli. Sul cloud non esiste la tecnologia perfetta perché sono tutte assolutamente valide. Un importante aiuto nella scelta può arrivare da un partner o da un provider, la cui competenza può indirizzare verso le tecnologie più adatte per rispondere a specifiche esigenze di business. E questo è fondamentale per evitare il rischio di dover affrontare problemi tecnologici e di costo, a partire dal semplice fatto di non saper sfruttare al massimo le potenzialità disponibili.

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