I sistemi di Business Intelligence hanno avuto nel corso dell’ultimo decennio una progressiva diffusione nel nostro Paese, ma solo negli anni più recenti sono diventati oggetto di particolare attenzione da parte delle aziende. Oggi, in effetti, anche molte piccole e medie imprese hanno sviluppato progetti articolati di Bi, in quanto le loro complessità di gestione e controllo, e le problematiche che devono essere di conseguenza affrontate e risolte, sono del tutto simili a quelli delle imprese di maggiori dimensioni.
"Un paio d’anni fa – ricorda Paolo Pasini, professore di Sistemi Informativi Aziendali presso l’Università Luigi Bocconi di Milano, e vicedirettore dell’Area Sistemi Informativi della Sda Bocconi – abbiamo condotto un’indagine dalla quale sono stati ricavati, tra gli altri, due numeri che usiamo ancora perché continuano a costituire un riferimento interessante. Il primo ci diceva che applicazioni di Bi erano utilizzate in Italia dal 26% delle aziende con più di 20 dipendenti, mentre il secondo metteva in evidenza che nel segmento con oltre 200 dipendenti la loro diffusione raggiungeva addirittura il 47%. Una percentuale molto vicina a quella di Paesi che vengono di solito presi a riferimento, come la Germania o il Regno Unito".
Tuttavia la prima fase d’introduzione dei sistemi di Bi in Italia ha visto implementazioni piuttosto circoscritte, riguardanti nella maggior parte dei casi le funzioni aziendali che per prime ne avevano promosso l’impiego: direzioni commerciali, marketing, finanza e controllo. Successivamente, a partire dall’anno 2000, anche per trarre ulteriori vantaggi dagli investimenti fatti sul fronte dei sistemi Erp, Crm ed Scm, le aziende hanno incominciato a lavorare all’integrazione dei loro processi operativi e, non molto tempo dopo, anche a quella dei loro processi manageriali. Oggi le applicazioni di Performance Management (Bpm, Epm o Cpm), di cui tanto si parla, possono in effetti essere considerate le ultime evoluzioni dei Sistemi informativi direzionali. Ed è questa la novità, la vera sfida: il fatto cioè che anche i processi manageriali siano ormai visti come possibili oggetti d’integrazione. Ma è proprio lo sforzo che molte aziende stanno cercando di fare, soprattutto quelle che hanno già sviluppato una certa esperienza di impiego delle tecniche di Bi.
"Sta emergendo – osserva Pasini – e a questo proposito abbiamo ormai molte evidenze, una nuova figura di manager che potremmo definire ‘analitico’, le cui caratteristiche sono spesso in antitesi con quelle considerate tipiche del ‘tradizionale’ manager italiano: intuitivo, politico, relazionale ma, a differenza di quelli europei o americani, meno razionale, poco attento alle cause ultime dei risultati della sua azienda, più attento alla prestazione del singolo individuo che a quello della filiera degli attori operanti all’interno di una logica di processo. Un’evoluzione, o forse addirittura una rivoluzione, dovuta sia al fatto che nelle aziende stanno arrivando nuove generazioni di manager portatori di una più ampia cultura informatica, sia anche alla sempre maggiore diffusione delle tecniche proprie della Bi."
Fonte: Sda Bocconi
Fonte: Sda Bocconi
La ricerca e il campione
Può dunque essere interessante vedere qual è la situazione attuale della Bi in Italia, aiutati in questo da una ricerca coordinata dal professor Pasini per conto di Business Objects Italia, i cui risultati sono stati raccolti e pubblicati lo scorso settembre dalla Casa Editrice Egea nel volume: "L’evoluzione dei sistemi di Business Intelligence. Verso una strategia di diffusione e di standardizzazione".
Una ricerca che si è posta l’obiettivo di indagare non solo i fattori e le modalità di diffusione delle tecnologie di Bi nelle diverse aree della catena del valore aziendale, ma anche il livello di standardizzazione da esse raggiunto. E questo allo scopo di fornire indicazioni e suggerire un modello di riferimento utilizzabile da parte di tutte le aziende che, avendo già una buona esperienza di sistemi di Bi, desiderino definire una più precisa strategia aziendale in termini sia di impiego sia di standardizzazione degli stessi.
Per raggiungere questo risultato è stata condotta una ricerca per "casi aziendali", che ha portato ad analizzare un campione di 30 imprese, di dimensioni medio-grandi e con una significativa esperienza (più di cinque anni) di Bi, attraverso interviste dirette sia dei responsabili dei Sistemi Informativi sia di chi, al loro interno, si occupava specificamente di Data Warehousing o di Bi.
Le aziende del campione sono state inoltre scelte in modo da essere sufficientemente rappresentative dei principali settori di attività: Finanza (37,5%), Servizi (37,5%), Industria (25,0%). Delle fasce di fatturato: inferiore a 200 Milioni di euro (27,3%), da 200 a 1.000 Me (26,8%), da 1.001 a 5.000 Me (26,8 %), oltre 5.000 Me (22,7%). E del numero di dipendenti: inferiore a 1.000 (33,3%), da 1.000 a 4.000 (29,2%), da 4.001 a 10.000 (16,7%), oltre 10.000 (20,8%). In queste aziende il rapporto tra spesa annuale per l’It e fatturato è risultato essere mediamente pari al 3,1%, con il valore più alto raggiunto nel settore Servizi (5,7%) e il più basso nel settore Industria (1,1%), mentre è 66 il numero medio delle persone appartenenti alle Direzioni Sistemi Informativi (Dsi).
Fonte: Sda Bocconi
Elemento chiave nella strategia aziendale
Nell’86% delle società prese in considerazione esistono unità specializzate nel Data Warehousing e nella Bi costituite mediamente da sei persone, un numero pari al 10% di tutte quelle che lavorano nelle Dsi. Tuttavia, là dove la Bi è considerata un investimento strategico si raggiungono anche picchi del 30 e persino del 40%, rilevati entrambi in aziende del settore Finanza. Inoltre nelle realtà più evolute le attività di Bi assorbono fino al 10% dell’intero budget informatico aziendale.
Nelle aziende del campione le applicazioni di Bi vengono impiegate dal 33% dei potenziali utenti, definiti come somma dei manager e dei professional. Una percentuale che scende sotto il 15% se da quel numero si escludono i puri utenti di reportistica standard. La maggioranza degli utenti di Bi utilizza in effetti le funzionalità di base dei sistemi di Bi, con un’assoluta predominanza del reporting (44,0%), seguito dalle query ad hoc (28,5%) e dall’Olap (20,8%). Risultano meno utilizzati strumenti più sofisticati come i cruscotti, le scorecard o le applicazioni di ‘data mining’ (vedi figura 1). Numeri questi che evidenziano una penetrazione ancora piuttosto bassa delle funzionalità più avanzate della Bi anche nelle aziende che vantano una buona esperienza nel suo utilizzo.
Le imprese del campione sembrano comunque piuttosto soddisfatte del valore strategico e del valore aggiunto derivanti dall’utilizzo dei sistemi di Bi e, sostanzialmente, anche della loro gestibilità e usabilità. I sistemi attuali, e in particolare i loro contenuti applicativi e informativi, appaiono in effetti essere in linea con le attese degli utenti (vedi figura 2). L’86% delle aziende ritiene inoltre opportuno promuovere ulteriormente la diffusione dei sistemi di Bi al proprio interno, secondo percorsi evolutivi tendenti a privilegiare sia le funzioni che contribuiscono direttamente alla formazione dei ricavi aziendali (come ad esempio l’area commerciale) sia quelle che devono trattare grandi quantità di dati (vedi figura 3).
L’altra sfida che ogni impresa che utilizzi sistemi di Bi si trova oggi a dover affrontare è quella della standardizzazione. Avere più fornitori comporta infatti maggiori costi derivanti da una serie di ragioni, che vanno dalla selezione dei vendor alla gestione delle diverse piattaforme tecnologiche, dall’addestramento degli utenti al mantenimento delle strutture interne di supporto. In effetti quasi tutte le aziende del campione hanno dichiarato di stare lavorando in questo senso, e nel 45% dei casi di avere ormai ridotto a non più di due i loro fornitori di soluzioni di Bi.
"La positiva accettazione dei sistemi di Bi da parte delle aziende – conclude Pasini – è confermata anche da una tendenza che avevamo già avvertito e che la ricerca ha messo chiaramente in luce. Il 62% delle imprese del campione ritiene che questi sistemi rappresentino un elemento chiave o, almeno, una componente importante della loro strategia aziendale, contro un 38% che ne considera invece l’adozione solo una conseguenza della strategia stessa. Ci si sta insomma sempre più rendendo conto che la Bi non serve solo per analizzare i dati, ma ha un’utilità più ampia e può essere impiegata anche per formulare le strategie aziendali. Una evoluzione che dimostra appunto come i manager italiani stiano incominciando ad affrontare il loro lavoro in modo più analitico, con un approccio cioè meno intuitivo, ma un po’ più razionale".