Da alcuni anni, come noto agli addetti ai lavori, il mercato Ict soffre di una sostanziale stagnazione degli investimenti, sia per quanto riguarda gli acquisti di infrastrutture ed hardware, sia per quanto riguarda gli sviluppi di software. Solo ora si registrano i primi segnali di ripresa.
Una delle eccezioni alla crisi degli investimenti Ict degli ultimi anni riguarda il settore del Content Management; questa area è cresciuta, dal 2005 ad oggi, ad un ritmo decisamente superiore al tasso di crescita degli altri investimenti relativi al mondo dei sistemi informativi, e pari a circa un 7% annuo (fonte: Idc) e secondo le previsioni il trend continuerà per i prossimi 3 anni. Il dato è riferito sia all’acquisizione di applicativi che di tools di accesso (motori di ricerca) ed implica, ovviamente, anche lo sviluppo di enterprise portals che supportino adeguatamente gli strumenti di content, permettendo la relazione tra comunità anche fisicamente lontane.
La crescita di questo settore è certamente dovuta all’evoluzione tecnologica che porta con sè sistemi di gestione digitale delle informazioni, integrazione con sistemi di office automation, firma digitale e quant’altro; certamente, è anche incoraggiata da novità normative che aprono alla possibilità dell’archiviazione sostitutiva e quindi della legalizzazione del documento informatico; ma è anche in gran parte dovuta alla crescente consapevolezza che l’informazione, oggi, costituisce uno dei più importanti “assets intangibili” dell’impresa, e che una corretta gestione dell’informazione può contribuire ad aumentare le capacità di scelta e di decisione consapevole del management, con conseguente valore aggiunto per l’impresa.
In un certo senso, quindi, si può affermare che il Content Management è un processo che, facilitando la collaborazione, permette la costruzione, la condivisione, l’aggiornamento delle informazioni tramite l’utilizzo di supporti informatici evoluti che ne semplificano la gestione.
Il Content è di fatto un indispensabile supporto alla realizzazione del Knowledge Management, inteso come quel processo che permette la trasformazione delle informazioni aziendali in conoscenza condivisa. Attualmente, sono poche le aziende che possono affermare di governare in maniera accettabile il processo di Knowledge; al management è richiesto, infatti, un notevole sforzo di accettazione di una “filosofia” di lavoro fortemente improntata sulla collaborazione e sulla condivisione dell’informazione. Cosa non facile, dato che è ancora molto diffusa la convinzione che “detenere informazioni” equivalga a disporre di una sorta di potere ed è molto frequente la reazione di “chiusura” verso questo processo, soprattutto da parte di quanti vedono minacciato il proprio ruolo e la propria presenza in azienda nel momeno in cui tutto il bagaglio delle loro conoscenze, accumulato in anni di lavoro, dovesse essere condiviso con i colleghi.
In questo scenario, oltre al mancato “valore aggiunto” che potrebbe esserci con la “conoscenza messa a fattor comune”, va considerato il forte rischio che le informazioni, non condivise e non sottoposte al processo di Content, lascino l’azienda al seguito delle persone (che, a torto, le ritengono parte esclusiva del proprio bagaglio personale).
Passare da quella che viene anche definita “conoscenza tacita” o implicita (patrimonio del singolo individuo) ad una forma di “conoscenza esplicita”, attraverso processi di “esternalizzazione e condivisione”, è di fatto uno dei cammini evolutivi più delicati e difficili da realizzare.
Si tratta di un vero e proprio “change management” e le motivazioni sulle quali l’azienda deve fare leva per indurre tale presa di coscienza da parte del proprio personale, inducendolo di fatto ad una propensione alla “collaboration”, devono essere opportunamente esplicitate. Le aziende devono cercare di evidenziare e far percepire ai collaboratori (oltre agli ovvii ritorni di business) come, nel terzo millennio, sia assolutamente necessario che le persone agiscano secondo regole che prevedono la condivisione di informazioni (generate in azienda o provenienti da colleghi, partner, ecc. o dall’esterno) che sono patrimonio aziendale e non personale (anche se “costruite” dalla singola persona che, comunque, lavora in azienda). Le aziende che ottengono risultati positivi in questo campo possono realmente vantare una valorizzazione notevole dei loro assets intangibili nei confronti di competitors radicati ai vecchi modelli della parcellizzazione dell’informazione. In quest’ottica, il Content Management si pone come un insieme di processi che, supportati da adeguate tecnologie, permette di sostenere al meglio il consolidamento dell’informazione.
Punto di partenza è la creazione dell’informazione; a seconda dei casi, l’autore può essere un singolo individuo oppure un team interfunzionale, o più individui che interagiscono relazionandosi virtualmente supportati da sistemi di collaborazione.
È comunque fondamentale che vi sia un responsabile (data owner) noto a tutti. A lui spetterà il compito di identificare ruoli e livelli di autorizzazione per l’accesso alle informazioni di cui è responsabile; suo anche il compito di assicurare la corretta gestione delle eventuali attività di aggiornamento e delle varie versioni dei documenti.
Facciamo un esempio: pensiamo ad un team interfunzionale di progetto che sviluppa, in una area ad esso riservata all’interno del sistema di content, tutte le informazioni relative allo sviluppo e alle strategie di lancio di un nuovo prodotto. Il team leader agirà, in questo contesto, anche da data owner e deciderà come strutturare le varie informazioni relative a dati tecnici, indagini di mercato, assumtions sui competitors, ipotesi di vendita, ecc. Tutto il team contribuirà alla stesura e all’armonizzazione delle informazioni che, in una fase successiva, saranno disponibili a supporto del Board che le userà per prendere decisioni strategiche in merito alle attività operative ed agli investimenti da effettuare. Gli applicativi di Content Management permettono la gestione della prima delicata fase (quella della creazione e gestione delle informazioni), estremamente importante, attraverso la definizione di specifici profili che permettono di conferire, a chi accede all’informazione stessa, compiti differenti in funzione del ruolo in azienda. Gli addetti autorizzati possono creare documenti o effettuare operazioni di editing su quelli già pubblicati con la certezza che tutte le informazioni e gli interventi saranno tracciati, permettendo, in ogni momento, una ricostruzione di quanto avvenuto.
Spetterà al data owner identificare i profili degli utenti e assegnare le competenze (accedere semplicemente ai dati in lettura, effettuare variazioni, inserire documenti, ecc.).
Una volta definite le modalità di creazione e revisione, nonché le relative autorizzazioni, diventa essenziale garantire altri due aspetti estremamente rilevanti.
Il primo è la facilità di accesso alle informazioni, che in alcune realtà aziendali, anche non particolarmente complesse, diventa spesso un’impresa ardua a causa dell’elevato numero di documenti pubblicati. Se non si provvede a “rappresentare” i documenti secondo modelli che facilitino la ricerca e non ci si dota di motori di ricerca opportunamente parametrizzati (in modo da permettere l’individuazione dei documenti oggetto della ricerca attraverso queries semplificate), il rischio è quello di rendere inutilizzabili, e quindi inefficaci, le informazioni (il cui recupero diventa troppo “faticoso”).
Il secondo è la gestione degli archivi, intesa come l’insieme delle attività di manutenzione delle versioni dei documenti e di gestione ottimale degli spazi fisici di immagazzinamento. Di norma, accanto al già citato data owner, viene identificato in azienda un system administrator esperto nell’utilizzo degli applicativi di content in uso (applicativo e motore) cui spetta il compito, da un lato, di supportare il data owner e gli utenti e, dall’altro, di ottimizzare sia i processi di indicizzazione che le attività più strettamente legate alle prestazioni relazionandosi, in quest’ultimo caso, con chi (internamente o esternamente all’azienda) è responsabile della gestione dell’infrastruttura It e, quindi, della fruibilità degli applicativi.
Concludendo, ancora una volta si evidenzia come sia ormai divenuto essenziale il lavoro di squadra e la relazione tra la componente aziendale orientata al contenuto e la componente It, necessaria a garantire il raggiungimento delle prestazioni attese, attraverso la scelta e la corretta gestione delle tecnologie idonee al soddisfacimento delle esigenze aziendali.
Soprattutto è un lavoro di squadra
La crescita del settore dedicato al content management è legata all’evoluzione tecnologica ma le aziende che oggi possono dire di avere un buon sistema di gestione e fruizione delle informazioni sono davvero poche. manca il "pensiero collaborativo" tra il personale aziendale, non ancora propenso alla condivisione delle informazioni; il passaggio ad un sistema di "conoscenza esplicita" è delicato ma necessario per il business value
Pubblicato il 05 Mag 2007
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