AI in un mondo complesso, ma anche un po’ confuso dall’ingresso a gamba tesa di una potenza computazionale dirompente. Provare sulla propria pelle l’impatto di una tecnologia esponenziale senza essere preparati è molto più che una questione di change management. Il vero problema è che la velocità di conduzione della GenAI ha portato nelle aziende e nella vita delle persone un disallineamento tra gli strumenti e la capacità umane di gestirli. Vero è che l’innovazione, anche quella meglio gestita, porta sempre un certo livello di destabilizzazione nelle organizzazioni. Lo sanno bene i CIO, che da molti anni sono diventati la cerniera tra le tecnologie e il business, aiutando le aziende a scegliere infrastrutture e applicazioni finalizzate a migliorare la gestione dei dati a supporto dei processi decisionali e commerciali.
AI in un mondo complesso come strumento di ordine nel caos
Nel momento in cui la trasformazione digitale porta in tutte le organizzazioni pubbliche e private una straordinaria convergenza di flussi informativi, i dati storici si arricchiscono di informazioni continue in tempo reale. A questo punto si è capito che il problema dei big data non è né collezionarli, né archiviarli. È azionarli, usando quelli che servono quando servono davvero. Nel contesto attuale, dunque, l’AI rappresenta una risposta concreta alla multidimensionalità fisica e digitale del mondo moderno, aiutando le aziende a gestire un volume crescente di dati e informazioni.
Si è parlato di come farlo al meglio in occasione dell’evento Digital360 Awards e CIOsumm.IT. Nel suggestivo scenario di Lazise, la prima tavola rotonda ha aperto le porte a una discussione cruciale: esplorando come l’intelligenza artificiale possa trasformare il disordine in ordine, sottolineando l’importanza di una governance efficace e della misurazione del valore per il successo delle aziende.
“Il modo giusto di misurare l’impatto dell’AI in un mondo complesso risiede nei dati e nei risultati concreti – ha commentato Gianluigi Alberici, Partner Arsenalia-. Quest’anno, attraverso decine di POC e progetti, abbiamo dimostrato che la governance dell’AI è una governance progettuale, strettamente legata alla misurazione dei risultati. L’importante è definire dei set di misurazione del valore per garantire che ogni iniziativa porti un effettivo contributo al business. Governance da una parte e skill dall’altra: ci sono POC che rallentano, che falliscono, ma tutto questo fa parte di un percorso esperienziale importante che, comunque vada, ci serve per imparare. Soprattutto con l’AI non dobbiamo essere passivi; dobbiamo sperimentare per capire sempre meglio i limiti e le potenzialità dello strumento. È come una psichiatria della GenAI, dove ogni giorno si impara qualcosa di nuovo. La trasformazione del nostro linguaggio in vettori e sensori deve essere guidata dall’esperienza umana”.
L’AI come game changer che trasformare il mindset aziendale
Le aziende che abbracciano l’AI e investono soldi, tempo e risorse per integrarla nei processi aziendali puntano a ottenere un significativo vantaggio competitivo. Con dei se e con dei ma. Perché l’intelligenza generativa non è solo un nuovo strumento tecnologico. È un vero e proprio game changer che può ridefinire interi settori industriali, ed è questo l’altro significato dell’AI in un mondo complesso.
“Con l’AI è essenziale cambiare il mind set anche rispetto ai modelli di investimento, poiché la misurazione economica non è l’unico criterio valido – ha sottolineato Antonella Periti, Chief Information Officer di Edison. L’importante è sperimentare e accettare il fallimento come un momento di esperienza, non come una sconfitta. L’impatto dell’AI sulle aziende dipende dal modello organizzativo; per esempio, da noi il 60% sono demand manager, il che significa che guida il business. Questo cambia radicalmente il ruolo degli informatici, che devono adattarsi e diventare facilitatori e innovatori all’interno dell’azienda. La democratizzazione dei dati è molto spostata verso il business, modificando il posizionamento dei data scientist all’interno dell’organizzazione. Rispetto alla governance, entrano in gioco fattori di internazionalizzazione ed esternalizzazione. Le architetture diventano sempre più complesse e servono competenze, ma anche i partner giusti. È fondamentale imparare a ragionare non solo nel breve termine, ma anche su proiezioni più lunghe, fino a 5 o 7 anni”.
L’AI come risultato di progetti interfunzionali
Il fil rouge dell’evento rispetto al tema dell’AI in un mondo evidenzia l’importanza di applicare il metodo scientifico galileiano, promuovendo un approccio empirico e basato sull’evidenza attraverso una serie di passaggi logici e rigorosi: osservazione, formulazione di ipotesi, sperimentazione, analisi dei dati, ripetizione degli esperimenti da parte di altri ricercatori per confermare i risultati e la loro affidabilità. Il valore del contributo umano in questo processo di osservazione e valutazione è fondamentale. Al di là della velocità elaborativa, è di inaugurare una governance trasversale e interfunzionale, permettendo alle diverse line of business (dall’IT ai legal, dai responsabili della compliance alle HR e via dicendo) di collaborare in modo più organizzato, integrato e sincronizzato. Ciascuno portando il proprio contributo a obiettivi di miglioramento continuo.
“Dobbiamo imparare a lavorare con un altro cervello e allargare i concetti di base per creare consapevolezza tra le persone – ha ribadito Antonella Sangiorgi, Chief Information Officer presso Rekeep -, promuovendo un’alfabetizzazione non solo aziendale ma anche dei cittadini riguardo alle potenzialità e ai limiti dell’AI, stando attenti agli obiettivi. I CIO non devono sviluppare i loro modelli, perché in questo ambito non saremmo mai dei supertecnici né dei matematici. Come aziende, dobbiamo imparare a dialogare con i fornitori e comprendere bene cosa ci offrono”.
L’importanza delle persone nel processo di trasformazione
L’AI non è un prodotto plug&play. È il risultato di una progettazione a cui concorrono diversi stakeholder che lavorano con la tecnologia e con le persone, che devono giocare un ruolo attivo.
“Oggi è vero che viviamo nell’incertezza, ma l’AI aiuta a far crescere la consapevolezza nelle aziende, calibrando aspettative, ambiti e obiettivi, tutti misurabili – ha concluso Sangiorgi -. È fondamentale cercare una sostenibilità economica tenendo conto di altri parametri importanti, svincolati dal ROI. E questi parametri li devono definire le persone, non le macchine. Solo così è possibile non subire i progetti, ma avere un’idea chiara, misurando il successo in modo completo. Perché anche il fallimento può diventare un successo”.
Grazie a sofisticati algoritmi di machine learning e deep learning, l’AI può analizzare grandi quantità di dati in tempo reale, identificare pattern nascosti e fornire insights utili per prendere decisioni informate. Questo non solo migliora l’efficienza operativa, ma crea anche nuove opportunità di business, rendendo le aziende più competitive.
Nonostante l’automazione e l’AI, il ruolo delle persone rimane fondamentale.
Consistenza e resilienza nel business
Un altro aspetto da considerare è la necessità di mantenere la consistenza e la resilienza nel business. L’AI in un mondo complesso può aiutare a raggiungere questi obiettivi attraverso l’automazione dei processi ripetitivi e l’ottimizzazione delle operazioni. Tuttavia, la vera forza di un’azienda risiede nella sua capacità di adattarsi e di essere resiliente di fronte alle sfide. La consistenza nel perseguire i propri obiettivi, combinata con la flessibilità necessaria per adattarsi ai cambiamenti, è ciò che distingue le aziende di successo.
L’AI in un mondo complesso può fornire strumenti e soluzioni, ma è l’ingegno umano che guida l’innovazione e il cambiamento. Le persone sono indispensabili per interpretare i dati, prendere decisioni strategiche e garantire che le tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. E la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze sono essenziali per sfruttarne appieno le potenzialità.