L’intelligence di Engineering punta al mercato estero

Si chiama SpagoBi il filo che sta guidando un’azienda It italiana, Engineering,  alla conquista di un posto di primo piano nel mercato mondiale dell’open source. A partire da un settore applicativo trasversale come quello della business intelligence

Pubblicato il 12 Mag 2009

MILANO – Engineering, software house italiana, all’open source “guarda” strategicamente ormai da tempo. Così come alla business intelligence, area verso la quale sta indirizzando la sua offerta da qualche anno. Con un obiettivo preciso e molto ambizioso: conquistare spazio nel mercato mondiale.
La nuova versione della soluzione targata Engineering denominata SpagoBi 2.0 è oggi una suite stabile e matura di cinque moduli. Oltre al server, include una soluzione per la creazione di metadati (SpagoBi Meta), un ambiente di sviluppo (SpagoBi Studio), una suite di tool per l’integrazione con applicazioni esterne (SpagoBi Sdk) e un insieme di applicazioni analitiche e verticali (Spago Bi Applications). Nella sua offerta basata sul framework Spago, Engineering propone anche Spago4Q, una sorta di verticalizzazione di Spago Bi per gestire il ciclo di vita delle applicazioni, e Spagic per monitorare l’integrazione con applicazioni Soa e Web.
“Il software open source – racconta Gabriele Ruffatti (nella foto in alto), direttore architetture e consulenza, ricerca e innovazione di Engineering – nasce con Internet per supportare la gestione delle e-mail e del routing. Con l’avvento di Linux si espande nei sistemi operativi. Quindi nascono middleware e database. A livello di applicazioni, la maggiore maturità e stabilità si raggiunge, nel corso degli anni, nel Content management systems e nella Business intelligence”.

Editore di open source
Nel 2004 Engineering (che allora lavorava soprattutto per banche e pubbliche amministrazioni) decide di puntare sulla business intelligence, un settore dove allora erano disponibili poche soluzioni open source internazionali, tra cui Jasper e Birt. Prima realizza il framework Java Spago, quindi inizia il progetto di Spago Bi, con l’obiettivo di farne un’applicazione adattabile a diverse situazioni. “Nel 2006 – continua Ruffatti – lanciamo il progetto Spagoworld, una community che promuove lo sviluppo sostenibile dei progetti open source, e nel 2007 sviluppiamo Spago4Q, una versione di Spago Bi dedicata all’analisi della qualità del software e dei processi di sviluppo, e Spagic, una suite di strumenti rivolti alla progettazione, sviluppo e gestione di soluzioni Soa/Bpm”.
A questo punto Engineering non è più solo un “integratore” ma anche un “editore” di software a sorgenti aperti.
“Nell’open source – spiega Ruffatti – diventiamo editori e integratori in Italia e solo editori nel resto del mondo”. Com’è nella più genuina tradizione dell’open source, i ricavi provengono solo dalla fornitura di servizi. “Altri nostri concorrenti, soprattutto negli Usa – puntualizza il manager di Engineering – applicano il dual licence model. Ovvero offrono sia una versione gratuita sia una a pagamento (maggiormente stabile e con funzionalità aggiuntive) della loro soluzione. SpagoBi, invece, è scaricabile gratuitamente nella versione completa. I nostri guadagni derivano dalla fornitura di servizi. Al di fuori dell’Italia questi li forniamo agli integratori locali” che costituiscono una parte del nostro ecosistema.
Essenziale, per il buon funzionamento di un modello di questo tipo sono l’innovazione continua e la creazione di un vero ecosistema. “Per quanto riguarda il primo aspetto – chiarisce Ruffatti – i software open abbracciano sempre le ultime tecnologie standard. In questo modo riescono spesso a innovare più velocemente rispetto a quelli proprietari”. Per quanto riguarda l’ecosistema, oltre agli integratori “proseliti”, un ruolo importante lo svolgono le comunità internazionali in cui collaborano sia partner sia concorrenti. Una, di cui fa parte Engineering, è OW2, che ha come obiettivo lo sviluppo di soluzioni distribuite di middleware. Tra le altre si segnalano quelle sorte intorno ad Apache e al progetto Eclipse (comunità di 1200 sviluppatori per costruire una piattaforma per l’integrazione di strumenti destinati all’e-business). In questo ecosistema, conclude Ruffatti, “c’è spazio per le aziende innovative italiane”. Con un po’ di impegno, il miglior made in Italy potrebbe non essere più solo il cibo, il vino, l’abbigliamento e il design, ma anche …il software open source.


Engineering: la strada dell’internazionalizzazione

La nuova strategia d’internazionalizzazione di Engineering (www.eng.it) inizia nel 2008, dopo l’acquisizione della filiale italiana di Atos Origin e l’estensione a nuovi segmenti di mercato. Fino a quel momento l’azienda It italiana offriva infatti i propri servizi soprattutto ai mercati del Finance e della Pubblica Amministrazione. “Con l’acquisizione di Atos Origin – racconta Tommaso Amodeo (nella foto), direttore affari internazionali di Engineering – siamo entrati dalla porta principale in settori quali l’Industria e le Telecomunicazioni. A questo punto abbiamo iniziato una strategia di espansione all’estero che si svolge su due linee principali. La prima, che è quella classica seguita dalle società di servizi italiane, è quella di accompagnare i nostri clienti italiani nella loro espansione all’estero. In questo momento, Engineering opera in circa 80 Paesi del mondo. La seconda linea strategica consiste nell’aprire filiali locali nel momento in cui il business intorno ai clienti principali si consolida e si ravvisa la possibilità di estendere l’attività anche verso utenti locali. È quello che è avvenuto in Brasile, dove siamo entrati a seguito del cliente Telecom Italia”.
Indipendentemente dall’opportunità di seguire nel mondo le multinazionali italiane, Engineering ha aperto negli ultimi anni anche una sede in Irlanda e una in Belgio. “Nel primo caso – spiega Amodeo – abbiamo voluto cogliere anche noi le facilitazioni fiscali offerte dal governo irlandese alle società estere che volessero aprire una società in loco. Avere una presenza in Irlanda ci consente di avere un osservatorio privilegiato su quanto avviene nel mercato anglosassone. Nel secondo caso, quello del Belgio, la decisione è nata dalla convinzione di poter offrire anche alle istituzioni europee la nostra ultradecennale esperienza con la pubblica amministrazione italiana”. Da non dimenticare il fatto che in Belgio non ci sono però solo organizzazioni di tipo politico, ma anche grandi utenti come, per esempio, l’Eurocontrol, l’equivalente su scala europea dell’Enav italiana, o la Nato. L’importanza acquisita a livello mondiale da Engineering nel settore del software open source, “sia come integratore – precisa Amodeo – sia come editore”, costituisce un’ulteriore leva competitiva per la sua penetrazione sul mercato internazionale. “Nell’ambito delle tecnologie abilitanti proprietarie per la creazione di sistemi informativi – dai sistemi operativi ai database, alle grandi piattaforme gestionali – ormai sono gli Stati Uniti a farla da padrone”, sostiene Amodeo. “Sap – aggiunge – è un’isola felice. Diverso è il discorso per il software open source. In quest’ambito l’Europa può ancora giocare un ruolo importante nella fornitura di queste tecnologie abilitanti, oltre che nello sviluppo applicativo e nell’integrazione. Basti vedere cosa succede in Francia e in Olanda. Anche la Gran Bretagna e l’Italia sono presenti, ma arrancano ancora. L’ambiente open source ha bisogno di essere aiutato. Un ruolo fondamentale lo svolgono i governi. In questo senso alcuni lanciano dichiarazioni e poi passano all’azione. Altri dicono belle parole e poi non fanno niente”. (R.C.)

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