Il Maturity Model della Business Intelligence

In una prospettiva che vede la business intelligence come punto di congiunzione tra problemi di business e i processi e le tecnologie di supporto, sono molti gli aspetti che le organizzazioni devono considerare per comprendere il benificio della BI stessa. Uno strumento di valutazione potrebbe essere il maturity model che consente di individuare le variabili che determinano il successo o meno dei progetti di BI e l’eventuale percorso da seguire

Pubblicato il 02 Apr 2008

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La diffusione dei sistemi di business intelligence nelle aziende italiane rappresenta oggi un fenomeno ormai consolidato, sia presso le grandi aziende sia a livello di medie imprese: forme ed esperienze differenti, ma i progetti di implementazione insieme alle soluzioni stesse di Bi oramai costituiscono un vero e proprio asset per le aziende che le hanno adottate. Un “Bi digital divide” permane nei confronti delle imprese minori (con dipendenti tra 50 e 100), che costituiscono il 56% delle imprese italiane con più di 50 dipendenti.
Nel tempo si è realizzato un percorso di diffusione delle soluzioni, a partire dalle tipiche funzioni dove sono stati intrapresi i primi progetti (per le analisi di marketing e dei costi), verso nuove aree aziendali. Tale diffusione ha permesso di arrivare in molti casi di eccellenza, ad un “avvicinamento”, se non un vero proprio “allineamento”, delle soluzioni di business intelligence alle linee guida strategiche dell’azienda: in questo modo le aziende hanno individuato i processi decisionali più critici e, ove possibile, hanno realizzato sistemi di Bi e di Bpm per il loro supporto con una vera logica di processo, dal controllo più di routine di un fenomeno o dall’intelligence più estemporanea di un problema, all’analisi, alla costruzione e valutazione di ipotesi alternative di soluzione, alla scelta dell’azione.
In questo contesto, è chiaro che il tema degli skill e delle competenze professionali assume un’importanza rilevante; tema che è un “ever green” per chi studia e supporta le imprese nell’impiego delle soluzioni di Bi, dalle più semplici alle più sofisticate. Il problema è stato solo parzialmente risolto dall’ingresso delle nuove generazioni di manager nelle nostre imprese, che per certi versi “banalizzano” molto l’uso della tecnologia (siano essi fogli elettronici o soluzioni di Bi più articolate) e rischiano di creare quantità aggiuntive di informazioni non significative o mirate, “spregiudicate” se non si conosce a fondo il problema che si sta affrontando, e contribuendo al fenomeno dell’“overload informativo” per se stessi o per i loro responsabili che devono prendere le decisioni.
Il percorso verso una piena maturità dei sistemi di business intelligence in azienda viene oggi declinato dai mass-media o dagli analisti (non dalla letteratura scientifica che è un po’ più cauta in questi casi!) con termini avveniristici di “Bi 2.0”, intesa come orientamento delle soluzioni verso ogni tipologia di utente (Bi pervasiva o democratica), anche itineranti (Mobile Bi), in una prospettiva sempre più real-time (o Near Real Time Bi) e sempre più convergente con l’utilizzo anche dei dati non strutturati (Bi search, Bi e Content management, Information Management a livello di impresa).
Uno strumento utile per mappare le aziende di un settore o di un paese, o per auto-valutare il proprio grado di esperienza nella Bi, è il Maturity Model della Business Intelligence, formulato da Wayne Eckerson, Direttore del Laboratorio di Ricerca del TDWI (The Data Warehousing Institute). Tale modello descrive le variabili che determinano la successione delle fasi di crescita della maturità aziendale nell’implementazione, sviluppo ed ottimizzazione dei sistemi di business intelligence: le fasi sono descritte con espressioni metaforiche che esemplificano il passaggio dall’eta’ infantile all’eta’ adulta, attraverso momenti intermedi di crescita culturale e di gestione del cambiamento organizzativo (vedi figura).


Figura 1: Il Maturity Model della Business Intelligence descrive le variabili che determinano la successione delle fasi di crescita della maturità aziendale nell’implementazione, sviluppo ed ottimizzazione dei sistemi di business intelligence (Fonte: W.Eckerson, 2007, www.tdwi.com)

(clicca sull’immagine per ingrandirla)


Tale processo di crescita prevede il primo stadio (“Infant Stage”) caratterizzato dalla presenza in azienda di pratiche riconducibili al semplice reporting direzionale ed alla costruzione autonoma ed embrionale di applicazioni di Bi da parte di isolati analisti di business. Questa fase è caratterizzata da scarsa qualità dei dati ed eccessiva frammentazione sia degli strumenti, sia delle applicazioni di Bi in azienda. Lo stadio di crescita successivo vede la diffusione della business intelligence dapprima con l’impiego di metodi e tecniche implementative uniformi per tutti i progetti di Bi (“Child Stage”), quindi con l’impiego di una piattaforma tecnologica tendenzialmente standard e il disegno di un’architettura informativa a livello aziendale (“Teenager Stage”).
La gestione del momento di potenziale crisi della business intelligence in azienda, collegata principalmente alla standardizzazione delle soluzioni esistenti e alla transizione ad una forma di Bi di impresa, consente di raggiungere lo stato di piena maturità (“Adult Stage”): in tale stadio diminuisce l’investimento complessivo, pur mantenendosi elevata l’attenzione alla BI, e si realizza un’architettura unificata, caratterizzata da flessibilità tecnologica, orientamento al real-time (da alcuni più correttamente definito right-time) ed impiego di strumenti per analisi non solo storiche, ma anche predittive di scenari futuri. Come prospettiva finale (“Sage Stage”), viene ipotizzata la possibilità di approfondire le competenze sviluppate e consolidate secondo logiche di servizio: in questo modo è possibile realizzare la distribuzione delle soluzioni e degli output della Business Intelligence internamente all’azienda, attraverso strutture organizzative riconducibili a centri di eccellenza o di servizio.
Il modello del Maturity Model risulta utilizzabile, con opportune modalità di misurazione delle variabili sottostanti le varie fasi, per valutare lo stato dell’arte dei sistemi di Bi oggi presenti nelle aziende italiane, nonché gli interventi necessari per effettuare il passaggio a fasi di maturità più avanzate.
La rilevazione dello stato “As Is” delle aziende, appartenenti a diversi settori, permette di misurare le variabili, definite da Eckerson, di Scope ed Orientation della business intelligence: tale rilevazione consiste nell’analisi di quale sia lo stato di diffusione delle soluzioni di Bi e di quale sia lo scope delle applicazioni al momento attive, in termini di funzioni coinvolte, di processi aziendali supportati e di funzionalità software utilizzate. In questo modo è possibile comprendere quale sia l’ampiezza del raggio di azione della business intelligence.
Aspetto critico e fondamentale dell’analisi dello stato dell’arte è rappresentato dalla rilevazione dell’architettura applicativa in essere, elemento che sintetizza le scelte strategiche e organizzative dei sistemi di Bi in azienda: organizzazione di dati in data warehouse a livello Enterprise contrapposta ad architetture costituite da data marts dipartimentali; soluzioni integrate, in alcuni casi anche con i sistemi transazionali, contrapposte a soluzioni di “best of breed”, in grado di tradurre in funzionalità di business intelligence la conoscenza di mercati o di processi verticali, secondo la logica delle analytic applications.
Dal punto di vista organizzativo, la capacità di giudicare il grado di maturità raggiunto da un’azienda dipende dalla misurazione di variabili quali la presenza di standard comportamentali (standard implementation) ed applicativi (development approach) riconosciuti all’interno dell’organizzazione: interessanti spunti di indagine, per capire al meglio l’influenza di tali variabili sulla diffusione della business intelligence nel mercato italiano, sono la verifica della ownership dei sistemi, in capo a funzioni It o a funzioni utente, e la presenza o meno di unità specializzate in azienda sulla Bi. Problematica organizzativa di importanza sempre rilevante è quella relativa alla qualità dei dati: il Maturity Model identifica 3 elementi complementari della qualità dei dati, l’affidabilità (trustworthy data), la tempestività della disponibilità (timely data) e l’ambiente di utilizzo per l’utente finale (comprehensive data access).
Obiettivo importante di analisi è, infine, la verifica della nascita e del consolidamento di modelli di governance della business intelligence in azienda, aspetto che include molti fattori rilevanti per il passaggio alle fasi di maturità successive del modello: la presenza in azienda di una sponsorship forte delle iniziative di business intelligence e dal commitment e coinvolgimento diretto della direzione aziendale nella realizzazione delle iniziative stesse; l’ammontare degli investimenti e la disponibilità di risorse, materiali e immateriali, necessarie per la realizzazione di soluzioni di business intelligence (funding); la formulazione di un piano per la diffusione della business intelligence e la definizione di linee di sviluppo future; le modalità di misurazione del ritorno sull’investimento; la presenza di indicatori di servizio per la Bi; le caratteristiche del processo di selezione, acquisto e delivery delle soluzioni di Bi.
Insieme ad un costante monitoraggio dei fabbisogni di Bi delle imprese italiane, al fine di mantenere un legame costante con le dinamiche di mercato in essere, tutte le variabili descritte in precedenza sono oggetto di misurazione ed analisi da parte dell’Osservatorio della Business Intelligence in Italia di SDA Bocconi School of Management. Il fine ultimo è quello di comprendere, anche con l’impiego di strumenti quali il Bi Maturity Model qui brevemente illustrato, quanto la business intelligence sia considerata in impresa una risorsa di carattere operativo oppure tattico oppure mission-critical, attribuendo ad essa un ruolo strategico e differenziante, in grado di garantire un vantaggio competitivo sulla concorrenza, ruolo che diviene rilevante solo nelle fasi “Adult” e “Sage” della maturità.

*Paolo Pasini (nella foto in alto) è professore Senior della Unit SI e responsabile dell’Osservatorio BI (pasini@unibocconi.it); Massimo Erba è ricercatore dell’Osservatorio BI di SDA Bocconi.

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