Search engine e imprese: l’evoluzione del marketing

Investire sul search conviene? Sì, secondo gli analisti e gli esperti che si sono radunati al Search Engine Strategies a Milano, poco prima dell’estate. La crescita fatta registrare da Google, i nuovi servizi e le piattaforme in arrivo, la sempre maggiore propensione degli utenti ad eseguire ricerche online prima di effettuare un acquisto sembrano dimostrarlo. La storia di copertina di ZeroUno illustra, anche attraverso i dati delle principali società di ricerca che si occupano dei comportamenti online dei navigatori, le tendenze in atto nell’utilizzo dei motori di ricerca da parte delle imprese.

Pubblicato il 13 Set 2007

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Gli utenti dei motori di ricerca in Italia sono più di 16 milioni, ovvero circa l’80% della popolazione online che, secondo una ricerca Nielsen/Netrating (www.nielsen-netratings.com) si stima intorno ai 21 milioni di utenti attivi (marzo 2007). Il tempo passato su questi strumenti non è ancora molto: si parla di una media di 33 minuti a testa al mese, corrispondenti a 13 sessioni (ricerche). Si tratta di dati inferiori rispetto alla Gran Bretagna e alla Francia, dove lo share dei motori di ricerca sfiora il 90% con circa 17 sessioni al mese, ma molto simile alla Germania, mercato online particolarmente interessante se si pensa all’e-commerce. Inoltre, in Italia, il publico di riferimento sta diventando più interessante coinvolgendo fasce d’età tra i 35 e i 65 anni, che rappresentano target più interessanti in quanto a capacità di spesa.
Sostanzialmente, secondo un’indagine promossa da Sems (www.sems.it) e realizzata da Nextplora (www.nextplora.it), “continua a crescere il numero di italiani che, prima di acquistare un prodotto o servizio, consultano uno o più motori che potrebbero orientarne le scelte e gli acquisti, indipendentemente dal fatto che l’acquisto si compia su Internet o presso un punto vendita tradizionale” (maggio 2007). Come si distribuisca poi la popolazione online tra i motori principali è un fatto noto. La sorpresa è che Google (www.google.com) cresce ancora: nonostante sia il motore di ricerca in assoluto più usato, dal 2006 al 2007 in Italia passa dal 67% al 71% (75% in Europa) degli utenti. Considerato il sottoinsieme degli utenti che cercano regolarmente informazioni su Internet, stiamo parlando del 94% di share (più della metà degli italiani l’ha impostato come home page predefinita del browser). Cattive notizie invece per tutti gli altri player principali: scende Alice (www.alice.it), ex Virgilio, e scende Live Search (www.live.com), prima Msn search, il motore di ricerca targato Microsoft (www.microsoft.com) (vedi figura1).


Figura 1 – Dati relativi ai principali motori di ricerca in Italia
fonte: Nielsen/NetRatings, NetView Casa+Ufficio, Italia e Europa (Uk+I+Ger+Fr). Marzo 2007

E siccome le cattive notizie non vengono mai da sole, questa decrescita rischia di consolidarsi dal momento che gli utenti appaiono più “fedeli” al proprio motore di ricerca rispetto al passato: se la prima ricerca su un sito non restituisce i risultati cercati c’è la tendenza a cambiare query di ricerca piuttosto che a cambiare sito.
Come viene valorizzato questo traffico? Sebbene non siano disponibili informazioni sulla distribuzione di mercato dell’advertising, è interessante esaminare i percorsi principali che gli utenti seguono dopo aver eseguito una ricerca online, esaminando le categorie maggiormente beneficiate dal traffico dei motori di ricerca. La prima in assoluto è rappresentata dalle News (60% degli utenti che usano i motori di ricerca), seguita da intrattenimento, pubblica amministrazione e commercio in genere. I prodotti più acquistati dopo una ricerca online sono decisamente quelli legati all’informatica e alla telefonia, seguiti subito dopo dai viaggi.


Figura 2 – L’incidenza dei motori di ricerca sul comportamento di acquisto dei consumatori in Italia (su un panel di oltre 39.000 utenti e 1450 interviste convalidate)
fonte: Sems/Nextplora-Maggio 2007

Cosa ci riservano i motori del futuro
Se all’inizio la ricerca online avveniva soprattutto per directory create a mano da redattori (il primo Yahoowww.yahoo.com) e poi questo meccanismo è stato soppiantato dalla velocità ed efficacia degli algoritmi automatici di ricerca (Google), oggi – quasi in una rivoluzione industriale alla rovescia – il percorso della ricerca online si sta spostando nuovamente verso la competenza umana del “social web”. È questa l’opinione di Jeffrey Revoy, vice president search&social media di Yahoo, per cui il potere del Web 2.0 è dato proprio dalla condivisione della conoscenza, in uno spostamento da mero consumo di contenuto a una partecipazione attiva alla sua creazione. In questa direzione vanno le operazioni di acquisizione effettuate da Yahoo negli ultimi mesi, da Flickr (www.flickr.com) a Del.icio.us ) per incorporare il potere creativo (e quindi di generatore di conoscenza) del “social web” nella ricerca tradizionale. E questo è l’obiettivo proprio di Yahoo Answers, 2 milioni di utenti in Italia conquistati in pochi mesi: “esiste una componente di generosità nel pubblico online, che lo porta a mettere a disposizione degli altri utenti la propria competenza e fornendo risposte ai quesiti posti dalla comunità”. In un meccanismo di auto correzione ormai collaudato nel Web 2.0 è la stessa comunità che poi giudica queste risposte facendo emergere quelle corrette e sopprimendo spontaneamente il rumore. Capacità decisionale che manca decisamente agli algoritmi: “Provate a chiedere a un motore di ricerca qual è il miglior ristorante italiano a Londra – Continua Revoy – e non avrete mai una risposta affidabile. Su Yahoo Answers invece sono gli utenti stessi a rispondere, consigliando i ristoranti migliori sulla base di una conoscenza reale e non di semplici calcoli algoritmici”. E in tutto questo, il business dove sta? Non ci sono ancora informazioni accurate in tal senso, ma su 250 milioni di domande che già hanno trovato una risposta su Yahoo Answers c’è ampio spazio per domande di tipo commerciale, e quindi opportunità di business. Al momento Yahoo si sta orientando verso la sponsorizzazione di categorie: un marchio potrebbe essere sponsor nella categoria di domande affini per argomento, mantenendo comunque l’intervento libero della comunità che è imprescindibile per garantire affidabilità allo strumento. Gli sviluppi possibili sono molti ma di sicuro c’è il prossimo arrivo di Panama, la nuova piattaforma di advertising in grado di supportare tutt gli asset di Yahoo e che, almeno nelle aspettative, dovrebbe permettere al gruppo di Sunnyvale di recuperare quote di mercato rispetto al gigante di Mountain View.
Live Search, motore targato Microsoft, ha scelto invece la direzione dei servizi a disposizione dei siti, le cosidette Api (Application Programming Interface). Secondo Fabio Giacomini, product manager di Live Search per Microsoft Italia, “sempre più la ricerca diventerà qualcosa di cui gli utenti avranno bisogno anche al di fuori della tradizionale pagina del motore, quindi distribuzione delle Api di ricerca su altri siti, su Messegner (con il progetto “Doretta” di motore di ricerca in linguaggio naturale)”. E ancora ricerca personalizzata attraverso le Macro di ricerca: si può definire una ricerca con parametri molto avanzati, tra cui i siti su cui cercare il tipo di contenuto e così via, e avere un Url personalizzato associato a questa Macro. Come se avessimo un motore di ricerca personalizzato che possiamo anche condividere con altri pubblicando l’Url o mettendolo nell’area della Gallery su Live (una comunità dove gli utenti possono condividere i lavori di sviluppo creati attraverso gli Sdk di Microsoft). Finalmente anche Live Search ha aderito allo standard Sitemap -www.sitemaps.org (protocollo che permette di informare i motori di ricerca in merito alle pagine disponibili su un sito in modo da consentire un’attività di analisi dei contenuti più efficiente ed intelligente), colmando una lacuna e garantendo ai webmaster una via più semplice e uniforme per suggerire ai motori di ricerca l’organizzazione del proprio sito web.
Alessandro Bonomo, product manager di Virgilio Ricerca, punta invece l’accento sull’interfaccia del motore. “In un mercato dei motori di ricerca dove un player ha oltre l’80% dello share, gli altri attori devono essere più aggressivi e osare nuove strategie e nuove forme di interazione con l’utente. Anziché aspirare ad avere sempre la seconda query (ovvero la query che gli utenti fanno quando non trovano qualcosa con Google, ndr) cercare di offrire un servizio diverso che sia interessante per gli utenti”. A questo scopo è stato apportato un miglioramento dell’interfaccia utente che “negli ultimi 10 anni non è mutata granché, nonostante Internet si sia evoluta in modo straordinario”. Le analisi sul comportamento degli utenti negli ultimi tre anni mostrano come ci sia attenzione sempre più crescente alle ricerche verticali (per esempio Video, Immagini, News e così via), quindi l’obiettivo sarà di includere nei risultati della ricerca anche le cosiddette ricerce suggerite (constestualizzazioni e informazioni aggiuntive) in una interfaccia unica. Immaginiamo di cercare Nicole Kidman e di vedere accanto ai risultati tradizionali anche foto e video. E se Larry Page (Google) vede un futuro lontano in cui i motori di ricerca saranno agenti governati da intelligenza artificiale in grando di “capire” la domanda e fornire le risposte corrette proprio su una base semantica, viene invece bocciata da Bonomo la strada immediata del linguaggio naturale: “almeno per il momento siamo troppo lontani dall’avere risultati interessanti”.
Pubblicità “ubiqua”, secondo le strategie di Google raccontate da Massimiliano Magrini, country manager per l’Italia. Ovvero comunicazione sulle pagine di ricerca (sponsored search), contestualizzata nei siti collegati (AdWords), nella ricerca geografica tramite mappe (local business ads), nei contenuti video (video ads) e presto anche su dispositivi mobili. Inoltre, rendere il proprio programma pubblicitario AdWords facilmente accessibile a tutte le imprese è la priorità per Google: mediamente in Europa dal 30 al 50% delle Pmi non hanno ancora un sito Internet (Fonte: Agosto 2006 Eurostat “Statistics in Focus”). Con il lancio in giugno delle Pagine Web per esercizi commerciali, Google punta a raccogliere un nuovo bacino di clienti di AdWords, spingendo piccole realtà che ancora non hanno mosso i loro passi nel marketing online a provare i vantaggi della pubblicità su Internet. Certo, non è facile per la piccola e microimpresa italiana, destreggiarsi tra le logiche del keyword advertising, con la rapidità con cui cambiano i valori e le conversioni.
Tradizione e innovazione insieme caratterizzano l’approccio di Seat Pagine Gialle (www.paginegialle.it), che le esigenze di comunicazione delle Pmi italiane le conoscono bene. Continuano quindi a puntare su un database relazionale e un motore di ricerca tassonomico in contrapposizione alle ricerche full-text di tutti gli altri motori. Con un investimento di quasi 100 milioni di euro lancia infatti Pagine Gialle Visual (www.visual.paginegialle.it), un motore di ricerca delle informazioni in modo grafico e geografico: dalle aziende agli esercizi commerciali fino alle persone fisiche (20 milioni di italiani che sono inclusi negli elenchi) sono rintracciabili con ricerche per categoria e visualizzabili su mappe geografiche e fotografiche a risoluzioni estremamente precise. “Il geomapping non è semplicemente un tool bello graficamente – precisa Paolo Cellini, executive vice president di Seat Pagine Gialle – quanto un modo di rappresentare la conoscenza: potrei raccontare un oggetto fisico, per esempio una sedia, con mille parole, ma un’immagine sarebbe sicuramente più efficace. Il linguaggio audiovisivo consente di trasferire molte più informazioni rispetto al linguaggio testuale, ecco perché si hanno investimenti così consistenti nell’area Visual del network”. Quindi informazioni contestuali: cerco una persona fisica, un hotel in una città, informazioni sul traffico su una strada e così via. E in questa direzione appare il modello di business più avanzato rispetto agli altri motori di ricerca che ancora sono fermi alla vendita di keyword e posizionamenti pubblicitari. Un motore di ricerca immobiliare in grado di mostrare visivamente le case in vendita o in affitto sulla mappa della città vale molto più di un’annuncio pubblicitario accanto ai risultati di una ricerca testuale.

Dove va il business?
“Gli utenti ci stanno dicendo proprio in questo momento che cosa vogliono, e lo fanno in modo sempre più dettagliato”. Mauro Lupi di AdMaiora (www.admaiora.com) commenta il fatto che le query degli utenti si stiano allungando: hanno superato la tradizionale lunghezza di due parole e ora sono sempre più le ricerche con almeno tre parole, quindi più specifiche.
Lo studio delle query è uno strumento formidabile per comprendere gli interessi del pubblico, sia nell’ottica di sviluppare prodotti/servizi vicini alle effettive esigenze del mercato ma anche semplicemente per un’analisi linguistica, ovvero conoscere i termini più utilizzati e come le persone chiamano le cose. Da una ricerca svolta insieme a Virgilio, risulta, ad esempio, che gli italiani cerchino in modo molto più frequente “hotel” che non “alberghi” (quasi il doppio delle richieste).


Figura 3 – I prodotti più acquistati dopo la consultazione tramite motori di ricerca
fonte: Sems/Nextplora-Maggio 2007

L’e-commerce italiano è ormai una realtà e non più un desiderio: oggi il mercato cresce del 40% di anno in anno, e i siti di comparazione prezzi sono visitati da almeno il 45% dei navigatori online. Il mercato è quindi pronto per convertire i visitatori in acquirenti, come sostiene Andrea Boscaro, country manager di Pangora Italia (www.pangora.com). La web search diventa quindi “shopping search”, grazie ai siti e ai motori di confronto prezzi che permettono anche una parametrizzazione delle offerte. Un’azienda che desidera fare business con un comparatore deve seguire un percorso che passa dalla costruzione del brand allo sviluppo del traffico, ottenendo visite e utenti registrati. L’acquisto non sempre è immediato, per questo fidelizzare il visitatore con una registrazione e un programma di marketing relazionale è fondamentale. Tutto questo in un mercato ancora piccolo, parliamo di circa 4 milioni di euro l’anno, briciole a confronto con i 38 milioni della Gran Bretagna o i 19 milioni della Germania. Anche nell’e-commerce l’effetto del Web 2.0 si fa sentire con il “social shopping”: valutazioni, recensioni, presentazioni video di prodotti. Tutto in una forma di condivisione della conoscenza volta a facilitare la scelta di un prodotto da parte degli utenti ma, come per tutto il Web 2.0, non direttamente governabile dai produttori che devono spingersi più a capire ed essere “dentro” il fenomeno che non a cercare di governarlo.


ONLINE MARKETING: IN 5 ANNI SI RADDOPPIA LA SPESA IN EUROPA

La spesa relativa all’online marketing in Europa raddoppierà nei prossimi cinque anni, passando da circa 7,5 miliardi di euro del 2006 a più di 16 miliardi nel 2012: è quanto emerge dal nuovo report Forrester Research (www.forrester.com). Il report è basato su sondaggi condotti su oltre 25.000 consumatori in Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svezia e Regno Unito e attraverso interviste a 24 dei maggiori professionisti di marketing interattivo in Europa. In cinque anni, l’online marketing (e-mail, search e display advertising) rappresenterà il 18% del totale dei budget dedicati ai media con un deciso trasferimento dell’attenzione del pubblico sull’online; infatti, il 36% degli intervistati afferma di guardare meno la TV perché più tempo viene speso online. I consumatori online, inoltre, non sembrano avversi al tipo di pubblicità mirata che appare online: il 34% dei consumatori online afferma di non essere contrario, specialmente se la pubblicità è correlata ai suoi interessi; il 40% ha fiducia nei siti di comparazione dei prezzi e il 36% ha fiducia nelle recensioni online dei prodotti fatte da altri utenti. Questo apre le porte a forme di online marketing quali il passaparola, le campagne email e la blog advertising.
Infine alcuni altri dati salienti del report: complessivamente la spesa di marketing crescerà di nuovo in Europa nel 2007 dopo diversi anni di crescita lenta; il 54% delle aziende ha stabilito budget più elevati nel 2007 rispetto a quelli del 2006; l’online display advertising rimane universalmente popolare, con quasi tutti gli intervistati che fanno uso di banner pubblicitari; la maggior parte degli intervistati fa uso di ricerche a pagamento. Ciò è dovuto a un buon Roi, a una necessità di seguire il trend generale e a un desiderio di sviluppare piani di marketing personalizzati. Il mercato europeo dell’internet advertising è dominato dalle tre economie europee più forti ossia Regno Unito, Germania e Francia; l’Italia si posiziona immediatamente dopo con una crescita che spazia dai 478 milioni di Euro del 2007 ai 1.148 miliardi di Euro previsti nel 2012. (P.F.)

Leggi:

Intervista a Massimiliano Magrini – Google Italia

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