Che piaccia o meno agli sviluppatori di nuova o vecchia generazione, l’intelligenza artificiale ha ineluttabilmente contaminato il mondo del coding. Tornare indietro è ormai impossibile, ma la partita resta tutta da giocare in questo vivace settore. Di questa tecnologia non ci si libererà tanto facilmente, resta comunque la preziosa libertà di utilizzarla come meglio si crede. Possibilmente in modo non scontato e ingenuo.
Come si usa davvero l’AI
Guardando al panorama globale dei developer, quasi un quarto delle organizzazioni sta già utilizzando l’AI per aumentare lo sviluppo umano del software e oltre due terzi ne stanno pianificando l’utilizzo. Numeri prevedibili ma che GitHub, nel suo report “2023 Global DevSecOps”, ha deciso di approfondire e arricchire di intenzioni e scopi. Lo ha fatto coinvolgendo oltre 1000 intervistati, di cui il 38% negli Stati Uniti, il 37% in India.
Indipendentemente dalla provenienza, la spinta all’utilizzo dell’AI sembra essere di natura “psicologica”: quella che in gergo si chiama FOMO, la paura di restare indietro. Lo ammette l’83% dei coinvolti, al di là del ruolo ricoperto. Seppur dettato dal timore, l’utilizzo di questa tecnologia porta grandi soddisfazioni: dal sondaggio di GitHub emerge quasi all’unanimità un effetto rassicurante e la sensazione che gli sforzi per integrarla vengano adeguatamente ripagati.
Fin qui nulla di sorprendente e curioso: la parte più interessante dei dati arriva infatti quando l’azienda decide di indagare i principali casi d’uso reali. Nel coding l’intelligenza generale viene impiegata soprattutto in chatbot in linguaggio naturale nella documentazione (41%) e per la generazione automatica di test (41%). Molto utile risulta il suo uso anche per riepilogare le modifiche al codice (39%) e tracciare esperimenti di modelli di machine learning (38%), oppure per capire chi può rivedere le modifiche al codice (37%) e riepilogare i commenti sui problemi emersi (37%).
Formazione: necessaria e pretesa
Perché quindi tanto parlare della generazione di codice tramite AI? Questo non risulta affatto il principale compito che il mondo coding vuole affidarle (36%), anche perché gli sviluppatori sembrerebbero passare solo il 25% del loro tempo a scriverlo. Sempre GitHub, infatti, ha scoperto che le loro giornate trascorrono tra il migliorare il codice esistente (17%), riunioni e attività amministrative (17%) o cercando di capire cosa fa il codice (14%). Una parte delle ore di lavoro viene investita anche in attività di testing (11%), manutenzione (9%) e identificazione di falle di sicurezza (7%).
Questo approccio “multifunzionale” svelato nel report è quello che caratterizza la gran parte del settore. Non si può nascondere, però, una certa quota di paura che serpeggia tra gli intervistati. Quasi un terzo si dichiara infatti molto preoccupato dell’entrata dell’AI nel ciclo di sviluppo del software. Di questi, il 48% teme che il codice generato con tale tecnologia non risulti protetto da copyright e il 39% che sia foriero di vulnerabilità di sicurezza.
A proposito di paure, GitHub intercetta anche quella riguardante la perdita di occupazione, a seguito dell’integrazione dell’intelligenza artificiale nel settore. Tra chi si occupa di DevSecOps, c’è un 57% di intervistati che si vede sostituito e disoccupato entro i prossimi cinque anni, per esempio. Tutte persone che, a ragione o meno, si staranno mettendo le mani nei capelli, mentre i loro colleghi esperti in sicurezza se le staranno fregando sotto le scrivanie. Quasi il 50% è infatti convinto che la presenza dell’AI porterà più rischi e, quindi, più lavoro per loro.
Chi vede nero, quindi, e chi vede un futuro roseo, ma tutti concordano sul bisogno di maggiore formazione: l’81% degli intervistati la ritiene essenziale per utilizzare bene l’AI sul posto di lavoro, al di là del ruolo ricoperto, e l’87% considera la propria organizzazione quasi in dovere di aiutare i propri dipendenti ad adeguare le personali competenze al nuovo regime.