Gartner: estendere il Cpm oltre la finanza

La funzione finanziaria aziendale resta sempre la promotrice dei processi di Corporate Performance Management ma per Nigel Rayner (nella foto), analista di Gartner intervenuto alla User Conference 2008 di Tagetik, per ottenere risultati migliori è necessario fare un passo in avanti: il Cpm dovrebbe diventare uno strategico strumento di business

Pubblicato il 06 Ott 2008

analystbiography nigel rayner

LUCCA – Intervistato da ZeroUno in occasione della User Conference di Tagetik, Nigel Rayner, research vice president di Gartner, ha sottolineato l’importanza del Corporate Performance Management (Cpm), come strumento di risposta alla strategia di business.
“In ogni organizzazione aziendale, perché alla strategia business possa rispondere una strategia di “performance management”, servono applicazioni di Corporate Performance Management (Cpm), che si collocano al centro delle applicazioni analitiche di business intelligence, in una infrastruttura aziendale dedicata all’information management”, esordisce Rayner.
Le applicazioni analitiche Cpm (e i loro servizi in chiave Soa) costituiscono di per sé un mercato crescente e in rapida maturazione: nel 2006 questo mercato ha registrato un business di 1,5 miliardi di dollari con una crescita del 20,2% rispetto all’anno precedente. “I dispiegamenti delle soluzioni Cpm sono sempre più estesi – dice Rayner. – Dalla pura financial consolidation e financial & statutary reporting, e dal budgeting, planning & forecasting, il Cpm si sta espandendo al dashboarding & scorecarding e al profitability modeling & optimizing”.
“Misurata sulle applicazioni Cpm, si vede una penetrazione all’80% solo però per budgeting, planning & forecasting, financial consolidation e financial & statutary reporting (ossia la parte con un reporting più orientato all’utenza business). Nelle altre aree la penetrazione è ferma al 40% o meno”, spiega Rayner.
Questa situazione è figlia anche della diffusione di piattaforme di Bi con funzioni di reporting specifiche per il business (confronto attuale rispetto al budget, analisi spese o cash flow), piuttosto che reporting avanzati per finanza e management (come sono andati revenue e profitti nelle operazioni delle varie Lob). Per inciso, si specializzano in questo “second basket” prodotti Cpm di nicchia come Tagetik (diventando così target per le piattaforme Bi più diffuse).
“L’orientamento poco strategico del Cpm oggi potrebbe anche essere attribuibile a qualche processo mancante in azienda”, prosegue Rayner. “I processi pertinenti si possono rappresentare sui tre livelli di management: strategico, funzionale di Lob e operativo. L’attenzione finora è stata posta principalmente sul budgeting tradizionale (monitoraggio di operazioni) e, salvo rare eccezioni, molto poco sui processi (al posto di riunioni in cui si prendono decisioni che rischiano di rimanere una tantum), per chiudere il loop sulla pianificazione strategica e di business, con sistemi di Cpm periodico (scorecarding) o in tempo reale (dashboarding)”. “Quanto cruciale è far funzionare questi processi?”, chiediamo all’analista che ci risponde così: “Basterebbe pensare ai Ceo che hanno perso il posto: erano 1 su 8 nel 1995, sono diventati 1 su 3 nel 2006. Più asetticamente, abbiamo messo a punto con la School of Management della Cranfield University un maturity model per i processi Cpm e raffrontato 60 casi di studio di aziende che si dicono soddisfatte del loro Cpm. Il risultato medio è stato di scarsa organizzazione progettuale per dashboarding & scorecarding. Solo due i casi migliori che hanno superato il livello 4 su una valutazione che prevedeva 5 livelli. In entrambi i casi i processi di Cpm non erano “finance lead”, ma guidati personalmente dal Ceo. Il messaggio quindi è: una visione strategica col Cpm richiede di andare oltre la finanza, anche se questa ne resta la prima promotrice”.

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