Da un’analisi svolta da Forrester alla fine del 2007, su un campione di oltre 1.000 decision maker e uomini di business in America del Nord ed Europa, è emerso che quasi tutte le aziende che stanno già utilizzando il CEP (Complex Event Processing) lo stanno facendo in un contesto di “business” e non all’interno dell’It (anche se il dipartimento It è ben strutturato e rappresenta un valore per il business stesso). Addirittura, nella maggior parte dei casi, l’It è stato a malapena coinvolto nella selezione o nell’introduzione della tecnologia CEP (spesso il dipartimento It non risulta interpellato nemmeno nella definizione delle correlazioni o delle analisi che si desidera ottenere con il CEP).
Il CEP, lo ricordiamo, è una tecnologia che consente di “catturare” e analizzare in tempo reale una serie di eventi correlati tra loro, individuando opportunità o criticità utili al business per prendere decisioni più appropriate (il tutto in modo automatizzato). Trattandosi di tecnologia, verrebbe dunque da pensare ad un coinvolgimento diretto dell’It fin dalle prime fasi ma, dalle interviste svolte da Forrester, non sembra affatto così.
Secondo Charles Brett, analista di Forrester, questo avviene perché l’It è ancora troppo focalizzato sui cosiddetti “eventi tradizionali”, tipicamente relativi alle transazioni monetarie o quelli suscettibili di elevati livelli di automazione. Esiste però tutta una serie di eventi (considerati “non tradizionali” dall’It), come per esempio quelli provenienti da apparecchiature ed equipaggiamenti del “mondo fisico” (condutture, sensori di fabbrica, rilevatori della catena di montaggio, ecc.; tutte fonti di eventi/informazioni che, in genere, non rientrano nella gestione del dipartimento It), che l’It solitamente non considera e non utilizza quindi per dare valore al business.
Facciamo un esempio. Oggi, quasi la totalità delle compagnie di Utility usano delle tecnologie che consentono di misurare quanta energia elettrica, gas o acqua consuma un’abitazione o un’impresa. Questo tipo di misurazione, però, non fornisce alcun tipo di informazione e visibilità su come la risorsa viene consumata. La domotica rappresenta una svolta in questo senso ma da sola non basta; affinché si ottengano risultati in termini di ottimizzazione delle risorse di utility, dice Forrester, la misurazione “tradizionale” degli eventi, così come effettuato fino ad oggi, non è sufficiente. Serve un sistema di analisi in grado di correlare tra loro gli eventi provenienti da più fonti (dai vari device presenti in casa, per esempio). All’interno di una Utility Company, poi, questi sistemi potrebbero rappresentare un supporto (come fonte di dati ed eventi) non solo per la comprensione di come le risorse vengono consumate dalle famiglie o dalle imprese, ma anche per una migliore erogazione dei servizi (in altre parole, le aziende di Utility avrebbero a disposizione maggiori informazioni che però risiedono e provengono da fonti diverse rispetto all’It e, oggi, non ancora prese in considerazione dai sistemi in uso). Volendo essere un po’ visionari, dal mondo delle utilities il CEP potrebbe poi passare ad essere uno strumento valido anche nell’edilizia per la costruzione di edifici “intelligenti” (che consumino poca energia elettrica, che non sprechino gas metano per il riscaldamento, ecc.).
I limiti e i freni dell’It
Brett, nel suo report, ha sottolineato come nei moltissimi casi analizzati, i dipartimenti It abbiano rappresentato di fatto un freno ai progetti CEP. Nel migliore dei casi, si legge nello studio, c’è stata una minima cooperazione per quanto riguarda gli aspetti tecnici. “L’It si è dimostrato contrario a farci accedere alle informazioni in tempo reale”, ha commentato il CEP business executive di un’impresa manifatturiera. “La contrarietà è nata dal fatto che l’owner dei tools CEP è una persona di business e non del mondo It”. Dello stesso parere anche un executive di un’azienda del settore Energy Trading secondo il quale l’It non collabora proprio perché il CEP viene introdotto fuori dal suo dipartimento.
Secondo l’analista di Forrester, però, la resistenza dell’It è spesso ingiustificata e, in prospettiva, insostenibile. I dipartimenti It, infatti, dovrebbero garantire sempre i massimi livelli di servizio a supporto della produttività del business, anche facendo scelte che si allontanano dai tradizionali processi ed operations It. Gli approcci It convenzionali, per altro, sono risultati più costosi e dispendiosi in termini di tempo e risorse: “Caricare un database di dati, predisporre le interrogazioni e gli studi possibili, ed effettuare poi le analisi attraverso i “metodi tradizionali” è risultato un processo troppo lungo”, ammonisce il top manager di un’azienda di servizi finanziari (dove la capacità di prendere decisioni veloci rappresenta un vantaggio competitivo).
La riduzione dei costi e la velocità operativa, nonché la possibilità di operare autonomamente senza dover “dipendere” dall’It, rappresentano i motivi principali che spingono il top management ad adottare il CEP, bypassando proprio quel dipartimento che, nella sua funzione, dovrebbe sostenere il business.
Esemplari le parole del research executive di una società finanziaria: “Ciò che il CEP fornisce è la possibilità di introdurre query e impostare analisi senza richiedere operazioni o interventi di esperti, senza dover quindi seguire il tradizionale iter It di sviluppo, test e delivery che, nella nostra realtà, potrebbe risultare troppo lungo e farci perdere delle opportunità”.
Ma il futuro è fatto di cooperazione
Se è vero che dalle interviste svolte da Forrester emerge un atteggiamento di autonomia del business sia nella scelta che nell’implementazione dei progetti CEP, è comunque prevedibile che più la tecnologia maturerà e il mercato dell’offerta si consoliderà, più il CEP si avvicinerà all’It. Questa convergenza è inevitabile dato che l’It già oggi è il contenitore della maggior parte degli eventi business-critical necessari al CEP per i procedimenti di correlazione e analisi. Le azioni suggerite dal CEP, inoltre, dovranno essere sempre più gestite attraverso il dipartimento It e i servizi che questo riuscirà ad erogare proprio per aiutare il business a “muoversi” in una direzione piuttosto che in un’altra. Non solo: esigenze di compliance e politiche ambientali rappresenteranno un ulteriore driver verso questa convergenza.
La sfida futura per l’It, insomma, sarà riuscire a trovare l’equilibrio, la giusta e produttiva coesistenza con gli ambienti e i sistemi di calcolo e analisi complessi che il business potrà utilizzare e gestire autonomamente grazie anche ad una infrastruttura sottostante ottimizzata e flessibile (intesa come hardware, software e servizi).