La battaglia per la Business Intelligence

Nel giro di pochi mesi una serie di acquisizioni che hanno visto come protagonisti tre pezzi da novanta dell’It, ha dato una forte scossa al mercato della Business Intelligence e del Business Performance Management. Vediamo ciò che è avvenuto e tentiamo qualche ipotesi su quelle che potranno essere le conseguenze della  grande “bagarre”

Pubblicato il 07 Feb 2008

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Le ostilità sono aperte da Oracle che il primo marzo 2007 annuncia di aver acquisito Hyperion. Una transazione da 3,3 miliardi di dollari in contanti, quasi quattro volte e mezzo il fatturato 2006 della “preda”, pari a 765 milioni di dollari. Una mossa spavalda, in puro stile Larry Ellison, Ceo della società, sicuramente mirata a rafforzare l’offerta Oracle nell’area del Bpm, ma tesa anche a infastidire la storica rivale Sap in tutti i suoi clienti che utilizzano la tecnologia Hyperion, e a limitarne le eventuali contromosse, rendendo più difficile, almeno in termini di spesa, l’acquisto di una delle possibili concorrenti ancora libere e disponibili sul mercato.
Ed ecco che l’8 maggio 2007 Sap comunica di aver acquistato OutlookSoft – software house fondata nel 1999 da alcuni ex-dipendenti Hyperion – il cui prodotto principale è costituto da un’interessante e già ben affermata suite per il Bpm. I particolari finanziari della transazione non sono stati resi noti ma, secondo alcune stime, il valore della transazione dovrebbe aggirarsi attorno ai 200 milioni di dollari, un buon affare quindi per Sap, tenuto conto che nel 2006 il fatturato di OutlookSoft era stato di 60 milioni di dollari. La “preda” in questo caso è nettamente più piccola, ma alcune delle implicazioni strategiche dell’operazione appaiono molto simili. Per Sap, l’acquisto di OutlookSoft – mossa considerata a caldo la risposta al “deal” Oracle-Hyperion – rappresenta infatti un irrobustimento dell’offerta nel settore del Bpm che, come del resto quella di Oracle, stenta a decollare.
La vera risposta di Sap all’acquisizione di Hyperion da parte di Oracle viene invece cinque mesi dopo, il 7 ottobre 2007. Per 6,78 miliardi di dollari, sempre in contanti, la casa di Waldorf annuncia di aver acquistato la franco-americana Business Objects (Bo) – seconda società al mondo per ricavi tra quelle (definite “pure-play”) che operano in modo specifico nel mercato della Bi – pagandola 5,4 volte il suo fatturato 2006, pari a 1,254 miliardi di dollari. Un esborso che implica un notevole “premio” sul valore di Borsa di Bo, spiegabile solo ipotizzando una violenta zuffa per il suo possesso nella quale sarebbero state coinvolte oltre a Sap anche Hewlett-Packard e, forse, la stessa Ibm. Questa acquisizione, che è in assoluto la più importante della sua storia, viene presentata da Sap come una scelta obbligata nell’ambito di una strategia di crescita che si propone di triplicare, nel corso di cinque anni, le dimensioni della sua “base clienti” facendola passare da 35.000 ad oltre 100.000. Un obiettivo così audace da non poter essere raggiunto solo attraverso una crescita “organica”, basata cioè su uno sviluppo prevalentemente di tipo interno magari se “aiutato” da qualche piccola acquisizione tecnologica. Vista in quest’ottica la dote di circa 44.000 mila clienti portata da Bo, di cui il 40% sono peraltro già clienti Sap, contribuisce in modo determinante ad avvicinare quell’obiettivo.
Sicuramente poi l’acquisizione di Bo, oltre a quella di OutlookSoft, dovrebbe consentire a Sap di misurarsi da una posizione di forza con Oracle non solo nel settore dei sistemi gestionali ma anche in quello della Bi e del Bpm.
A questo punto l’annuncio del 12 novembre 2007 riguardante l’acquisizione per 4,9 miliardi di dollari, da parte di Ibm, della canadese Cognos, che nel suo ultimo anno fiscale aveva fatturato 979 milioni di dollari, non può che essere considerata inevitabile e nemmeno troppo sorprendente. Sul loro possibile “matrimonio” da tempo giravano voci, peraltro sempre messe a tacere da Big Blue con l’ormai storica dichiarazione: “noi non intendiamo più operare nel settore del software applicativo”.
Di fatto Ibm negli ultimi due anni ha ampliato in modo aggressivo il suo portafoglio software e non solo in quello di tipo infrastrutturale. Sono ben 23 le società acquistate da Ibm dal febbraio del 2006 come parte della sua strategia di “information on demand” – un business che si sta rivelando ormai più profittevole di quello dei servizi e dell’hardware.
La Bi sta inoltre diventando “mainstream”, fa parte degli investimenti informatici considerati prioritari dalle aziende, e alimenta un solido mercato che sta crescendo al ritmo del 12% annuo il cui valore, secondo Idc, dovrebbe raggiungere i 20 miliardi di dollari nel 2010. Una ragione di più anche per Ibm di considerarlo con la massima attenzione. Infine le acquisizioni fatte da Oracle e da Sap hanno cambiato sensibilmente un certo panorama obbligando Ibm a fornire lo stesso tipo di “one stop shopping” delle sue rivali. Ed ora che Oracle, Sap e Ibm hanno speso complessivamente oltre 15 miliardi di dollari per acquistare tre dei maggiori “pure-play” della Bi, e in attesa delle possibili mosse di Hewlett Packard e di Microsoft, che cosa ci si può aspettare in futuro?
Ebbene, l’idea che si sta facendo strada è che questa serie di fusioni potrà avere solo conseguenze positive per il mercato, visto nel suo insieme. Da una parte permetterà ai responsabili It aziendali di disporre di offerte più integrate e di migliorare l’interoperabilità delle loro applicazioni. Ma, come osserva Idc, lo share del mercato Bi delle tre aziende acquisite – pari al 29,5% – sommato a quello dei loro acquisitori – che vale a sua volta il 7,8% – dà 37,3% come totale. Questo significa che il rimanente 62,7% del mercato è di fatto indipendente.
Inoltre anche se vi sono aziende che preferiscono acquistare tutto il loro software da un solo fornitore, ve ne sono altre per le quali è ancora oggi più importante poter scegliere tra ciò che di meglio può offrire il mercato. In definitiva oltre a Sas, che per i suoi 2 miliardi di dollari di fatturato e per il fatto di essere privata è da considerare “fuori dai giochi”, vi sono ancora quattro “pure-play” nella fascia di fatturato che va dai 200 ai 350 milioni di dollari – tra i quali Microstrategy ed Epss – oltre a un buon numero con fatturati inferiori ai 100 milioni di dollari – tra i quali Infor e Board International. Tutte aziende che se da un lato guardano con una giustificata preoccupazione allo scontro tra titani in atto nella Bi, dall’altro possono ancora intravvedere, per gli anni futuri, reali possibilità di accrescere le proprie quote di mercato.

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