MILANO – L’impatto della digitalizzazione sul business non è un fenomeno nuovo, la novità sta nel fatto che la digital economy è divenuta un ‘affare da Ceo’. Le opportunità sono innumerevoli, ma la velocità con cui la tecnologia si trasforma impone un cambio dirompente nei business model aziendali e per affrontare tutto ciò la tecnologia, da sola, non basta: servono change management, governance, miglioramento continuo dei processi… Ne sono convinti in Inspearit, società di consulenza Ict specializzata proprio in percorsi di trasformazione, soprattutto in chiave Agile. “Oggi le aziende sono alle prese con un difficile allineamento tra sfide/obiettivi di business e It. Può sembrare un argomento scontato, ma di fatto le ripercussioni di questo difficile bilanciamento sono innumerevoli e, rispetto a qualche anno fa, il contesto di riferimento è cambiato: è mutato il mercato esterno, sono cambiati gli utenti interni dell’azienda e il loro modo di lavorare, sta evolvendo il modo di fare business e di rivolgersi ai propri clienti/utenti…”, sostiene Annie Combelles, presidente di Inspearit. “Le difficoltà da superare riguardano, prima di tutto, l’adeguamento tecnologico di un legacy che deve evolvere, integrarsi e ‘sincronizzarsi’ con soluzioni nuove, in ottica Agile, inteso non solo come sviluppo applicativo ma come vero e proprio modello organizzativo in grado di allineare It e business anche in termini di ‘tempo’: una risposta tardiva da parte dell’It, seppur efficace nel suo complesso, potrebbe risultare comunque dannosa per il business. Ecco, l’allineamento business/It assume oggi un significato del tutto nuovo”.
“Gli uomini di business, a partire dal Ceo, sono i primi attori di questa digital revolution – aggiunge Alessandro Amella, business director di Inspearit Italia -, sia perché sono gli utenti primari che chiedono strumenti Ict innovativi a supporto delle proprie attività lavorative, sia perché sono coloro che di fatto indirizzano gli investimenti nelle aziende. Il tutto con conseguenze non banali nell’adozione delle tecnologie e delle metodologie; se da un lato il business comprende bene il valore dell’It, dall’altro non sempre gli è chiaro lo sforzo necessario nell’adeguamento dei processi. L’It, d’altra parte, non sempre riesce a dare risposte di valore nei tempi richiesti, non solo per il substrato tecnologico complesso e difficile da far evolvere, ma anche per mancanza di governance e organizzazione interna”.
In questo aggrovigliato puzzle, una società come Inspearit, dicono i due manager, “deve necessariamente rivedere il proprio modello di go-to-market e migliorare le proprie competenze, dato che ci inseriamo nelle aziende con l’obiettivo di migliorarne i processi, spesso come veri e propri ‘coach’ anche quando si tratta di intervenire sulle architetture o sugli aspetti di sviluppo e qualità del software [la società offre servizi di consulenza e supporto progettuale, sia nell’ambito del miglioramento dei processi, soprattutto in ottica Agile e Lean, ma seguendo anche tecniche quali Kanban e Value Stream Mapping spesso integrate in progetti basati sul modello Cmmi o su standard Iso, sia nell’ambito della qualità del software attraverso il metodo Sqale – Software Quality Assessment based on lifecycle Expectations – ndr]”.
“Per poter offrire consulenza adeguata alle aspettative – precisa Combelles – dobbiamo capire a fondo il cliente: questo significa approfondire sia la sua conoscenza interna sia comprendere in dettaglio il contesto di mercato in cui opera. La comprensione approfondita della tecnologia (sia intesa come soluzioni Ict sia come organizzazione/processi It) rimane indispensabile, ma non è questo che fa la differenza nella digital transformation: bisogna comprendere come calarla in un contesto in cui possa realmente produrre valore”.