Come tutte le attività “customer facing”, l’intero ciclo di azioni aziendali per attrarre e trattenere il cliente che va sotto il nome di customer relation management è in costante ricerca di nuovi margini sulla concorrenza. si veleggia ormai oltre prezzo, qualità, accessibilità, disponibilità o funzionalità del prodotto o servizio in oggetto, verso l’esperienza che ne fa il cliente stesso (la experience based differentiation, come la battezza Forrester). Questa strategia non significa nulla di meno che riuscire a integrare sistematicamente l’esperienza del cliente a partire dal disegno, fino alla delivery di prodotti e servizi; implica coinvolgere il cliente e sfruttarne la collaborazione nei processi produttivi. ovvio che la sua corretta esecuzione sia un’arma vincente non solo in generale per il branding, costantemente da affermare, sostenere e proteggere, ma anche nello specifico della missione crm, per fidelizzare il cliente su tutto il ciclo di vita della relazione, in un rapporto soddisfacente per lui e ottimale per il business. non è dunque un caso se, secondo una ricerca forrester di maggio 2006, 176 grandi aziende usa (tutte con fatturato oltre i 500 milioni di dollari in diversi settori d’industria) considerano al 60% critica e al 36% molto importante “l’esperienza cliente”, definita come “il grado di interazione al quale il cliente percepisce soddisfatte le proprie esigenze”.
La sfida di integrare un’esperienza multicanale
Ma “integrare e coinvolgere” il cliente è una bella sfida. si tratta di creare e mantenere con lui un contatto costante sulla base di un insieme coerente di interazioni, raggiungendolo e ascoltandolo attraverso una crescente molteplicità di canali da presidiare, che volta a volta meglio si inseriscono nel ciclo di vita di una relazione. sempre più cruciale ovviamente oltre che raggiungerlo, ascoltare il cliente, in un contesto a due vie dettato dalla “innovazione consumer driven”, che può portare a un controllo dell’innovazione condiviso tra azienda e social network, strategico per sfruttare le sinergie dell’intelligenza di massa. in quest’ottica, nel ciclo di vita della relazione con il cliente si creano, per esempio, nuovi ruoli come quello dell’osservatore (in grado di raffrontare e influenzare nuovi prodotti fin dalle fasi iniziali della loro presenza sul mercato) o addirittura del contributore (in grado di dare suggerimenti innovativi). dunque crescente molteplicità di canali, che vuol dire crescente complessità di analisi di business intelligence e del comportamento/contributo del cliente. e allora non sorprenderà che, nel dettaglio, alla domanda se “l’azienda ritiene che i propri rappresentanti normalmente soddisfino i bisogni del cliente attraverso un dato canale”, la ricerca forrester sopra citata trovi promossi (61%) solo il canale telefonico e, a mala pena, quello della filiale (51%), in pratica solo dove c’è contatto almeno vocale o umano diretto. non raggiungono la sufficienza tutti i nuovi canali emergenti di interazione col cliente: non sono visti soddisfare davvero l’esperienza cliente se non al 41% il canale Web e al 38% l’e-mail. e più si spersonalizza il contatto, meno valore, sempre in termini di esperienza cliente, si raccoglie: si scende al 34% con le distribuzioni di cataloghi, al 30% con le macchine self-service, al 23% con il self-service telefonico, al 19% con l’instant messaging o la chat. Questo insoddisfacente stato dell’arte di una “integrazione della relazione trasparente al multicanale” è una misura della sfida di realizzare quell’insieme coerente di relazioni per un Crm che davvero serva alla Experience based differentiation.
Un crm basato sull’esperienza cliente: serve la leadership It
Dunque servono strategie e soluzioni tecnologiche Crm basate sull’esperienza cliente e, sorpresa, gli executive di business si aspettano che la leadership di questa strategia sia dell’it. la ricerca forrester conferma che tra i fattori critici che ostacolano il successo di una strategia basata sull’esperienza cliente, implementarne la tecnologia è al 60%, seconda solo all’allineamento fra it e unità di business, ovviamente primo con il 73%, e davanti a tutta una serie di altri fattori sotto il 50%, fra cui cambiare i comportamenti, misurare l’esperienza cliente, definire la strategia stessa. c’è consenso, in tutti i settori industriali, a puntare il dito sull’it: la “priorità massima per l’it” deve essere supportare l’obiettivo aziendale di acquisire e mantenere i clienti per il 79% delle aziende tecnologiche e di telecomunicazione, per il 76% delle società di servizi e comunque per la maggioranza (tra il 62 e il 51%) di quelle dei settori distribuzione, manifatturiero, chimico ed energetico.
La via della composizione dei processi di business
Portare il Crm a livello di una soddisfacente esperienza cliente è un tema che va affrontato come caso certamente prioritario, ma pur sempre particolare, della più generale metamorfosi del processo di delivery delle applicazioni di business. in questa analisi ci aiuta Gartner che ha definito un percorso per creare processi di business più flessibili e capaci di sostenere migliori esperienze clienti (implicitamente e tipicamente per aziende medio grandi), vedi figura 1.
figura 1 – Percorso per creare processi di business più flessibili e capaci di sostenere migliori esperienze clienti – fonte: Gartner
Il processo di delivery di una business application che realizza uno o più processi di business producendo un’esperienza utente è tipicamente basato sull’implementazione di un pacchetto applicativo standard (approccio “buy”) che, invariabilmente, a fronte di indubbi guadagni di efficienza implementativa rispetto a un ipotetico approccio totalmente “build” (ossia della soluzione costruita in azienda), rappresenta una scelta non “su misura” e, quindi, rischia di appiattire i fattori differenzianti. spesso si sceglie di innestare sulla piattaforma “buy” funzionalità best-of-breed con modalità “build”, ma si finisce con l’introdurre nuove rigidità e un’ulteriore penalizzazione dell’esperienza utente. ma con l’avvento della service oriented architecture (soa) le funzionalità applicative delle business application si granularizzano in servizi indipendenti e componibili; i quali, gestiti dal business process management e lavorando su metadati si mappano in (sotto)processi di business tra loro componibili, secondo quella che gartner chiama service oriented business architecture (soba). diventa possibile un nuovo processo di delivery delle applicazioni di business: fermo restando l’approccio “buy” per quanto riguarda l’erp, per gli ulteriori sviluppi di queste applicazioni entra in gioco la composizione dei processi di business, capace di bilanciare agilmente l’acquisto di una soluzione standard sia in termini di funzionalità differenziante che di esperienza utente.
In un contesto crm, si possono così aggiungere differenziazioni relative all’esperienza cliente: pensando, per esempio, a un canale Web, si può riprodurre il desktop del cliente sul sito, in modo da fornire assistenza sullo stesso schermo che il cliente vede. o si possono realizzare forme collaborative con il cliente che ne arricchiscano l’esperienza del servizio: il push di una pagina di interesse al cliente, il co-browsing, l’assistenza nel riempire formulari in collaborazione. tutte funzionalità realizzabili come processi componibili che migliorano e differenziano l’esperienza cliente.
Separare i processi differenzianti
Gartner suggerisce però un “imperativo strategico” in generale per le business application costruite in un contesto di composizione di processi (e applicabile al crm basato sull’esperienza cliente): separare i processi che abilitano la differenziazione da quelli ormai commoditizzati (vedi figura 2).
figura 2 – La separazione dei processi differenzianti da quelli commoditizzati – fonte: Gartner
Una separazione del potenziale applicativo e processuale differenziante costituisce una impostazione architetturale “chiave nel costruire una strategia soa e la relativa procedura di business process abilitanti l’agilità d’impresa senza compromettere l’integrità dei processi e dei dati”. gartner vuol sottolineare tutta la leadership e la responsabilità del cio che è il solo nella posizione di poter individuare processi, funzionalità e asset che costituiscono o potrebbero costituire un vantaggio competitivo. solo questa sua visione “libera e abilita” il business da restrizioni che impediscono di sfruttare opportunità che si presentino, non solo ricadendo in rigidità architetturali e di processo (come per il sopra descritto innesto di funzionalità best-of breed non componentizzate in una piattaforma buy), ma in inibitori di contesto come skill necessari, organizzazione o sistemi di supporto. In sostanza, il Cio deve avere la lungimiranza e la leadership non solo di costruire l’agilità nel disegno della soluzione, ma di far in modo che i responsabili (owner) dei vari processi differenzianti siano preparati a cambi potenziali di scala operativa o struttura organizzativa. tutto questo per rendere “a prova di futuro” le nuove business application in generale e, tornando al crm basato sull’esperienza cliente in particolare, per consentire di accomodare le componenti best-of-breed che lo abilitano nel nuovo contesto di composizione dei processi. il middleware e le capacità di integrazione, di cui solo il cio ha la visione, sono fattori critici per assicurare questa nuova agilità
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