Intelligence d’avanguardia per analisi su misura

Scegliendo una soluzione di BI sviluppata su una tecnologia di nuova concezione, un’azienda calzaturiera permette a dirigenti e funzionari di svolgere tempestive analisi sui dati aziendali secondo criteri personalizzabili e in totale autonomia.

Pubblicato il 13 Dic 2007

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Nel 1993 nasce a Montebelluna, una cittadina del Trevigiano attorno alla quale si è sviluppato, a partire dai primi anni ’80, un complesso di aziende operanti nella calzatura e nell’abbigliamento tecnico e sportivo, Stonefly. Oggetto dell’attività è la produzione e commercializzazione di scarpe, ma ciò che distingue da subito la nuova realtà dalle analoghe altre aziende del distretto industriale è la scelta strategica dei due fondatori, Andrea Tomat e Adriano Sartor, di puntare sull’innovazione, trasferendo e adattando caratteristiche tecnologiche sviluppate per la calzatura sportiva ai fini delle prestazioni dell’atleta, in soluzioni per la calzatura da città ai fini del comfort e del benessere dei piedi. Lo strumento che, nel 1994, viene creato per porre in atto questa strategia è il “Comfort Lab”, un laboratorio, appunto, che opera in una visione di collaborazione internazionale con altri centri di ricerca e sviluppo nel mondo e nel quale viene investito circa il 5% del fatturato della società. Nelle calzature Stonefly la tomaia utilizza tessuto e pellami distribuiti in modo da permettere una migliore traspirazione del piede nei punti di maggior bisogno e la suola ergonomica integra elementi di gel compatto che distribuiscono il peso sui punti d’appoggio del piede in modo differenziato per ogni singolo modello, a seconda che la scarpa sia destinata a un uomo o a una donna e che si tratti di un modello classico, sportivo o mocassino con o senza tacco.

I risultati di questo mix di innovazione e design di prodotto, innestati su quella creatività imprenditoriale tipica di molte realtà del Nord Est che hanno trovato spazio sulle nostre pagine, non si sono fatti attendere. Nel 1997 viene aperta una filiale negli Stati Uniti; nel 2001 viene firmato un accordo commerciale per la distribuzione in Giappone; nel 2004 nasce Stonefly Junior, che porta la società nel mercato della calzatura per l’infanzia; nel 2005 viene creata una joint venture per l’apertura di una rete monomarca in Cina e l’anno scorso viene varato un progetto di espansione dell’area Retail, finalizzato a strutturare la distribuzione con spazi in grado di presentare l’intera gamma di prodotti e dare una maggior visibilità al marchio.

Oggi i numeri della società sono: 98 milioni di euro di fatturato (previsione 2007, erano 74 nel 2002, con una crescita quindi del 33%) suddivisi al 50% tra Italia ed estero (40 paesi nel mondo); oltre 510 dipendenti diretti, tra quelli impiegati nella sede di Montebelluna, quelli dello stabilimento in Bulgaria e quelli dei centri monomarca nel mondo, ai quali vanno aggiunti gli oltre 2.000 lavoratori dell’indotto; 23 punti vendita diretti e 53 in franchising. Si tratta quindi di un’impresa media, anzi medio-grande secondo i parametri italiani, per di più caratterizzata da una certa complessità, e sul fronte dell’organizzazione commerciale e su quello della struttura produttiva, nonché da un tasso di crescita rapido in un mercato a sua volta dinamico e competitivo.
Negli ultimi anni si mostrava quindi con sempre maggiore evidenza la necessità di guidarne le scelte, non solo strategiche ma anche operative, attraverso informazioni accurate ma disponibili tempestivamente e fruibili con facilità. Tanto più in quanto, come ricorda Mauro Tamai, responsabile dei Sistemi Informativi della società, nel 2002 la revisione del sistema gestionale aziendale aveva portato ad avere un database unificato e integrato, realizzando di fatto un repository unico dei dati relativi a tutte le attività produttive, commerciali ed amministrative dell’azienda.
Occorreva però che questi dati fossero resi facilmente accessibili e concretamente utilizzabili per analisi da realizzare, talvolta a scadenze programmate ma spesso anche al bisogno e quindi con la massima tempestività, attraverso un’applicazione di business intelligence. Dopo aver esaminato alcune soluzioni proposte dal mercato, la scelta cade su Nuvola, un pacchetto sviluppato da Levera, una software house di Vicenza che opera nell’area Bi da una decina d’anni, e che si basa su QlikView, una tecnologia innovativa sulla quale conviene spendere due parole.
QlikView è stata sviluppata dalla QlikTech, una società nata nel 1993 in Svezia come gruppo di ricerca e cresciuta, grazie appunto a QlikView, a livello globale. Oggi ha sede in Pennsylvania e ha utenti in 74 paesi; Gartner la colloca nell’area “visionari” del Magic Quadrant dedicato alla Bi e Idc la valuta come la società a più rapido tasso di crescita del settore. QlikView, brevettata nel ‘97, è una tecnologia che viene definita di “associative in-memory analysis”, nel senso che i dati sono analizzati non attraverso “viste” predefinite (come nei “cubi” dei sistemi Olap) ma attraverso logiche di associazione che l’utente stesso è in grado di disegnare secondo i propri processi mentali e che consentono di collegare dati provenienti da più fonti e di analizzarli sotto qualsiasi prospettiva. Per far ciò, tutti i dati da analizzare sono caricati in una memoria Ram cui il processore ha accesso diretto, eseguendo i calcoli in tempo reale man mano che l’utente definisce in modo interattivo e tramite un’interfaccia grafica i dati da associare nelle metriche cercate, realizzando “a colpi di clic” (da cui il nome del prodotto) la “vista” cercata.
Nel progetto implementato in Stonefly, l’insieme dei dati disponibili è stato ripartito in tre data mart (o “nuvole”, come le chiama Tamai, riprendendo il nome del prodotto adottato) per ottenere una base dati per le analisi destinate alle operazioni commerciali e di marketing, una per quella relative alla produzione e una terza per le attività di controllo economico e finanziario.
Su questi data mart poggia l’elaborazione del 90% dei report usati dagli utenti di Nuvola (che, va notato, sono trenta: parecchi se rapportati ai 120 utenti delle tradizionali applicazioni business aziendali). “Il 10% restante – spiega Tamai – è stato specificamente costruito per quegli utenti che rivestono ruoli direttivi o comunque di responsabilità e che richiedono analisi più approfondite sia a livello della propria struttura sia a livello dell’intera impresa”.
Questi utenti più evoluti, che sono stati oggetto di una formazione sul prodotto, possono costruirsi modelli di report inediti che, se del caso, potranno poi essere usati da tutti gli altri, con l’evidente doppio vantaggio di liberare, da un lato, la funzione It dallo sviluppo dei modelli di report (“Un’attività – osserva Tamai – che prende tempo e non ha un ritorno d’investimento), e di realizzare, dall’altro lato, soluzioni non solo esattamente rispondenti al bisogno, ma che soprattutto, aggiunge Tamai “forniscono agli utenti un livello di conoscenza sui processi nei quali sono coinvolti che non ha riscontro lavorando con applicazioni di Bi di tipo tradizionale”.
Partito agli inizi del 2006, il progetto di intelligence in Stonefly era operativo per la parte relativa alle analisi commerciali (le prime ad essere implementate) dopo soli trenta giorni. Questo grazie ad alcune strutture d’analisi “preconfezionate” nel pacchetto di Levera e alla mancanza di qualsiasi problema di carattere sistemistico. Sono poi stati costruiti i modelli di report relativi alle analisi sulla produzione e sulla gestione delle scorte e dei magazzini, nonché quelli relativi alla gestione dei negozi, mentre le analisi relative alle performance finanziarie ed economiche della società sono al momento ancora in via di realizzazione (se ne prevede il completamento entro dicembre), dovendo mettere a punto una ventina d’indicatori (Kpi) da raggruppare in pochi cruscotti riepilogativi capaci di fornire dati di sintesi.
Il progetto inoltre comprende l’integrazione nella soluzione di business intelligence di MapPoint, un’applicazione Microsoft di geomarketing che associa ai dati aziendali informazioni demografiche e statistiche di fonte esterna.
“Non si tratta di dati aggiornati come vorremmo – spiega Tamai – ma ci aiutano a capire che tipo di cliente, cioè di quale sesso, età, istruzione, reddito e così via, può aver comprato le nostre scarpe”.
Il costo del progetto? Circa 60 mila euro, “assolutamente sopportabili per un prodotto che dopo un mese dava già i primi ritorni”, conclude Tamai.

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