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Automation o AI generativa: chi “ruba” davvero lavoro?

L’intelligenza artificiale sostituirà 2,4 milioni di posti di lavoro entro il 2030, molti meno di altre forme di automazione. Con un nuovo report realizzato sugli negli Stati Uniti, Forrester spiega le reali dinamiche degli impatti tecnologici globali sull’occupazione e sulle occupazioni

Pubblicato il 26 Set 2023

Immagine di Ole.CNX su Shutterstock

Da anni, ormai, l’AI viene accusata di “rubare lavoro” e da anni si fa pazientemente notare che tale tecnologia il più delle volte ha modificato, più che sottratto, delle mansioni occupazionali. Questo stesso botta e risposta sta andando regolarmente in scena anche con l’intelligenza artificiale generativa. La società di analisi Forrester arriva quindi puntualmente con uno dei suoi report ricchi di dati oggettivi, per far luce sulla situazione della forza lavoro ai tempi di ChatGPT & co.

I lavori evolvono inesorabili: 2 anni per prepararsi

A quanto emerge, nei soli Stati Uniti i posti di lavoro che andranno persi entro il 2030 con l’imperversare di questa tecnologia, saranno 2,4 milioni. Molti di più saranno invece quelli che ne resteranno “solo” influenzati, alcuni più di altri, ma sempre in maniera costruttiva: si sfiorano gli 11 milioni.

Tra le professioni più a rischio, molte sono quelle che indossano colletti bianchi, come i redattori tecnici, gli assistenti di ricerca in scienze sociali, i correttori di bozze, i copywriter e i lavoratori amministrativi.

In generale, secondo Forrester, la categoria più colpita sarà quella dei laureati che svolgono lavori impiegatizi appartenenti alla classe media. Chi guadagna più di 90.000 dollari all’anno avrà infatti molto più da temere di chi non raggiunge un reddito di 60.000 dollari, a livello di perdita di posto di lavoro.

Diverso è il panorama delle professioni che dovranno invece obbligatoriamente evolvere, a causa o grazie a questa tecnologia. In questo caso si spazia in molti ambiti differenti ed è più complesso individuare dei trend “di categoria”. Tra le più interessate ci sono quelle in ambito legal (78%) e life, digital e social science (61%) ma dovranno affrontare molti cambiamenti anche gli impiegati amministrativi (57%), chi si occupa di computing e matematica (53%) e di sanità (50%). Al contrario, non avvertiranno né danni né benefici tutti coloro che lavorano in ambiti come il trasporto materiali e costruzione o estrazione (2%), l’installazione e la manutenzione (5%) e la pulizia (7%).

In ogni caso, non si tratta di rivoluzioni: anche i più esposti all’effetto AI, secondo gli analisti, avranno almeno un paio d’anni per prepararsi. Nel report si spiega infatti che la modellizzazione presuppone questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale, al copyright, al plagio, ai tassi di aggiornamento e alle distorsioni dei modelli, all’etica e all’affidabilità delle risposte. Tutte questioni complesse e allo stesso tempo fondamentale, che non possono essere prese “sottogamba” e nemmeno essere affrontate in pochi mesi, se lo si vuole fare con la dovuta e necessaria accuratezza.

L’automazione agisce all’ombra dell’AI: come?

Appurato che anche stavolta non avverrà alcun drammatico crollo di occupazione legato a una nuova tecnologia, Forrester mette “l’imputata” a confronto con la molto meno considerata automazione. Quelli che danno poco peso a quest’ultima, dovranno ricredersi. Sembra infatti che sia proprio questo elemento innovativo a impattare sui posti di lavoro del futuro. Secondo il report, infatti, nel 2023 l’AI generativa causerà solo il 9,3% dei posti di lavoro persi a causa dell’automazione, che saliranno al 30,4% entro il 2030.

Assieme a questi dati, vanno però fatte alcune precisazioni: in molti casi i posti “persi” sono in realtà posti non voluti dagli esseri umani. Basti pensare a come la robotica fisica e l’automazione stanno aiutando concretamente a colmare le lacune di forza lavoro comparse negli anni 2020.

Quello tra intelligenza artificiale e automation resta comunque un confronto da tenere presente quando si parla di tecnologia e risorse umane, come lo sono i consigli che Forrester allega, per spiegare come utilizzare strumenti come ChatGPT per incrementare la produttività e migliorare i risultati.

Il primo suona come un avvertimento, rispetto alle “assurdità” (in gergo “allucinazioni”) che l’AI può candidamente produrre, mettendo a rischio la credibilità di un’intera azienda o istituzione, come anche di un professionista. Da risolvere, però, c’è anche il divario nelle competenze delle persone, tra talenti nuovi, difficili da trovare e conquistare, e talenti “legacy” da non lasciar disperdere, magari insegnando loro nuove competenze come il prompt engineering.

L’approccio all’AI generativa può dipendere dal settore, dalle dimensioni, dal budget e dalla tipologia di azienda, ma si dovrà sempre partire da una strategia di applicazione dell’AI generativa alla forza lavoro che stabilisca investimenti, ambiti, limiti e imprescindibili momenti di confronto e controllo.

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