Imponendo radicali cambi di paradigma nella gestione dell’IT, ad esempio attraverso gli smartphone o la Internet of Things (IoT), la trasformazione digitale sta mettendo a disposizione di aziende e organizzazioni moltissimi dati: ma le strategie di digital transformation rischiano di fallire se manca la capacità di dare significato a tutte queste informazioni. Un messaggio che Qlik, fornitore di soluzioni di business intelligence (BI) e visualizzazione dei dati, fa arrivare forte e chiaro dal palco del Data Revolution Tour di Milano.
Il filo rosso ricorrente in tutti gli interventi dell’evento è infatti la ‘data literacy’, ossia un’alfabetizzazione finalizzata a potenziare l’abilità di ricavare informazioni utili dai dati.
Abilità che si deve saper sviluppare, proprio come a scuola si impara a leggere e scrivere. Attuare strategie di alfabetizzazione sui dati è un aspetto fondamentale, e su questo la società cerca di puntare l’attenzione del mondo business, investendo molte energie: specie se si considera che l’evento di Milano è solo uno della lunga serie di convegni dello stesso genere, organizzati in varie date di ottobre in alcune delle principali città del mondo, tra Europa, Medio Oriente, Americhe e Asia-Pacifico. Ma non solo: nel corso del Data Revolution Tour, Qlik ha anche annunciato il lancio del Data Literacy Project, creato assieme ai partner Cognizant, Experian, The Chartered Institute of Marketing (CIM), Pluralsight e Data to the People, e indirizzato a “combattere l’analfabetismo sui dati”.
Contestualmente, per sostanziare con dati reali la criticità del progetto nell’attuale fase della digital transformation, Qlik ha presentato in anteprima anche i risultati del Data Literacy Index, una ricerca commissionata da Qlik stessa, e condotta dagli accademici della Wharton School e dalla società di servizi dati e informazioni IHS Markit: lo studio, precisano i ricercatori, evidenzia per la prima volta una correlazione tra le performance di un’azienda e la data literacy della forza lavoro, rivelando che le organizzazioni dotate di una solida alfabetizzazione sui dati a livello corporate mostrano un valore d’impresa fino al 5% più elevato, rispetto a chi non possiede tale capacità. Tuttavia, nonostante la maggioranza dei decisori del mondo business avverta quanto sia vitale per gli addetti di un’impresa essere ‘data literate’, solo il 24% della forza lavoro globale riporta di avere piena fiducia nella propria capacità di leggere i dati, analizzarli, lavorare e comunicare con essi.
Prioritario investire in data literacy
In questo scenario, la raccomandazione finale di Martha Bennet, Principal Analyst della società di ricerche Forrester, davanti alla platea del Data Revolution Tour, è: “rendete la data literacy parte del vostro dna aziendale”, perché per competere nell’era digitale è necessario un cambio di paradigma nel modo di pensare, fare le cose, e leggere i dati, che implica l’abilità di acquisirli, purificarli, filtrarli, ordinarli, aggregarli, compararli, per arrivare a comprendere cosa davvero rappresentano in un determinato contesto di studio.
Successivamente, a Rick Jackson, Chief Marketing Officer di Qlik, è spettato il compito di delineare la visione della società e illustrare il paradigma tecnologico in grado di superare la data illiteracy, trasformando i dati in ‘insights’: “Senza una strategia BI olistica, la maggioranza delle iniziative di digital transformation falliranno” spiega Jackson, sottolineando l’importanza di attuare una ‘data strategy’ unitaria, e abbandonare la convinzione che sia meglio centralizzare la gestione dei dati on-premise, quando fuori dai confini aziendali esistono molti dati non strutturati ricchi di valore; altro errore è considerare l’uso dei tool analitici come attività separata, non strettamente integrata a tutto tondo nei processi dell’impresa. Qlik punta a risolvere queste sfide attraverso la propria offerta tecnologica: una piattaforma in grado non solo d’integrare gli analytics in ogni settore e processo di un’organizzazione, ma anche di acquisire dati distribuiti, presenti in molteplici fonti, e renderli disponibili in cataloghi aziendali di facile utilizzo; e, non ultimo, una soluzione in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale, o meglio una ‘augmented intelligence’, per evidenziare in automatico le relazioni tra i dati e facilitare così il processo di analisi.