Cresce il potere dei blog

I blog si stanno imponendo come strumento di comunicazione bidirezionale e aziende, società di pubbliche relazioni e di pubblicità stanno pensando a come sfruttare il fenomeno. Ma attenzione: i navigatori non sono disposti a farsi scippare questa area di libertà dal marketing

Pubblicato il 03 Set 2006

MILANO – Per circa tre anni sono stati la tipica applicazione da addetti ai lavori, evoluzione dei siti personali e delle ancora più anziane BBS (bulletin board systems). Oggi sono al centro dell’attenzione delle aziende, delle società di pubbliche relazioni e delle aziende di pubblicità. Stiamo parlando dei blog, diari in rete, cui vengono affidate riflessioni, sfoghi, opinioni, idee, anatemi. Un esempio per tutti, per spiegarne la rilevanza: Post inserito da Michele Marziani sul suo blog e segnalato da Massimo Mantellini su Manteblog: “Mi ero lamentato qui, sul blog, del servizio clienti di CartaSì, del fatto che non rispondesse a una mia richiesta via web. Non ho telefonato, non ho fatto altro, non ho avuto tempo. Ho scritto sul weblog e me ne sono dimenticato. Beh, mi hanno appena telefonato da CartaSì dicendo che hanno letto qui, su Appunti di Viaggio, sul blog, la mia lamentela e si sono subito attivati per risolvere il problema”. Dunque le aziende cominciano a prestare orecchio alle conversazioni che si dipanano in Rete e molte, a partire dai grandi quotidiani (Wall Street Journal, New York Times, Guardian, Le Monde, Repubblica), usano questa modalità per interloquire in rete [su queste tematiche si veda anche la cover del numero di novembre 2005 di ZeroUno] .
Secondo la californiana Technorati, portale della Blogosfera, sono circa 22 milioni i blog attivi; a centinaia di migliaia nascono ogni giorno, e moltissimi muoiono dopo poco. Gli argomenti trattati sono infiniti: la stragrande maggioranza sono veri e propri diari personali, che esprimono emozioni, annotano fatti rilevanti o meno; possono avere migliaia di utenti o essere scritti per una ristrettissima cerchia di amici. Hanno proliferato perché da un paio d’anni si sono moltiplicati i siti che offrono spazio, software e strumenti per aprirli e gestirli. I più esperti li gestiscono direttamente e li collegano a un sito personale che funziona da repository. Quello che hanno in comune è la passione, la costanza, la voglia di comunicare e confrontarsi sulle idee, la convinzione che dallo scambio nasce un valore aggiunto (quasi mai monetario, ma spesso di stima, prestigio, calore umano, inventiva). La stragrande maggioranza è fatta di persone che credono in Internet come spazio di libertà.

Questione di stima
E la forza del blogger è data dalla reputazione che si crea in rete, evidenziata dal numero di link di altri blogger che si agganciano ai suoi contenuti creando una ragnatela di rapporti che moltiplica l’impatto, amplifica il messaggio, lo diffonde. Nell’accezione migliore, i blog sono la materializzazione della metafora di P. Levy che descrive Internet come intelligenza collettiva. E questa intelligenza, potenziata dalla tempestività con cui si diffondono le informazioni in rete – il passaparola – negli Usa ha la forza di imporsi all’attenzione dei media paludati (i giornalisti sono diventati frequentatori dei blog) e spesso ha imposto temi all’attenzione del Paese prima dei media. Il blogging americano è così riuscito a influenzare l’agenda politica del Paese, come nel caso dello scandalo delle torture ad Abu Graib. E come non ricordare la pubblicazione in rete del testo integrale del rapporto Calipari, con tutti gli omissis: il blogging italiano ha fatto uno scoop mondiale, una bella lezione ai tecnologi americani!
In Italia, il tema della rilevanza dei blog per le aziende è stato lanciato nell’estate scorsa dal giornalista Franco Carlini in un commento sul sito della Ferpi (www.ferpi.it), associazione dei PR italiani, che ha pubblicato uno studio di Edelman e Intelliseek con il quale l’importante società di PR segnala ai suoi clienti e alla comunità di riferimento che occorre prestare attenzione al fenomeno, capirlo, interpretarlo e usarlo (correttamente). Non solo come strumento di difesa (attenzione che se si parla di voi, dovete saperlo, e magari intervenire dicendo la vostra), ma, come nel caso citato all’inizio, come strumento di ascolto (dei clienti, dei critici, dei concorrenti, della gente) per capire vecchie e nuove esigenze insoddisfatte, nel migliore dei casi come strumento di relazione con i propri clienti e con il mercato. È probabile che Edelman abbia cominciato a interessarsi al fenomeno durante l’ultima campagna delle presidenziali Usa: Edward Dean, candidato democratico, ha utilizzato Internet (Moveon.org ) e i blog per raggiungere l’elettorato; tra gli accreditati come stampa alle convention presidenziali per la prima volta sono stati accettati i blogger.

Attenzione a non fare marketing
Ma occorre fare attenzione al modo con cui si conversa in rete. Il popolo di Internet è attento e diffidente, se annusa aria di puro marketing e non voglia di comunicazione bidirezionale, è impietoso e crudele: può essere un boomerang. Come sostiene Granirei (autore di Blog Generation) in un forum su VisionBlog: “La rete è oggi un sistema emergente…con le sue regole e le sue prassi….(occorre porsi) il problema di partecipare e di seguirne le regole”.
La regola principe è no-broadcast, ma interazione, confronto, sincerità: spesso le aziende sono tentate di nascondere verità scomode. Attenzione, mai come su Internet il “re può essere nudo”.
General Motors ha promosso due blog l’anno scorso, e il suo direttore New Media, Wiley, pensa che sostituiranno molti comunicati stampa. Audi ha investito alcuni milioni di euro per inserire su circa 300 blog la campagna per un nuovo modello A3 ; Piaggio Usa ha messo un blog sul suo sito e ha reclutato alcuni blogger che avevano un loro blog personale sulla Vespa. Sono solo timidi passi.
Quello che per ora funziona è la pubblicità su siti di blogger indipendenti. Una analista di Forrester Research, Charlene Li, valuta tra i 50 e i 100 milioni di dollari l’entità degli investimenti fatti dalle aziende sui blog negli Usa a scopo pubblicitario o di marketing. In molti casi i blogger hanno capito che potevano trasformare la loro passione o il loro divertimento in moneta sonante: AdSense di Google paga per ogni click su un annuncio pubblicitario ospitato da un blog associato; altri network compensano in base agli affari andati in porto. In qualche caso vengono compensati perché linkano un sito aziendale (Yahoo e Google fanno salire nel ranking le aziende che hanno molteplici link). Una società di marketing, US Web, paga 5 dollari per ogni citazione di azienda o link a sito aziendale fatta dai blog. La cosa ha suscitato critiche da molti blogger americani che richiedono trasparenza sui blog utilizzati e sulle cifre pagate; l’azienda si è affrettata a comunicare che sta predisponendo delle guideline per i blogger affinché possano comunicare quando vengono pagati per menzionare un prodotto.
Come si vede la sensibilità è alta e occorre muoversi con grande trasparenza. Per finire, una notazione: per la loro caratteristica di cooperazione collettiva e tempestività, i blog hanno caratteristiche interessanti per la condivisione delle informazioni all’interno di una organizzazione. Ed è proprio questa una delle direzioni verso cui si va estendendo la galassia blog.

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